Dopo che il senato ne ha approvato la ratifica il 2 febbraio, l’Accordo Italia-Israele sulla cooperazione nei settori militare e della difesa è arrivato alla camera. Qui, il 16 marzo, ha ricevuto luce verde dalla commissione esteri ed è quindi pronto ad andare in aula. Tuttavia, mentre al senato è passato a schiacciante maggioranza grazie a uno schieramento bipartisan, nella commissione esteri della camera hanno espresso parere contrario non solo Rifondazione comunista e Verdi (che al senato avevano votato contro), ma anche Democratici di sinistra-L’Ulivo e Margherita-DL-L’Ulivo (che al senato avevano votato a favore insieme al centro-destra). Il parere contrario è stato motivato con il fatto che l’accordo viola la legge 185 sull’esportazione di armamenti, poiché estende a Israele il trattamento privilegiato previsto solo per i paesi Nato e Ue, e stabilisce una cooperazione militare con un paese che non ha firmato il Trattato di non-proliferazione delle armi nucleari.
Le implicazioni in realtà sono ancora più gravi. E’ «un accordo generale quadro» comprendente interscambio di materiale di armamento, organizzazione delle forze armate, formazione e addestramento del personale militare, ricerca e sviluppo militare. Attività che, in base all’«accordo sulla sicurezza» stipulato nel 1987, si svolgeranno sotto la cappa del segreto militare.
Secondo fonti militari israeliane citate da Voice of America (22 novembre 2004), Italia e Israele hanno già concordato e finanziato «lo sviluppo congiunto di un nuovo sistema di guerra elettronica altamente segreto». Poiché questo è un campo in cui Israele ha finora cooperato solo con gli Stati uniti, significa che l’accordo italo-israeliano è stato preventivamente approvato dalla Casa bianca. Non è quindi solo un accordo tecnico: i ministri degli esteri e della difesa lo hanno definito «un preciso impegno politico assunto dal governo italiano in materia di cooperazione con lo stato d’Israele nel campo della difesa». Un accordo quinquennale, prorogabile automaticamente, che vincolerà non solo l’attuale ma anche i futuri governi a una precisa scelta di politica estera: quella di essere a fianco del governo israeliano qualunque cosa faccia.
Una scelta particolarmente grave, dal momento che il governo israeliano è deciso a usare ogni mezzo per mantenere in Medio Oriente il monopolio delle armi nucleari. In un servizio pubblicato domenica, The Sunday Times (il giornale britannico che nel 1986 riportò la testimonianza di Mordechai Vanunu sull’arsenale nucleare israeliano) rivela che le forze israeliane si stanno addestrando per un attacco agli impianti nucleari iraniani. A tale scopo è stata costruita nel deserto del Negev una copia in dimensioni reali dell’impianto nucleare iraniano di Natanz. L’attacco verrebbe effettuato da commandos dell’unità di élite Shaldag e dalla 69a Squadra aerea con caccia F-15 armati di bombe penetranti. Verrebbe distrutto anche l’impianto nucleare di Bushehr, costruito con l’aiuto della Russia che, con un accordo firmato il 27 febbraio, si impegna a fornire il combustibile nucleare e a ritrattare le scorie garantendo così che l’Iran non se ne serva per produrre plutonio.
Il piano, che prevede anche l’attivazione delle forze nucleari israeliane pronte a colpire in caso di rappresaglia iraniana, è stato concordato con gli Stati uniti. I caccia israeliani passerebbero dallo spazio aereo iracheno controllato dal Pentagono e sarebbero guidati dai sistemi satellitari statunitensi. L’esistenza del piano non è più segreta: funzionari Usa hanno dichiarato che «un attacco militare contro gli impianti nucleari iraniani da parte di forze israeliane o americane non è da escludere se la questione dovesse bloccarsi alle Nazioni unite». Secondo gli esperti, «ritardare l’attacco militare comporta il rischio che, una volta avviati i reattori di Bushehr, la loro distruzione potrebbe causare una catastrofe ambientale simile a quella di Cernobyl».
In tale situazione, proprio mentre l’Ue è impegnata in una delicata trattativa con l’Iran sulla questione del nucleare, l’approvazione da parte della camera dell’accordo militare con Israele darebbe al governo Sharon il segnale politico che l’Italia è pronta a sostenerlo nell’attacco all’Iran.