«Credo che resterò un caso isolato. Sono il solo per ora che abbia mantenuto le proprie convinzioni e che non abbia cambiato idea dopo quello che sta avvenendo in questi giorni. Nessuno riesce più ad essere obiettivo. Amici e conoscenti stavolta mi stanno attaccando: nel 2002 dicevano di essere fieri di me. Ora ripetono che non è il momento di tirarsi indietro, che Hezbollah ha attaccato e che per questo deve essere colpita e distrutta. La stampa è compatta, salvo che per Canale 10 in televisione e per Ha Aretz fra i giornali. Sono un produttore, ho fatto il giornalista, conosco i media ed ho rifiutato qualsiasi intervista televisiva o di far circolare la mia foto perchè sapevo che mi avrebbero letteralmente crocifisso. Tutta la stampa è unita nell’appoggiare le operazioni militari e nel sostenere che va tutto bene, che stiamo vincendo, che tutti gli obiettivi verranno raggiunti, ma quali siano questi obiettivi non si sa. Tutto si riduce al fatto che loro ci bombardano e che noi li bombardiamo dieci volte di più. E le proporzioni fanno paura: per ogni razzo che atterra in Israele, un civile libanese viene ucciso.»
Quello di Itzik Shabbat, produttore televisivo di 28 anni, residente a Sderot, è il primo caso di rifiuto di servire l’esercito nelle operazioni di guerra israeliane in Libano. L’Ordine Otto (la convocazione per i riservisti in caso di guerra, ndr) firmato da Amir Peretz è arrivato a sorpresa martedì; Itzik, eccellente caporale, aveva già rifiutato nel 2002 di servire nei Territori Occupati perchè contrario ai suoi principi: ne erano seguiti 28 giorni di carcere, e poi due anni di silenzio. Nel 2004, ecco rispuntare l’ ordine. Ma stavolta il comandante era cambiato e, quando Itzik si era presentato al colloquio per ribadire di non voler partecipare alle azioni militari nei Territori Palestinesi Occupati, aveva scoperto che la politica nell’esercito era cambiata, si era ammorbidita: i cosiddetti refuseniks venivano silenziosamente destinati ad una unità speciale che li rimandava direttamente a casa,togliendo attenzione al fenomeno. Per non essere poi più chiamati. Almeno in teoria.
« Credo che quella di martedì sia una svista, e che mi abbiano convocato soltanto perchè gli ordini sono stati compilati in fretta e furia. Dovevo presentarmi e servire nei Territori Occupati per permettere alle unità già dislocate di staccarsi e spostarsi in Libano. Ieri mattina non mi sono presentato al comando ed ho contattato Ha Aretz. Ma non credo che mi arresteranno. Credo piuttosto che faranno di tutto per far cadere l’intera vicenda, e che resterò un caso isolato.»
Non credi che, fra gli altri riservisti, ci saranno altri casi di obiezione di coscienza stavolta?
No. A meno che non succeda qualcosa di grosso, che scuota le coscienze. Ma duecento morti in diversi giorni non sono sufficienti per Israele.
Cosa non ti convince delle operazioni israeliane in Libano?
Credo che stavolta Olmert abbia veramente passato il limite, e che la reazione sia decisamente sproporzionata. Tutti dicono che non è stato Israele ad iniziare. In parte è vero. Ma non riavremo mai indietro i nostri soldati attaccando il Libano, ma soltanto negoziando con Hezbollah. I bombardamenti dell’esercito israeliano portano la chiara firma di Dan Halutz, che ritengo direttamente responsabile per l’errore avvenuto con il rapimento dei due soldati israeliani la settimana scorsa. Ha reagito soltanto due ore dopo, entrando in Libano. esattamente come quando, durante la seconda Intifada, dichiarò di non avere problemi morali a sganciare una bomba di una tonnellata nel centro di Gaza col rischio di uccidere un alto numero di civili. Stiamo seguendo il vecchio disegno di Ariel Sharon, che nell’ 82 invase il Libano con l’obiettivo di interferire negli affari interni libanesi. Stavolta vogliono che l’esercito libanese rimpiazzi Hezbollah al sud, che Hezbollah accetti il disarmo. Ma la maggior parte dei soldati libanesi sono sciiti, non potranno che solidarizzare con Hezbollah. E poi c’è sempre il solito discorso che dobbiamo reagire duramente.
Non pensi di andare contro al tuo paese rifiutando di servire nell’esercito?
Il patriottismo è un’arma molto sofisticata qui in Israele. Ma in questo, non c’è niente di sano in una società patriottica. La gente crede che essere patriottici ci renda cittadini migliori, ed in questo cadiamo nello stesso tranello degli americani che credono si debba sempre servire il paese. Ma è il paese che deve servirci, che deve mantenere una società sana. Non si può adorarlo, idealizzarlo. Non si può pensare di morire per il paese. Dovreste vedere com’è la stampa qui in Israele. Non c’è mai modo di avere un’opinione diversa, non c’è accesso a quella che è la versione del nemico. E si rischia di venir accusati di tradimento per una semplice intervista alla stampa estera, come questa.