«C’è molta paura tra la gente, siamo senza elettricità e senz’acqua. Siamo tornati indietro di cinquant’anni». Al telefono da Gaza Safwat, giornalista 34enne residente a Gaza City, commenta i primi effetti dell’operazione “Pioggia d’estate”, sferrata da Israele nella notte tra martedì e mercoledì con numerosi raid aerei condotti con aerei F16 ed elicotteri da guerra “apache” che hanno bombardato ponti, centrali elettriche, e campi di addestramento dei miliziani di Hamas.
Successivamente ha avuto inizio il dispiegamento di forze che preannuncia un’incursione a tenaglia (terra-aria) tra sud (Rafah), nord (Beit Hanoun), ed ovest, dove la costa è pattugliata da unità della marina militare israeliana che impediscono ai palestinesi l’utilizzo dell’arteria di collegamento che corre lungo la costa.
A Rafah l’esercito israeliano (Idf), si è diviso in tre tronconi. Il primo si è diretto verso il confine con l’Egitto, (da ieri controllato a distanza da Israele, come ha dichiarato dal generale Yoav Galant), il secondo verso la zona di Dahaniyeh, presso l’aeroporto distrutto dallo stesso esercito nel 2001, ed il terzo verso il valico di Shufa (est).
Il Generale a capo dell’operazione in corso a Rafah ha ammesso la possibilità che la popolazione palestinese resti coinvolta durante le operazioni in corso, specificando che la responsabilità per la sofferenza dei civili ricade sul «governo terroristico di Hamas».
In relazione all’offensiva su Gaza, il primo Ministro israeliano Olmert ha chiarito di non aver alcuna «intenzione di riprendere Gaza», né di avere piani di restarci. Il solo obiettivo di Israele, ha chiarito Olmert è «riportare a casa Gilad». Ma per farlo si è detto pronto a compiere azioni estreme per restituire Gilad alla sua famiglia».
Ed è questo scopo che è stato dato il via ad un’azione di guerra saltando la tappa della soluzione diplomatica. Smentendo fonti secondo cui sarebbero in corso trattative per uno scambio tra il soldato israeliano e dei detenuti palestinesi, Olmert, ha ribadito che Israele non pagherà alcun riscatto, spiegando che l’operazione “Pioggia d’estate”, è stata decisa perchè tre giorni di contatti diplomatici non avevano dato alcun esito. L’operazione ha lasciato senza elettricità almeno 700mila persone è appena agli inizi, e come annunciato da fonti militari israeliane, proseguirà fino al rilascio del caporale 19enne ostaggio dei miliziani palestinesi.
Il governo Hamas, pur negando ogni coinvolgimento nel rapimento del militare israeliano, ha sostenuto ieri l’opzione dello “scambio”. Secondo quanto ha riferito la Tv araba al-Jazeera, l’esecutivo dell’Anp avrebbe chiesto la liberazione dei detenuti palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane. Ieri, il portavoce del ministero degli Esteri palestinese, Tahir al-Nunu ha annunciato che il suo dicastero ha chiesto ai governi arabi di compiere ogni sforzo diplomatico per ottenere la liberazione dei prigionieri palestinesi in cambio del rilascio del soldato israeliano.
Il governo palestinese ha definito l’offensiva militare su Gaza un’operazione «ingiustificata che esporrà Israele ad un rischio militare che potrà implicare numerose conseguenze»,
criticando il ricorso ad una «escalation militare» rapida e suscettibile di «trasformare la situazione in un nuovo sanguinoso conflitto». Una posizione condivisa dal presidente Abu Mazen, che ha lanciato appelli al Quartetto (Stati Uniti, Unione europea, Russia e Nazioni Unite), al segretario generale dell’Onu Kofi Annan e ai rappresentanti delle nazioni occidentali, Stati Uniti in testa, per arginare l’offensiva israeliana e risolvere la questione dei rapimento del militare con mezzi diplomatici, mentre l’ala militare di Fatah, il partito del presidente, ha annunciato che le diverse fazioni faranno fronte comune per respingere l’offensiva israeliana nella Striscia.
«Sono bloccato a Gaza». La voce del deputato palestinese leader del movimento progressista Al Mubadara, Mustafa Barghouti tradisce un sentimento di rabbia ed incredulità di fronte ad un’azione militare che definisce irresponsabile, poiché sferrata all’indomani della firma da parte di Hamas e della Jihad islamica di un documento che di fatto e per la prima volta ammette da parte dei gruppi islamici il riconoscimento implicito dello Stato di Israele. «I palestinesi» ha dichiarato a Liberazione Barghouti, «hanno attaccato dopo che Israele ha sganciato 4mila ordigni su Gaza e dopo che dall’inizio di Maggio sono stati uccisi 94 palestinesi, tra cui 11 bambini, 2 donne e due donne incinte».
In relazione alla vastità dell’offensiva militare di cui è stato testimone il parlamentare palestinese conclude, «siamo di fronte ad un’altra punizione collettiva. La centrale elettrica che hanno bombardato serve il 75% degli abitanti della Striscia. E le pompe dell’acqua funzionano con la corrente elettrica. Ci vorranno almeno 8 mesi per rimetterle a posto, questo sempre se ci faranno arrivare i pezzi per aggiustarle».
Alcuni cooperanti italiani che in questo momento si trovano a Gaza hanno commentato negativamente l’intenzione di evacuare le organizzazioni internazionali, tra cui anche la Croce rossa, temendo che ciò possa preludere ad una vera e propria azione a tappeto. «Se la situazione precipita è chiaro che ce ne dovremo andare» ha dichiarato da Gaza Meri Calvelli, responsabile della Ong “Cric”.
«Solo che non capiamo a che servono le organizzazioni umanitarie se in una situazione in cui non c’è acqua, elettricità, non ci sono medicine e tra poco finiranno pure le scorte di carburante che fanno funzionare i generatori, oltre a tutto il resto, le si manda via». La cooperante italiana ha aggiunto, «sono mesi che qui a Gaza non entra nulla. Gli unici che possono introdurre aiuti sono i cooperanti internazionali. Questo sarebbe piuttosto il momento di mettere al lavoro le organizzazioni umanitarie. Sennò non si chiamerebbero così, perché a rimetterci qui saranno, tanto per cambiare, i civili».
Le fonti da Gaza hanno inoltre riferito dell’impiego intensivo da parte dell’esercito israeliano di bombe sonore.
Un invito al rispetto dei diritti umani degli abitanti della Striscia è giunto ieri dal Centro di Informazione israeliano per i Diritti Umani nei Territori Occupati “B’Tselem”, che ha inviato il proprio governo ad evitare il coinvolgimento dei civili in azioni militari. «Il ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, ordini alle forze israeliane di non bombardare o danneggiare deliberatamente le strutture che forniscono servizi indispensabili alla popolazione civile nella Striscia di Gaza». Il comunicato diffuso ieri dall’organizzazione umanitaria concorda sul fatto che Israele abbia il diritto di adoperarsi in ogni modo per agevolare la liberazione del soldato rapito Gilad Shalit, ma ricorda al proprio governo che in base al diritto internazionale è «categoricamente proibito» colpire obiettivi indispensabili per la sopravvivenza dei civili. Anche da parte dell’Unione Europea è arrivato un messaggio di critica per le conseguenze dell’operazione militare israeliana a Gaza. «Sono turbata dalle notizie dell’interruzione delle forniture di elettricità, che coinvolgono servizi vitali come gli ospedali», si legge in una nota della commissaria per le relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, impegnata a Mosca per la riunione dei ministri degli esteri del G8. La rappresentante del governo dell’Unione, pur esprimendo comprensione per il sentimento di rabbia diffuso in Israele in seguito al rapimento giovane militare, ha sottolineato la necessità di mettere in condizione la comunità internazionale di proseguire lo sforzo diplomatico.
Ma in seguito alla rappresaglia israeliana su Gaza, nuove rivendicazioni di rapimenti di cittadini israeliani hanno provocato un innalzamento della tensione anche in Cisgiordania, dove ieri è stata registrata un’incursione dell’esercito israeliano a Ramallah. Uno schieramento di uomini e mezzi si starebbe dispiegando inoltre nella parte occidentale della West Bank, in direzione di Nablus. Le brigate Nasser Salah Ad Din hanno rivendicato il rapimento di Eliyahu Pinhas Asheri, un diciottenne colono dell’insediamento di Itamar, vicino Nablus, una notizia a cui in un primo momento l’intelligence israeliana non aveva dato molto credito. Abu Abeer, nome di battaglia del portavoce delle brigate che hanno rivendicato il rapimento del colono, ha diffuso invece le generalità del giovane, fornendo anche, per dimostrare la veridicità della rivendicazione, il numero di carta d’identità del rapito. Il rapimento di un terzo israeliano, un 60enne residente nella città di Rishon le Zion, a sud di Tel Aviv, è stato annunciato nel pomeriggio di ieri dalle brigate martiri di al Aqsa (braccio armato di Fatah).
La popolazione, di Ramallah, memore dell’assedio del 2002, teme che rivendicazioni di rapimenti in Cisgiordania possano provocare una dura rappresaglia di Israele. Una considerazione che non sfiora gli autori della regia esterna dell’impiego del modello “Ezbollah” nelle azioni delle milizie palestinesi. I leader di Hamas in Siria e Libano si sono posti su posizioni opposte a quelle espresse dall’ala politica al governo nei territori occupati, che continua a tentare, almeno nelle dichiarazioni, la carta della diplomazia.
Ieri Osama Hamdan, rappresentante di Hamas in Libano e stretto collaboratori di Khaled Mashaal, capo dell’ufficio politico del movimento di resistenza islamico a Damasco (indicato dal presidente Abbas come la mente del blitz di domenica scorsa), ha invitato i miliziani palestinesi ad intensificare i rapimenti di soldati israeliani. «Credo che la resistenza non debba accontentarsi di aver fatto prigioniero un solo soldato israeliano», ha detto Hamdan alla tv libanese “Al-Manar” in riferimento al sequestro del caporale Shalit, aggiungendo «nessuno deve pensare che la faccenda possa essere risolta in 48 o 72 ore. C’è bisogno di più tempo». L’esponente di Hamas, le cui parole confermano la distanza tra l’ala moderata del movimento che fa capo al premier Haniyeh (considerato da Israele un bersaglio) ha ricordato ai miliziani palestinesi la riuscita della strategia adottata in Libano dagli Hezbollah. Hamdan ha inoltre criticato duramente il presidente dell’Anp Abu Mazen e la sua decisione di ordinare agli apparati della Sicurezza palestinesi di mettersi sulle tracce del soldato israeliano rapito. «Sappiamo che c’è una squadra palestinese che sta aiutando Israele a trovare il caporale», ha affermato l’esponente di Hamas, ammonendo indirettamente la presidenza di mettere in questo modo «a repentaglio il possibile rilascio dei prigionieri».
E sul coinvolgimento della Siria (Hamdan prende ordini da Meshal da Damasco), il ministro della Giustizia israeliano Haim Ramon ha annunciato una possibile operazione mirata contro il leader di Hamas in esilio come rappresaglia per il rapimento di Shalit. «» nel nostro mirino. » un bersaglio», ha dichiarato ieri mattina Ramon alla radio militare israeliana, mentre al-Jazeera ha annunciato che caccia militari israeliani avrebbero sorvolato due giorni fa un palazzo presidenziale siriano che si trova nella parte settentrionale del Paese. In un incontro tra il ministro israeliano ed suo omologo statunitense Edward Gonzales, Ramon ha paragonato Meshaal ad Osama Bin Laden, chiedendo alla comunità internazionale di fare pressioni sul presidente siriano Bashar Assad affinchè il leader di Hamas venga espulso da Damasco.
In attesa di allargare il raggio d’azione ad altri “stati canaglia” del medioriente, le cronache da Gaza rioccupata forniranno con ogni probabilità nuovi bollettini di guerra nelle prossime ore. Con le dovute scuse per la morte dei civili.