Iraq, ucciso addetto russo Sequestrati altri quattro

L’Iraq occupato dalle truppe Usa ha vissuto ieri un’altra giornata di sangue: un diplomatico russo è stato ucciso e altri quattro sequestrati – e forse liberati poche ore dopo- a Baghdad da un misterioso gruppo di uomini armati, poco dopo un’ autobomba in un affollato suk di Basra faceva almeno trenta morti. In serata la polizia ha trovato nei pressi di Baqouba, in una cassetta per la frutta, otto teste mozzate, tra le quali quella di un noto predicatore sunnita di Tarmiya, da tempo sulla «lista nera» degli occupanti e degli squadroni della morte sciiti filo-governativi.
L’attacco contro un «Gmc» dell’ambasciata russa a Baghdad nel quartiere bene della città, quello di al Mansour, davanti ad un negozio di frutta e verdura, è avvenuto verso l’una e trenta del pomeriggio. Un gruppo di uomini con il volto coperto, vestiti di nero, che indossavano giubbotti anti-proiettile e portavano armi moderne di fabbricazione Usa, scesi da un’auto «Kia Sephia» e da un mini-bus, hanno aperto il fuoco contro il diplomatico che si trovava alla guida, uccidendolo sul colpo, e sequestrato gli altri quattro passeggeri, tutti russi che lavoravano all’ambasciata.
Dopo poche ore, in serata, si è diffusa la voce, non confermata dall’ambasciata russa, della liberazione dei quattro sequestrati: Se lo fosse si tratterebbe probabilmente del frutto di una rapida operazione di intelligence dei servizi di Mosca, da sempre profondi conoscitori della galassia irachena. Anche nel caos iracheno ci sono evidentemente linee rosse che non si possono passare impunemente.
Intanto nella capitale meridionale dell’Iraq, la città di Basra, sotto il controllo delle truppe britanniche, una potente autobomba ha fatto strage in un popolare suk uccidendo una tentina di passanti. I feriti sarebbero un centinaio. Secondo alcuni testimoni si sarebbe trattato di un attentato suicida e i danni materiali nel vecchio suk, dove ora si vendono soprattutto telefonini e materiale elettrico sarebbero ingentissimi. Il premier Nur al-Maliki, tre giorni fa aveva visitato la città e in un suo discorso aveva sottolineato che i principali problemi di sicurezza e ordine pubblico sarebbero posti dalle bande criminali che operano nella zona. In realtà il problema sembra essere piuttosto quello delle varie milizie sciite – in particolare dei tre partiti principali il Consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq, l’esercito del Mahdi di Moqtada al Sadr e il partito Fadhila, tutti e tre nel governo filo-Usa e filo-Iran – alle quali gli occupanti hanno affidato le nuove istituzioni e le forze di sicurezza e che sono in perpetuo conflitto tra di loro per il controllo del business del petrolio.
A queste milizie si fa risalire anche l’azione degli squadroni della morte che hanno fatto strage di tanti sciiti laici, di ex militanti del Baath e, recentemente, di tanti semplici sunniti. Al punto che la percentuale della popolazione di origine sunnita sul totale degli abitanti della città sarebbe scesa dal 40% al 15%. Parallelamente Basra ha visto un costante aumento delle operazioni della resistenza contro le forze di occupazione britanniche. Il 6 maggio scorso la città portuale del sud era stata teatro di gravi tumulti esplosi dopo la caduta di un elicottero britannico in cui cinque militari erano rimasti uccisi. Nei successivi scontri tra civili iracheni e truppe britanniche erano morte cinque persone, tra cui due bambini.
Il macabro fenomeno degli squadroni della morte ha raggiunto ieri un nuovo apice dell’orrore con la scoperta a nord di Baghdad di otto teste mozzate rinvenute dentro a Ghalibya, una decina di chilometri ad ovest di Baquba. Sulla base di alcuni bigliettini trovati sul posto una di queste apparterrebbe ad un noto predicatore sunnita, lo sheik Abdel Aziz al Mashhadani, imam della moschea di Tarmiyah, una delle roccaforti della resistenza irachena sull’Eufrate a circa 30 chilometri a nord di Baghdad. L’imam era da tempo sulla lista nera degli occupanti dopo che, nel gennaio del 2005, nelle vicinanze della sua moschea erano state trovate armi e munizioni destinate alla resistenza. Le altre teste ritrovate apparterrebbero ad altrettanti sunniti, tutti membri della stessa famiglia. Dai bigliettini di rivendicazione trovati sul posto sembra trattarsi della macabra opera di uno squadrone della morte sciita, probabilmente composto da agenti delle forze antiguerriglia del ministero degli interni.