I processi di globalizzazione dell’economia occidentale sembrano inarrestabili ma in questa corsa senza ostacoli l’Italia è in ultima fila. E’ il paese meno globalizzato ma è anche il meno «invaso»: nel settore industriale sono soltanto 15 le multinazionali presenti sul mercato, (con almeno 2 miliardi di euro di fatturato) e rappresentano appena il 12,1% del pil. In Europa, soltanto la Spagna registra una presenza minore con un 7,5% del prodotto interno lordo.
Non basta. Oltre a non partecipare come protagonista di primo piano alla gigantesca torta, il nostro paese è il fanalino di coda nelle spese per ricerca e sviluppo.
E’ questo lo scenario a tinte grige che esce dall’analisi annuale fatta da R&S, il centro studi di Mediobanca. Una consolazione: tra le multinazionali che investono di più in rapporto al fatturato compaiono nelle prime posizioni due nomi italiani: Stm che occupa il quarto posto al mondo destinando alla ricerca il 17,5% del fatturato e Finmeccanica che occupa il sesto posto con il 16,5%. I primi tre posti vedono tutti gruppi farmaceutici, Eli Lilly con il 22,2%, Astrazeneca e Merck. La media dei primi dieci gruppi al mondo è pari al 16,9% per quanto riguarda l’incidenza della spesa in ricerca sul fatturato, analoga a 10 anni fa. Finmeccanica difende i colori italiani anche nell’analisi sull’industria hi tech. Assenti in Italia multinazionali attive nei settori dell’elettronica e farmaceutico. In Italia il fatturato nell’alta tecnologia è pari solo al 5,5% (soltanto Finmeccanica), contro il 32,3% del Benelux e il 30,3% della Svizzera ma molto inferiore anche al 15,6% della Francia e all’11,2% della Gran Bretagna. L’anomalia italiana è rappresentata dal fatto che il 55,8% del fatturato complessivo delle multinazionali è realizzato nei settori a medio bassa tecnologia, e solo la Gran Bretagna presenta una incidenza superiore con il 79,1%. La Germania evidenzia un modesto 6,1% di fatturato nell’alta tecnologia ma nei settori a medio alta tecnologia il fatturato è pari all’90,5% del totale rispetto al 30,6% dell’Italia.
La distanza tra l’Italia e gli altri paesi più industrializzati è ancor più evidente guardando all’Europa dove la Svizzera evidenzia un 53% del pil generato dalle multinazionali, 34,4% in Gran Bretagna, 32% paesi scandinavi, 27,6% Germania e 27,5% Francia.
Alcuni dati evidenziano il maggior successo europeo rispetto agli USA. Innazitutto l’efficienza nella manifattura è migliorata molto più nelle imprese europee che in quelle americane. Nel 2005 la tendenza si è confermata con le imprese europee più dinamiche in termini di fatturato, utili e capitale investito rispetto agli Stati Uniti. In dettaglio nell’industria le imprese europee registrano un aumento dei profitti del 25% mentre quelle nordamericane segnano un +9%. Per quanto riguarda l’Italia l’andamento dei profitti è migliorato nell’ultimo decennio con un Roe al 16,4% rispetto al 18,6% della media europea ma in Italia è aumentata la pressione fiscale dal 34,9% del 1995 al 39,6% del 2004 mentre in Europa è scesa di 4 punti al 32,7%. Nel primo semestre 2005 l’utile netto delle multinazionali italiane dell’industria sale del 68% e la patrimonializzazione passa dal 94 al 107.