In attesa dell’ordine di sgombero di alcuni avamposti colonici ebraici a sud di Hebron, i soldati israeliani si allenano demolendo presunte «strutture palestinesi illegali». L’Amministrazione civile per la Cisgiordania, che fa capo all’esercito di occupazione israeliano, ha ordinato ieri la distruzione di 13 locali, servizi igienici e cisterne per l’acqua potabile donati da due Ong cristiane, Oxfam e Hwasp, a famiglie palestinesi poverissime che vivono in tende o in grotte nelle località di Mrar al-Abid, Safira, Khalet A-Taba e Makura. Un convoglio formato da una piccola ruspa, una jeep della polizia, un automezzo blindato per il trasporto delle truppe e due automobili con targa civile, hanno percorso in lungo e largo le colline alla ricerca delle «strutture abusive». Si sono quindi accaniti contro questi insediamenti di fortuna, che davano riparo ai più miseri dei miseri.
Tutto ciò mentre la Cisgiordania è colma di insediamenti israeliani, avamposti colonici, fabbriche, discariche di rifiuti, depositi di ogni genere, senza dimenticare il muro di «separazione», che sono stati edificati da Israele in aperta violazione della legalità internazionale, sfidando anche i giudici della Corte di Giustizia dell’Aja. Il convoglio ad un certo punto è passato accanto all’avamposto colonico di Havat Maon, il simbolo dell’illegalità, di cui anche gli Stati uniti hanno chiesto lo sgombero, ma ha proseguito a caccia dell’«abusivismo» messo in atto dai palestinesi che, particolare non insignificante, vivono nella loro terra occupata da 39 anni da una forza straniera.
Alla demolizione compiuta a Khalet a-Taba ha assistito l’italiana Laura Ciaghi, una volontaria dell’associazione cristiana «Operazione colomba» che da anni, nella zona a sud di Hebron, garantisce protezione alla popolazione civile palestinese, assiene ad altre organizzazioni umanitarie internazionali. «Il convoglio è arrivato intorno alle 9.30 – ci ha raccontato – la ruspa si è subito messa al lavoro per ridurre in macerie una scarna struttura edilizia, non completa, usata come abitazione dalla famiglia di Ali Jaber Dababeh. In pochi attimi 12 persone sono rimaste senza un tetto». Ezra Nawi, un portavoce del movimento pacifista arabo-ebraico Taayush, ha spiegato le demolizioni eseguite ieri, con la «necessità» delle autorità israeliane di usare il pugno di ferro con i palestinesi, in anticipo su un possibile sgombero di alcuni avamposti colonici da parte del governo di Ehud Olmert.
I palestinesi delle località a sud di Hebron, tra i più poveri della Cisgiordania, sono da anni vittime delle azioni dell’esercito e dei raid dei coloni che vivono a Maon e altri insediamenti ebraici presenti in quella zona. Tra i più colpiti ci sono gli scolari di Umm Tuba e Tuwane che, a causa delle aggressioni dei coloni con pietre e bastoni, possono recarsi a scuola solo con la scorta di volontari stranieri o degli stessi soldati israeliani. Di recente una trentina di intellettuali israeliani hanno sottoscritto un appello affinché il governo prenda provvedimenti contro le violenze dei coloni. «Il fatto che degli allievi delle elementari siano sottoposti ad attacchi è inaccettabile» hanno scritto i firmatari, fra cui gli scrittori Amos Oz, David Grossman, Saed Kashua, le attrici Gila Almagor e Hanna Meron, gli universitari Avishai Margalit e Yermiyahu Yovel. Due settimane fa quattro bambini e persino due soldati israeliani che li accompagnavano sono stati feriti dai coloni. Nonostante la violenza dell’attacco nessuno è stato arrestato. Gli attacchi contro gli scolari palestinesi sono stati severamente condannati anche dal Consiglio mondiale delle chiese (Wcc, Protestanti, Ortodossi e Anglicani) di Ginevra.
Ieri inoltre un jet militare israeliano ha fallito un attacco a Gaza contro un’automobile con a bordo alcuni palestinesi dei Comitati di resistenza popolare. I missili sono esplosi senza fare danni in un campo disabitato a Tal al-Hawa.
Qualche ora prima, quattro razzi Qassam, sparati da Gaza, erano caduti in territorio israeliano danneggiando fra l’altro a Sderot una abitazione molto vicina alla casa del ministro della difesa Amir Peretz. La artiglieria israeliana e’ subito entrata in azione sparando a ripetizione verso postazioni a nord della Striscia. Una motovedetta dello Stato ebraico ha anche affondato alcune zattere di pescatori palestinesi che erano andate alla deriva.