L’anno scorso l’occupazione in Italia è calata dopo 14 anni di segno positivo, riportando un’inversione di tendenza che non si verificava dal 1995. Complessivamente, gli occupati si riducono di 380mila unità (-1,6%), con cali sostenuti nel corso dell’intero 2009 e in peggioramento negli ultimi sei mesi. Lo rileva oggi (26 maggio) l’Istat nel Rapporto annuale sulla situazione del paese nel 2009. La riduzione maggiore riguarda gli uomini con -2%, in quanto sono concentrati nell’industria, rispetto alle donne -1,1%. Ma le donne che lavorano nell’industria, in senso stretto, calano più del doppio degli uomini -7,5% contro -3%.
Grazie al diffuso ricorso alla cassa integrazione, continua l’Istituto, la contrazione degli occupati nella trasformazione industriale (-4,1%, 206 mila unità) è relativamente meno accentuata rispetto alla Ue. Merita una sottolineatura però il calo dell’occupazione nel Mezzogiorno, già in calo dal terzo trimestre del 2008, chiude il 2009 con un bilancio fortemente negativo (-3%, pari a 194 mila unità). Accentuata anche la flessione al Nord con -1,3%, pari a 161mila unità che si è intensificata a partire dall’estate assorbendo il 42% della riduzione complessiva. Mentre al Centro il calo risulta più contenuto -0,5%, in valore assoluto di 25 mila unità. Il calo dell’occupazione interessa tutti i tipi di lavoro, da quello temporaneo -8,6%, a quello autonomo a tempo pieno -2,2%, a quello dipendente a tempo indeterminato -0,2%.
La crisi pesa di più sui lavoratori stranieri che italiani. Per gli italiani – rileva il rapporto – infatti il tasso di occupazione (56,9 per cento) è diminuito nel 2009 di oltre un punto percentuale, mentre per gli stranieri la flessione è stata più che doppia (dal 67,1 per cento del 2008 al 64,5 per cento dell’anno scorso). Anche il tasso di disoccupazione, è maggiore per gli stranieri. Resta pieno di carenze, poi, il capitolo della formazione che non riesce a incidere nell’inclusione sociale. Sul conseguimento dei titoli superiori continua a pesare una ‘‘forte disuguaglianza’’ legata alla classe sociale della famiglia di provenienza degli studenti e ciò blocca la mobilità sociale.
Solite note preoccupanti anche per la condizione lavorativa delle donne italiane. Con la crisi le lavoratrici del nostro paese peggiorano una ‘‘criticità storica’’: il loro tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni è sceso nel 2009 al 46,4 per cento, oltre 12 punti percentuale in meno della media nell’Ue (58,6 per cento). Fra il 1996 e il 2008, l’occupazione femminile era passata dal 38,2 per cento al 47,2 per cento. Lo scorso anno, questa tendenza si è interrotta registrando un meno 0,6 per cento. Nell’Ue, l’Italia è migliore solo a Malta (37,7 per cento).
Dopo un biennio “straordinariamente difficile” per l’economia italiana, il 2010 mostra segnali di ripresa ma “presenta ancora forti rischi di instabilità”. Lo afferma il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, presentando il Rapporto. “Le turbolenze sui mercati finanziari e valutari delle ultime settimane stanno spingendo molti governi europei ad adottare misure drastiche di contenimento dei deficit pubblici, e mostrano i rischi che l’Europa e tutto il mondo devono ancora fronteggiare per consolidare la ripresa economica”.