Jean-Marie e Marine, ritorna «l’ incubo nero» dei Le Pen

Gira una battuta. Che differenza c’ è fra dramma e tragedia? Il dramma è il 21 aprile 2002. La tragedia il 22 aprile 2007. Naturalmente si parla di Jean-Marie Le Pen, da mezzo secolo l’ unica costante della politica transalpina. A dispetto degli anni, che sono ormai 78, delle facce nuove degli sfidanti (Ségolène e Sarkozy), del ritiro di Chirac e di un Paese che avrebbe dovuto trovare anticorpi ai virus della xenofobia e del patriottismo becero, il leader del Fronte Nazionale è sempre in corsa e pronto a specchiarsi soddisfatto nel malessere della società francese. La differenza fra dramma e tragedia? Appunto la riedizione di un film già visto. Se possibile peggiore. Perché Le Pen, giunto al quinto tentativo di scalata all’ Eliseo, già si prepara alla finale, essendo convinto di passare senza difficoltà il primo turno delle presidenziali. Cinque anni fa, quando eliminò il premier socialista Jospin, fu una sorpresa inattesa, dovette far stampare in fretta i manifesti per il secondo turno, si trovò contro tutta la Francia che votò in massa per Chirac. Questa volta sarà diverso. La logica è sempre la stessa: la paura dei francesi, l’ ossessione della sicurezza, il brontolio che fa dire no all’ Europa e che resuscita il bisogno d’ identità nazionale contro immigrazione e globalizzazione. Ma sono cambiate molte altre cose. Innanzi tutto i suoi elettori. Sono sempre più numerosi i giovani, gli operai, i disoccupati, gli ex simpatizzanti della sinistra comunista e socialista. Al voto protestatario e qualunquista e allo zoccolo duro reazionario e fascistoide, si somma l’ adesione convinta a un progetto socio-economico nazionalista che pretende di moltiplicare alloggi e posti di lavoro soltanto per i francesi. «Non credo alle frontiere europee, non credo all’ Europa», va ripetendo Le Pen. Inoltre – ecco un’ altra novità – gli elettori del leader nero non si vergognano più di dichiarare le intenzioni di voto. Questo dovrebbe ingannare di meno i sondaggi, che stimano il Fronte al 16 per cento, con alto potenziale di crescita. Di certo, il primo turno delle presidenziali non sarà un duello con un terzo incomodo (il centrista François Bayrou) ma una semifinale a quattro, con Le Pen non lontano dagli altri pretendenti. In secondo luogo è un po’ cambiato lui, o almeno l’ immagine con cui si propone ai francesi. Più rassicurante, deciso ad uscire dal cliché «fascista, razzista» che si è guadagnato con le sue battute sulla «lievità» dell’ occupazione nazista. Più elegante, con cravatte e foulard combinati, e meno arrogante, grazie ai consigli della figlia Marine: avvocato trentottenne che fa campagna nei supermercati e nelle periferie e che ha alleggerito l’ eredità ideologica del Fronte. È Marine ad aver voluto una ragazza maghrebina sui manifesti elettorali, ad aver chiamato l’ ex intellettuale comunista Alain Soral a collaborare al progetto sociale, a introdurre nel discorso nazionalista i valori della Repubblica, compresa l’ integrazione culturale dei nuovi residenti. Sarà lei, la figlia maggiore, a raccogliere l’ eredità del padre. Ma non adesso. Dice: «Non avendo idee, socialisti e gollisti si affidano a volti nuovi. Per noi è il contrario: abbiamo molte buone idee e ci affidiamo al migliore. La prova è che tutti dicono oggi le cose che diciamo da anni su immigrazione, sicurezza e identità nazionale». La figlia del capo si vede già al secondo turno, «probabilmente contro Sarkozy» in una sfida tutta a destra: «Ségolène sta sbagliando molto e subisce la strategia di Bayrou. Si faranno male a vicenda. Comunque non vedo grandi differenze fra i nostri avversari: sono europeisti, liberali in economia e non intendono cambiare la politica d’ immigrazione seguita finora». Mentre Le Pen cerca di allargare il suo potenziale di consenso, Sarkozy, la Royal e in parte Bayrou stanno facendo a gara nel tentare il recupero dell’ estrema destra. Mai come in questi giorni si sente parlare di identità nazionale e di sicurezza, anziché di economia e riforme di cui il Paese avrebbe bisogno. Sarkozy resta convinto che l’ elettore medio di Le Pen sia soltanto un cittadino perbene cui è stata rubata l’ automobile e che paga troppe tasse per assistere scansafatiche. La Royal ha inseguito l’ ex ministro dell’ interno sul metodo più efficace per il recupero dei giovani delinquenti e sul valore patriottico della Marsigliese. Bayrou, nel clima di generale disaffezione per le élites e seduzione delle pulsioni popolari, non ha trovato di meglio che proporre una metaforica ghigliottina: l’ abolizione dell’ Ena, ovvero della «fabbrica delle «élites», le alte scuole della pubblica amministrazione da cui è sempre uscita la classe dirigente del Paese. Cinque anni dopo il 21 aprile, il baricentro della politica francese si è spostato a destra. Vincerà chi saprà meglio catturare l’ elettore del Fronte. L’ estrema sinistra langue ai minimi storici. Il partito comunista è in estinzione. La gauche non andrebbe oltre il 40 per cento totale, ammesso che Ségolène recuperi al centro e allontani la minaccia Bayrou. Con la memoria al 21 aprile, si moltiplicano appelli al «voto utile». Sarkozy è convinto che tutto giochi a suo favore. Si gode la testa dei sondaggi e strizza l’ occhio ai «cittadini perbene che si alzano presto la mattina». Resta da vedere se milioni francesi preferiranno le copie o l’ originale.