Italiani sotto tiro nella zona di Farah

La guerra afghana bussa alle porte delle basi italiane. E nell’attacco ai corpi speciali della scorsa settimana non c’era nulla di fortuito o casuale, checché ne dica il ministro Parisi. La prova è negli scarni dispacci diffusi ieri dalla Bbc che raccontano di una offensiva talebana proprio contro il quartiere generale distrettuale della provincia di Farah. La zona sotto controllo italiano in cui si trovavano i militari colpiti. Una offensiva che dimostra come le truppe taliban si siano ormai spostate dalla zona sud ai confini col Pakistan a quella a ovest sotto Herat, adiacente all’Iran. E che la guerra, quella vera, ormai non tocca più solo una zona limitata del paese.
La battaglia di Farah è durata lo spazio di un giorno. In mattinata i ribelli hanno attaccato il quartier generale assediato da giorni e sono riusciti a prenderne il controllo per poi vedersi respinti già nel tardo pomeriggio. Lo ha raccontato un portavoce del movimento, Quari Mohammad Yousuf, all’agenzia Afghan islamic press: «Nella battaglia sono stati distrutti due veicoli governativi e un soldato è rimasto ucciso, mentre l’edificio che ospitava il quartier generale è stato dato alle fiamme». Solo nel tardo pomeriggio le truppe afghane sono riuscite a riprendere il controllo della sede del quartier generale.
Storia confermata nei dettagli dal capo della polizia locale Sayed Aqa Saquib con una aggiunta: «I rinforzi non sono stati in grado di raggiungere il comando». I «rinforzi» di cui parla avrebbero dovuto essere italiani. E quel che Saquib non dice o forse non sa è che dopo quel che è accaduto alle forze speciali italiane, la Difesa ha ordinato ai nostri di rimanersene rintanati ad Herat. Una precauzione che potrebbe non bastare. Anche perché ormai nella zona di Farah i miliziani sono centinaia e gli attacchi contro la polizia e l’esercito crescono di ora in ora. L’ultimo, prima di quello di ieri, è di mercoledì scorso. Quattro soldati e quattro talebani morti durante uno scontro a fuoco di cui la Bbc non chiarisce i dettagli.
Era il 9 settembre quando quattro soldati italiani a bordo di un mezzo in servizio di pattuglia sono rimasti feriti per l’esplosione di un ordigno piazzato al lato della strada su cui transitavano. Erano in attività di pattuglia nei pressi di Farah, nella zona di responsabilità del Comando Rc-West a guida italiana, si spiegò allora. Parisi parlò di attentato «non contro gli italiani» e evitò di chiarire perché in quella zona fossero stati mandati uomini dei corpi speciali della marina. Dall’esercito qualcuno aveva già spiegato che gli «incursori» mandati a Farah avevano un compito specifico: monitorare la presenza talebana nella zona e tentare di fermare l’allargamento della zona sotto il loro controllo. Ora il quadro si fa più chiaro. «La realtà è che la zona sotto controllo dei taliban si allarga ogni giorno di più» dice Francesco Martone, senatore di Rifondazione comunista: «Abbiamo bisogno di attivare immediatamente l’osservatorio permanente sull’area per capire cosa sta accadendo». L’organizzazione inglese Senlis council è ancora più esplicita. Nel rapporto pubblicato sul loro sito, www.sensilcouncil.com, si parla di Farah come del nuovo centro della zona di influenza talibana sull’Afghanistan. E si spiega nel dettaglio come i taliban siano già in grado di muoversi liberamente in tutto il paese. Nonostante i fragili distinguo del governo italiano.