Ottavo giorno di guerra e nuovi bombardamenti israeliani ieri in Libano. Nel corso della giornata è stato colpito con razzi il quartiere cristiano di Ashrafiyeh, nel cuore di Beirut, a 200 metri dalla ex linea verde che divideva la capitale durante la guerra civile finita nel 1990. Il raid è stato compiuto ufficialmente per eliminare un camion con una gru ripiegata scambiato per un veicolo lanciamissili.
È la notizia più preoccupante dell’ottavo giorno dell’offensiva israeliana cominciata mercoledì scorso, soprattutto per i possibili sviluppi: la difesa israeliana mira a neutralizzare armi ed elementi Hezbollah anche in aree che non vengono ritenute affatto legate ad attività della milizia sciita e quindi può colpire senz’altro in qualsiasi punto abitato del Libano. Almeno una cinquantina di vittime e un numero imprecisato di feriti sono stati provocati da bombardamenti e attacchi durante la notte su Beirut sud e su varie altre aree del Libano. Soprattutto nel sud, le vittime sono state decine in varie località e nel solo villaggio di Srifa, 20 chilometri a est della città portuale di Tiro, un bilancio parla di 21 morti e di 30 feriti. In tutto, sono almeno 60 i civili rimasti uccisi ieri in Libano, nella giornata più sanguinosa dall’inizio dell’offensiva israeliana contro il paese arabo.Il primo ministro libanese Fuad Siniora ha detto che in sette giorni le vittime fra la popolazione civile sono 300. La Croce rossa internazionale ha parlato di almeno 310 morti.
Appelli drammatici – uno anche all’Onu perché intervenga al più presto – sono arrivati da esponenti della municipalità e da cittadini di Srifa, uno dei quali ha denunciato il presunto utilizzo di armi chimiche nei bombardamenti. Per molte ore è stato impossibile far arrivare soccorsi nella zona colpita perché erano state distrutte anche le strade di accesso.
L’attacco ai camion nel centro di Beirut ha fatto seguito, tra l’altro, al lancio di volantini israeliani in aree del sud del Libano nei quali si metteva in guardia la popolazione che ogni camion sarebbe diventato un obiettivo militare. A Sidone, poi, sui telefoni cellulari di cittadini sono arrivate telefonate con messaggi registrati in arabo per avvertire i destinatari che il governo libanese è responsabile della sorte dei due soldati israeliani catturati una settimana fa e che le forze della difesa israeliana «faranno di tutto per liberarli e riportarli sani e salvi a casa».
La mattina dell’ottavo giorno di guerra in Libano si è chiusa con notizie che si accavallano su scontri tra miliziani Hezbollah e esercito israeliano ad Al Ghajar, un villaggio diviso a metà sulla linea di confine, con la morte di cinque libanesi. Ma anche con la scoperta a Beirut da parte degli Hezbollah di una rete di spie arabe che avrebbe fornito coordinate per i raid aerei israeliani, secondo una notizia diffusa dalla tv Al Arabiya.
Nel sud sono proseguiti incessanti i bombardamenti contro presunte postazioni di Hezbollah. Ma i tiri non sono stati propriamente chirurgici: ieri pomeriggio, intorno alle 16:00 il posto d’osservazione Unifil – la piccola missione Onu schierata al confine tra Israele e il Libano – è stato bersagliato dall’artiglieria israeliana con due colpi di cannone, che sono esplosi al suo interno, provocando molti danni, ma nessuna vittima. Secondo le fonti, sei abitanti del villaggio libanese di Marun er-Ras, teatro in mattinata di combattimenti fra truppe israeliane penetrate oltreconfine e guerriglieri Hezbollah, hanno trovato rifugio intorno alle 12:00 in un vicino posto d’osservazione Unifil. Due dei sei civili, in maggior parte donne e bambini, erano rimasti feriti nei combattimenti. Pochi minuti dopo, è stato colpito anche il quartier generale dell’Unifil a Naqura, senza provocare vittime.
In risposta all’artiglieria israeliana, i guerriglieri Hezbollah hanno quindi aperto il fuoco con razzi Katyusha da una loro postazione nei pressi del posto d’osservazione Unifil. «Non vogliamo un’altra Qana», hanno detto le fonti dell’Unifil, riferendosi al massacro di 101 sfollati libanesi avvenuto in circostanza analoghe il 18 aprile 1996, durante l’operazione «Furore» lanciata dall’esercito israeliano contro Hezbollah.
La guerra è entrata poi di prepotenza anche nella città santa per i cristiani di Nazareth, in Galilea, colpita da due razzi Katyusha sparati dal Libano sud dai miliziani sciiti di Hezbollah. Uno dei razzi è precipitato in una zona di stradine strette e di povere case ammucchiate, ad alta densità di popolazione, e ha ucciso due bambini arabi-israeliani di tre e nove anni. I due fratellini stavano giocando per strada quando l’esplosione del razzo li ha uccisi. Altre 10 persone sono state ferite, una almeno è in condizioni gravi. I soccorsi hanno faticato non poco a raggiungere il luogo dell’esplosione, attraverso le viuzze strette e affollate. Stando ad alcune fonti l’arrivo dei razzi non sarebbe stato annunciato dalle sirene. La popolazione si trovava all’esterno e non aveva cercato rifugio nelle case.