Israele, lunedì i risultati dell’inchiesta che fa tremare Olmert, Peretz e lo Tzahal

Non sarà uno shabbat rilassante quello che attende il premier Ehud Olmert, come non lo sarà quello del ministro della Difesa Amir Peretz, né dei vertici di Tzahal responsabili delle decisioni prese prima e durante la guerra in Libano dell’estate scorsa. Lunedì prossimo si alzerà il sipario sul rapporto della Commissione Winograd, incaricata di indagare sulla gestione politico-militare del conflitto con Hezbollah. La versione finale dell’inchiesta che include le minute degli interventi di Olmert e Peretz, sarà resa pubblica entro due o tre settimane. La parte più importante della versione disponibile riguarda l’analisi della decisione di entrare in guerra e la condotta del governo e dell’Idf nei primi 5 giorni di un conflitto conclusosi con un bilancio inaccettabile di perdite di vite umane, che ha già mietuto vittime illustri nell’establishment israeliano. La testa dell’ex capo di Stato della Difesa Dan Halutz era caduta a gennaio scorso, in seguito alla rivelazione dello scandalo sulle telefonate fatte al suo agente di borsa per ordinargli la cessione di titoli a poche ore dal primo attacco aereo sul Libano. Le famiglie dei soldati mandati al fronte da Halutz hanno perso molto di più del crollo delle azioni. In un mese di guerra sono morti almeno 119 soldati israeliani, in maggioranza riservisti, senza contare quelli rimasti invalidi. Dei militari uccisi, 33 morirono a 48 ore dal cessate il fuoco, quando il governo israeliano autorizzò una nuova operazione di terra. Su questo punto e sulla decisione di entrare in guerra il 12 luglio, alcune ore dopo l’uccisione da parte di Hezbollah di 8 soldati israeliani ed il rapimento dei riservisti Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, Olmert ha risposto alle domande della Commissione lo scorso 1 febbraio. «Se fosse stato per me, non sarei entrato in questa guerra», avrebbe affermato davanti alla Commissione Winograd il vice-premier israeliano Shimon Peres, tre volte capo di Governo e premio Nobel per la pace, che avrebbe anche dichiarato di ritenere che l’esercito «non fosse preparato» al conflitto. Un’opinione su cui concorda oggi la stragrande maggioranza degli israeliani, che tuttavia all’inizio dell’operazione in Libano erano schierati compatti col governo, eccetto alcuni esponenti della sinistra radicale. Domenica scorsa Olmert ha ammesso «errori durante la seconda guerra col Libano», sottolineando contemporaneamente che Israele ha «neutralizzato completamente le azioni di Hezbollah nel nord». Una dichiarazione che andrebbe confrontata con l’opinione degli abitanti del nord della Galilea, trasformatasi in una zona fantasma durante il periodo dei Katiusha , i cui lanci non si sono arrestati se non al cessate il fuoco. Olmert ha tenuto a sottolineare come il ministro degli Esteri Livni fosse coinvolta a 360 gradi nelle decisioni prese durante l’estate. La responsabile della politica estera israeliana è la principale candidata alla successione di Olmert al vertice di Kadima se quest’ultimo non dovesse sopravvivere al terremoto politico che si preannuncia per la prossima settimana. In casa Labour il sismografo sembrerebbe indicare, nell’eventualità di un crollo (ulteriore) di Peretz, una possibile affermazione di Ami Ayalon alle prossime primarie del partito, soprattutto per la sua posizione critica verso l’attuale amministrazione in cui rientra la corrente maggioritaria del suo partito. Al momento del cessate il fuoco tra Israele ed Hezbollah il 14 agosto erano morti, da parte libanese, 1.200 civili di cui un terzo aveva meno di 13 anni, 250 miliziani ed altri 4.500 erano stati feriti. I civili israeliani uccisi sono stati 43 ed i soldati 119. Dei feriti 1.350 erano civili e 400 militari. Ma non è solo la Commissione guidata dal giudice Eliahu Winograd ad impensierire Olmert, che il mese scorso è riuscito a bloccare le rivelazioni di un’altra inchiesta sulla guerra, a cura del revisore dei Conti Lindenstrauss, relativa alle inadempienze del governo nella protezione della popolazione civile israeliana dagli attacchi di Hezbollah. Olmert, si è rifiutato di apparire davanti a Lindenstrauss. La Corte Suprema successivamente stabilito che l’esito dell’indagine potrà essere reso noto solo dopo che l’Idf avrà presentato la sua versione. Secondo la stampa israeliana, che in passato ne aveva elogiato il coraggio, Lindenstrauss starebbe mostrando accanimento nei confronti del premier. Per il quotidiano Yediot Ahronot il revisore del Conti starebbe vivendo «un ego-trip». Questa settimana Lindenstrauss ha chiesto al Procuratore Generale Mazuz di aprire una nuova inchiesta per corruzione nei confronti di Olmert in relazione ad illeciti di cui si sarebbe reso responsabile ai tempi del suo mandato come ministro dell’Industria e Commercio. Che va ad aggiungersi a quella sulla privatizzazione della Leumi Bank nel 2005, quando era ministro delle Finanze e a quella relativa ad irregolarità sull’acquisto di una casa di lusso Gerusalemme quando l’attuale premier ne era sindaco. Ieri il ministro della giustizia Friedman ha dichiarato che «non c’è motivo di pensare» che Olmert possa essere costretto a rassegnare le dimissioni.