«Islamisti made in Usa per destabilizzare Damasco»

Per Kadri Jamil, comunista dissidente, Washington vuole riproporre in Siria il modello iracheno

«L’Amministrazione Usa, strumentalizzando le imminenti conclusioni della commissione d’inchiesta sull’uccisione di Hariri, intensificherà i suoi tentativi di destabilizzazione della Siria non tanto e non solo, come dicono, per arrivare a un cambiamento di regime ma piuttosto per disgregare lo stato unitario siriano facendo leva, come in Iraq, sulle differenze etniche e confessionali». Kadri Jamil, «comunista dissidente», si mostra preoccupato per le manovre americane nei confronti di Damasco che, a suo parere, potrebbero rallentare, se non vanificare, quel timido processo di democratizzazione avviatosi con la salita al potere di Bashar Assad. Lo incontriamo a Damasco all’hotel International, alto e grigio palazzone non lontano dalla città vecchia. In passato incontrare un esponente comunista non allineato sarebbe stato difficile, ma ora per il regime siriano il pericolo principale viene dall’alleanza fondamentalisti musulmani- Stati uniti e quest’area politica ha ripreso a lavorare alla luce del sole e a pubblicare le sue riviste. Tra questi Qassium, il periodico del movimento per l’unificazione comunista di Kadri Jamil che si propone da una parte di portare avanti il dibattito per un’uscita da sinistra dalla crisi attraverso un processo di democratizzione reale, soprattutto a livello economico, e dall’altra un’unificazione dell’area comunista e marxista dai due Pc presenti nel fronte di governo egemonizzato dal Baath «ai molto più numerosi senza partito», soprattutto tra i giovani, gli ex militanti e gli intellettuali. Questi primi abbozzi di vita politica correrebbero però il rischio di essere schiacciati, secondo Jamil, da una destabilizzazione «made in Usa» basata sul sostegno ai movimenti estremisti sunniti da giocarsi poi contro la comunità alawita, a cui appartengono il 13% dei siriani e soprattutto il presidente Bashar e vari esponenti del regime e delle forze di sicurezza. «La scelta di far leva sulle differenze etnico-confessionali – sostiene l’esponente comunista – è pericolosa perché mina alla base ogni processo di reale democratizzazione. Confessionalismo e patrie etniche in realtà vanno benissimo a Washington perché nascondendo e ibernando le contraddizioni sociali e di classe, creano un ambiente ideale per la rapina imperiale e lo sfruttamento intensivo di uomini e cose». «In altri termini – continua Jamil – gli americani intendono usare i fratelli musulmani sunniti contro il regime promettendo loro la Siria in cambio dell’accettazione di un controllo americano-sciita sull’Iraq». Le organizzazioni fondamentaliste musulmane – la rivolta tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 dei fratelli musulmani sunniti ad Hama e Aleppo contro «gli eretici» e i «contadini senza terra» alawiti e il loro regime ultra-laico, venne repressa nel sangue e segnò una militarizzazione e chiusura del regime- sarebbero secondo Jamil divise tra la tentazione di farsi strumento degli Usa e l’avversione contro Washington per quanto accade in Iraq. «Ufficialmente – sostiene l’esponente comunista – i Fratelli musulmani nell’aprile 2005 hanno ribadito le loro credenziali democratiche ma la loro proposta politica, quella di un Congresso Nazionale su basi etniche e confessionali, introduce in Siria questi pericolosi criteri facendoli diventare la base, come in Iraq, della futura vita politico-istituzionale».

Il discorso non può non cadere sulle accuse americane alla Siria di non bloccare a sufficienza un ipotetico flusso di uomini e mezzi verso i settori più estremi della guerriglia irachena. «In realtà – dice sorridendo l’esponente comunista – il governo di Damasco ha fatto non poco per collaborare con gli Usa dopo l’11 settembre (ma senza avere nulla in cambio) e poi non controlla più di tanto le regioni verso il confine con l’Iraq. Quel che mi preoccupa sono le infiltrazioni in senso contrario degli estremisti islamici dall’Iraq verso Siria e Libano, a mio parere non sgradite agli Usa, in funzione anti-sciita e anti-alawita. L’idea americana è chiudere un occhio o tutti e due, sul rafforzarsi di questi gruppi estremisti sunniti in Libano in modo da destabilizzare il paese dei cedri e poterne poi gettarne la colpa sulla Siria e domani, se ve ne fosse bisogno, usarli contro gli Hezbollah e gli sciiti in Libano e contro il governo siriano in Siria».