Israele vara la madre di tutte le colonie

La più grande colonia ebraica all’interno dei Territori palestinesi occupati dalla Guerra dei sei giorni del 1967, a Gerusalemme est. Undicimila unità abitative per ultraortodossi che verrebbero costruite a ridosso dell’aeroporto di Atarot e collegate, attraverso una galleria, ad un altro insediamento vicino a Ramallah.
Il piano del governo di Tel Aviv è stato portato alla luce ieri dal giornalista Meron Rapoport del quotidiano Ha’aretz e ha trovato conferme da parte di un membro della Knesset. Otniel Schneller, di Kadima, il partito del premier Olmert, ha fatto sapere che il progetto è stato elaborato dal ministero dell’edilizia. Quest’ultimo ha negato perfino di essere a conoscenza del piano. Schneller ha aggiunto che la municipalità di Gerusalemme si è mostrata «contenta dell’idea». Il nuovo insediamento sorgerebbe infatti a ridosso di una sezione del muro già completata e, data la presenza al suo interno degli insediamenti di Givat Zeev, Ramot Alon e Pisgat Zeev, favorirebbe, di fatto, il controllo da parte d’Israele di un’ampia porzione della parte orientale della Città santa. Schneller, ex capo di Yesha Council – la potentissima associazione dei coloni – e attualmente «inviato» presso questi ultimi per conto del primo ministro, ha dichiarato ad Ha’aretz di non aver ancora discusso del progetto con Olmert ma che «la posizione del governo è che ha interesse a costruire l’abitato». Il progetto prevede anche un collegamento della nuova colonia, attraverso una galleria, con un altro insediamento, quello di Kokhav Yaakov, vicino alla palestinese Ramallah. Nel punto dove sorgerebbe il mega insediamento i palestinesi potrebbero passare dalla Città santa a Ramallah e viceversa attraverso il posto di blocco di Qalandiya, mentre gli israeliani transiterebbero da una colonia all’altra attraverso una comoda galleria. «Se qualcuno decidesse che Kokhav Yaakov (anch’essa una colonia ultraortodossa, ndr) sarà parte della cintura di Gerusalemme sarebbe logico creare un collegamento del genere, ma questo non è ancora stato deciso», ha concluso il deputato di Kadima, lasciando immaginare i confini della Città santa interamente controllata da Israele e che si espande fino alle porte di Ramallah.
Dror Etkes, che per l’associazione israeliana Peace Now si occupa del monitoraggio delle colonie, ha appreso la notizia dalla stampa. «La cosa certa è che una mossa del genere sarebbe una conferma del fatto che Israele non vuole far partire alcun percorso politico con i palestinesi», commenta Etkes al telefono da Gerusalemme. Il responsabile per gli insediamenti dell’organizzazione pacifista spiega che quelle ultraortodosse sono le colonie che stanno crescendo più in fretta, specialmente attorno a Gerusalemme. «Il piano sembra concepito per combinare le esigenze degli ultraortodossi (in costante crescita demografica e alla ricerca di ambienti omogenei all’interno dei quali insediarsi, ndr) con il progetto del governo di colonizzazione della Cisgiodania».
Peace Now ha fotografato questa situazione nel suo ultimo rapporto, pubblicato una settimana fa. Nel 2006 il numero degli insediamenti è rimasto stabile a 121 unità (se si escludono quelle di Gerusalemme). A crescere però è stato il numero dei coloni, arrivato a 268.000. Un aumento del 5%, che contraddice la road map. «La maggior crescita numerica – dice il rapporto di Peace Now – è dovuta allo spostamento di famiglie ultraortodosse nei Territori occupati e ai loro alti tassi di natalità, che hanno trasformato posti come Mdi’in Illit e Beitar Illit nei maggiori insediamenti della West Bank».
E ieri è proseguita, per il quarto giorno consecutivo, l’offensiva dell’esercito contro la città di Nablus, nel nord dei Territori occupati. L’operazione, nome in codice «Inverno caldo», mira secondo i comandi militari a distruggere depositi di armi dei «terroristi», nascosti nella città vecchia di quello che era una volta il principale centro economico palestinese, ma che da anni è stato trasformato in una prigione, con incursioni militari continue e con l’abitato isolato dal resto della Cisgiordania grazie alle chiusure del posto di blocco di Awwara. Nel corso degli scontri ieri sono rimasti feriti un militare israeliano e un 18enne palestinese, quest’ultimo in maniera grave.
Tre combattenti della jihad islamica sono stati uccisi nella vicina Jenin, nel corso di un’incursione delle forze speciali di Tel Aviv. Il premier palestinese incaricato di formare il nuovo governo d’unità nazionale, Ismail Haniyeh, ha dichiarato che queste operazioni militari rappresentano l’espressione del rifiuto israeliano del governo di Unità, accordo raggiunto il mese «L’escalation mira a sabotare i passi palestinesi e arabi per rompere l’assedio imposto al nostro popolo», ha tuonato da Gaza Haniyeh, riferendosi alle sanzioni internazionali che stanno colpendo i palestinesi.