Il 21 Novembre 2010 Brian Cowen, Taoiseach (capo del governo) della repubblica d’Irlanda, conferma ufficialmente di aver richiesto l’intervento del fondo europeo di stabilità finanziaria e del fondo monetario internazionale per per evitare che il definitivo avvitamento della crisi bancaria portasse alla bancarotta l’intera economia del paese. Il piano di salvataggio accordato in tempi record al piccolo Paese comprende prestiti per €85 miliardi di euro da parte del fondo monetario, del’Unione Europea e da parte di Svezia e Danimarca. Per la somiglianza con la recente e analoga vicenda greca il “salvataggio” dell’Irlanda -vale la pena ricordarlo, trattasi di un altro paese del gruppo dei PIGS- è riuscito a spostare gli occhi dei media e dell’opinione pubblica europea sulla crisi irlandese, anche se in modo gravemente distorto. La stragrande maggioranza dei media infatti ha veicolato l’immagine di una crisi puntuale, quasi fosse una sorta di disastro naturale, mentre in realtà la catastrofe della “tigre celtica” è stata covata durante tutto lo scorso decennio grazie allo stesso turboliberismo che aveva permesso all’Eire di primeggiare in Europa in quanto a tasso di crescita, per poi sbocciare nel 2008 con lo scoppio della bolla edilizia e nel 2009 con il collasso dei prezzi degli immobili.
Seguendo un copione già visto, il tracollo del mercato immobiliare ha portato con se la crisi del sovraesposto sistema bancario irlandese, che a sua volta ha richiesto un estensivo e malamente indirizzato intervento di capitale pubblico. Nello specifico il governo centrista irlandese ha posto in essere una generosa campagna di ricapitalizzazione degli istituti di credito in crisi, ha nazionalizzato la Anglo-Irish Bank spendendo più di 12 miliardi di euro (prevedendo di spenderne altrettanti per garantire alla banca un’adeguata liquidità) e (nel 2009) ha creato la NAMA (National Asset Management Agency), un’agenzia governativa con le funzioni di bad bank, nata per scambiare titoli tossici delle banche isolane con bond statali per 77 miliardi di euro. Quest’ultima istituzione è stata criticata duramente anche dall’economista premio Nobel Joseph Stiglitz, che in una sua recente uscita si è spinto ad affermare senza mezzi termini che l’agenzia è sostanzialmente uno sperpero di denaro pubblico.
Particolarmente pesante la finanziaria 2011, contenente le disposizioni UE e IMF a garanzia del prestito concesso. La finanziaria prevede tagli per oltre 2 miliardi di euro; 873 milioni di euro nel settore della protezione sociale, 746 milioni di euro nella sanità e 170 milioni di euro nell’istruzione -elencando solo i settori della spesa pubblica più tagliati.
Se si vuole fare nel 2010 un bilancio dei risultati delle misure fin’ora messe in campo si può affermare che i piani del governo a guida Fianna Fail hanno dissanguato le casse statali, non sono riusciti a salvare l’economia dell’isola dall’arrembaggio degli speculatori internazionali e che i suddetti piani hanno prostrato un tessuto sociale già duramente colpito, che ora si trova a fronteggiare un tasso di disoccupazione maggiore dell’11% e tutti i problemi che naturalmente ne derivano, come emigrazione, degrado e delinquenza. I dispositivi della finanziaria 2011 non rappresentano un auspicabile cambio di rotta, ma anzi sono una diabolica perseveranza nell’errore e sono percepiti dall’opinione pubblica come una autentica pugnalata alle spalle.
Il governo Fianna Fail-Verdi ha ormai perso completamente la fiducia degli elettori ed è sempre più traballante, si regge infatti su due soli seggi. Il partito di governo è riportato nei sondaggi come costantemente in picchiata di consensi, a tutto vantaggio della sinistra, rappresentata principalmente dal Labour, partito d’estrazione socialdemocratica, e dal Sinn Féin, storico partito nazionalista di sinistra operante nell’Eire e nell’Irlanda del nord. Quello che invece è il più grande partito d’opposizione, il Fine Gael, partito d’ispirazione democristiana di centrodestra, si è dimostrato accondiscendente e addirittura “accodato” alla politica economica del governo di Cowen.
Il Labour e il Sinn Féin non hanno votato la legge finanziaria e hanno il merito di aver mantenuto una posizione chiara e coerente in merito ai piani “salva-banchieri” prima e delle ingerenze EU/IMF poi. Il Sinn Féin oltre ad opporsi frontalmente alla macelleria sociale eterodiretta dai potentati economici stranieri ha elaborato un credibile piano alternativo che, secondo il partito, sarebbe in grado di riportare il deficit sotto la soglia consentita dal patto di stabilità entro il 2016; seguendo una politica basata su tassazione delle rendite e dei grandi patrimoni, taglio degli stipendi di parlamentari, ministi e dirigenti pubblici, eradicazione degli sprechi, investimenti pubblici efficaci e credibili e stimolo dei consumi.
Grazie all’intelligenza e alla radicalità della sua politica di alternativa propositiva il Sinn Féin ha recentemente umiliato il partito di governo in quella che era una sua roccaforte, conquistando con il suo candidato Pearse Doherty nell’elezione suppletiva del Donegal sud-ovest il seggio che era stato di Pat Gallagher (Fianna Fail, eletto al parlamento europeo e quindi dimissionario) dal 2002 con una maggioranza “bulgara” di oltre il 39% delle preferenze.
La vicenda irlandese ha molto da insegnare all’Italia. In Italia la crisi finale del berlusconismo potrebbe lasciare spazio a scenari ancora più inquietanti dell’intreccio affaristico-clientelare marchio di fabbrica del centrodestra a guida PDL. L’Italia possiede uno dei debiti pubblici più pesanti a livello mondiale, e nonostante la relativa solidità fin’ora dimostrata dall’economia italiana non è detto che questa riesca a reggere l’urto di un attacco speculativo -il famoso “contagio” che sembra aver già colpito anche la Spagna. La sinistra italiana deve prepararsi a opporsi realisticamente sia alle ormai classiche politiche di “socialismo per i ricchi” sia alle ben più pericolose misure di stabilità targate EU/IMF.