Israele, bufera su Olmert alla Knesset

Ehud Olmert si è mostrato tranquillo, ha fatto uso di un tono di voce perentorio, ma alla fine non ha potuto nascondere di essere in forte difficoltà. Per lui, che ieri alla Knesset ha parlato di eccezionali successi militari, in realtà mai avvenuti nelle quattro settimane di guerra contro il Libano, è cominciata una stagione politica in cui dovrà lottare con tutte le sue forze per salvare la coalizione governativa e la sua poltrona, soprattutto se verrà aperta una inchiesta sulla gestione del conflitto. «Non avevamo altra scelta che la guerra», ha detto il premier israeliano assumendosi davanti al Parlamento l’intera responsabilità dell’offensiva condotta in Libano e terminata (per ora) ieri mattina con l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Olmert ha provato in tutti i modi a ribaltare il giudizio negativo della sua gestione della guerra. L’offensiva militare ha «cambiato gli equilibri strategici della regione» e «dato un colpo terribile» a Hezbollah, ha detto, sottolineando come le forze armate abbiano colpito «gli arsenali della guerriglia» e le sue «capacità belliche a lungo termine». Ha poi invitato alla pazienza coloro che si aspettavano un risultato migliore dalle operazioni militari, avvertendo che lo Stato ebraico continuerà a colpire comunque Hezbollah: «Faremo meglio la prossima volta, e non è escluso che vi sia una prossima volta». Ha poi difeso a spada tratta la sua decisione: Israele «non aveva altra scelta se non quella di andare in guerra». E ha ribadito che sarà fatto ogni sforzo per riportare a casa i due soldati rapiti. Parole che si scontrano con la realtà dei fatti: i guerriglieri di Hezbollah sono stati in grado, dal primo all’ultimo giorno di guerra, di lanciare i razzi katiusha verso il nord di Israele e di provocare perdite pesanti, uomini e carri armati, allo Stato ebraico durante i combattimenti di terra in sud Libano. Il discorso è andato avanti tra i fischi di deputati che sono stati espulsi dall’aula e la denuncia degli errori commessi dal governo fatta dall’ex-premier e leader del Likud, Benyamin Netanyahu, che incomincia ad intravedere spaccature nella maggioranza di governo che potrebbero rilanciarlo ai vertici della politica nazionale.
A giocare contro Olmert è l’umore prevalente tra gli israeliani. La maggioranza della popolazione pensa che il conflitto in Libano non abbia raggiunto i suoi obiettivi e che il comportamento delle forze armate sia stato deludente. Secondo un sondaggio apparso sull’ edizione on-line di Yedioth Ahronoth, il 58% degli israeliani pensa che Israele non sia riuscito a realizzare i suoi obiettivi. Il 52% ritiene che le forze armate non abbiano avuto successo e il 66% pensa che la risoluzione 1701 non sia positiva per Israele. Crolla la popolarità di Olmert e del ministro della difesa Amir Peretz ma anche dei loro partiti, Kadima e Laburista: il 62% ha dato un voto negativo a Olmert e il 65% a Peretz. Se ci fossero elezioni domani Kadima, il partito di Olmert, scenderebbe da 29 a 20 seggi, il partito laburista da 19 a 12.
Il mancato rilascio dei soldati israeliani catturati il 12 luglio da Hezbollah è un altro dei fattori intorno al quale si coagula la protesta. Il governo Olmert ha tradito la promessa fatta alle famiglie dei militari, i riservisti Ehud Goldwasser ed Eldad Regev, e all’opinione publica, di una liberazione «incondizionata». Insufficiente a placare le polemiche e’ stata peraltro la nomina di Ofer Dekel, ex-vicecapo dello Shin Bet (i servizi di sicurezza) a responsabile delle trattative per la liberazione dei due soldati. Perchè è proprio la trattativa con Hezbollah che Tel Aviv avrebbe voluto evitare ed è probabile che Israele sia costretto a scarcerare anche Samir Kantar, un detenuto libanese di 43 anni, in carcere dal 1979, al quale il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah aveva promesso qualche mese fa che «presto avrebbe fatto ritorno a casa». La mediazione tra Israele ed Hezbollah in ogni caso non sarà italiana, lo ha chiarito lo stesso ministro degli esteri Massimo D’Alema ieri a Beirut. La palla potrebbe perciò tornare alla Germania che all’inizio del 2004 riuscì a concludere un accordo di scambio di prigionieri e di salme di caduti tra Israele e il partito di Nasrallah. I guerriglieri libanesi liberarono un israeliano, Elhanan Tennenbaum, e restituirono i resti di tre soldati rapiti nell’ottobre del 2000. Israele, dal canto suo, accettò di liberare 400 detenuti palestinesi, 24 libanesi, 9 arabi di vari paesi e un tedesco, Stephan Smyrek, arrestato durante una sua missione in Israele per conto di Hezbollah. Rimase in carcere Samir Kantar. La sua liberazione, fece capire lo Stato ebraico, sarebbe avvenuta solo in cambio di informazioni concrete sulla sorte di Ron Arad, il pilota abbattuto in Libano nel 1986, fatto prigioniero da Amal e da questa poi ceduto ad altre organizzazioni armate libanesi. Kantar ora comincia a vedere la libertà. Ma sulle spalle di Olmert pesa anche la vicenda del caporale Ghilad Shalit nelle mani di un commando palestinese dallo scorso 25 giugno. Anche in questo caso potrebbe essere costretto ad accettare uno scambio di prigionieri. Intanto ieri sera a Gaza city uomini armati hanno fermato un’auto di una troupe di Foxnews e hanno sequestrato due giornalisti: Steve Centanni, un reporter statunitense, e un cameraman neozelandese. In serata non era ancora giunta una rivendicazione.