Iraq, Saddam ai giudici: torturato dagli americani

«Siamo stati picchiati e torturati dagli americani» dichiara in aula Saddam Hussein e, indicando i sette coimputati per il massacro di Dujail del 1982, aggiunge: «Uno ad uno». Il 7 dicembre scorso si era rifiutato d’apparire in aula dopo che nell’udienza precedente aveva «mandato all’inferno i giudici di una corte ingiusta». Ieri invece l’ex dittatore iracheno ha provato a trasformare il processo contro di lui in un atto d’accusa contro gli occupanti: «Sono stato percosso in ogni parte del mio corpo e ne porto ancora i segni», ha raccontato. Secca la smentita statunitense: Christopher Reid, per l’ambasciata Usa a Baghdad, ha dichiarato alla Cnn che le sevizie denunciate sono «assolutamente false». I pubblici ministeri (l’ex raìs è accusato d’aver fatto uccidere 148 sciiti a Dujail per rappresaglia dopo un tentativo d’assassinarlo nella cittadina a nord della capitale) hanno cercato di ridicolizzarlo affermando che Saddam è rinchiuso in una cella con l’aria condizionata, mentre molte famiglie irachene sono tuttora senza elettricità.

Ma la controffensiva non ha funzionato, perché Saddam, apparso in buona forma fisica, barba curata e abito scuro senza cravatta, è riuscito anche stavolta a portare un procedimento fortemente criticato dalle organizzazioni dei diritti umani e dagli esperti di diritto nella direzione da lui auspicata. Così mentre Ali Hassan Mohammed al Haidari – che aveva 14 anni all’epoca dei fatti di Dujail e in quel massacro perse sette parenti – testimoniava delle torture subite dai suoi cari, Saddam ha chiesto al presidente della corte di poter pregare. Permesso rifiutato, ma lui l’ha fatto lo stesso, come prescritto dal Corano, orientando verso la Mecca la poltrona sulla quale era seduto, chiudendo gli occhi per pregare e attirando tutta l’attenzione dei presenti su di sé, interrompendo così la testimonianza di Haidari, definito poi «un cane» (una delle offese peggiori per un islamico) da Barazan Ibrahim, coimputato ed ex direttore dell’intelligence del partito Ba’ath. Con un’altra mossa a sorpresa il presidente deposto dall’invasione anglo-americana del paese del marzo 2003 s’è assunto indirettamente parte della responsabilità per il massacro di Dujail: «I torti che sono stati fatti a quella gente rappresentano degli errori e chi ha sbagliato dovrà pagare secondo quanto prescritto dalla legge».

Mentre Saddam si dimostra giorno dopo giorno un personaggio sempre più ingombrante per i piani statunitensi di «pacificazione» della Mesopotamia, le cose non vanno meglio sul fronte istituzionale, dove l’esito delle elezioni parlamentari del 15 dicembre inizia a traballare. I rappresentanti del partito laico-sciita dell’ex primo ministro Iyad Allawi e due dei principali raggruppamenti sunniti – l’Iraqi accordance front e l’Iraqi unified front, oltre a una serie di gruppi minori – si sono riuniti ieri per coordinare la strategia da seguire contro quelle che definiscono «elezioni truccate».

«Siamo tutti d’accordo nel respingere i risultati, vogliamo che la commissione elettorale venga sciolta e il voto ripetuto», ha dichiarato Thaer al Naqib, portavoce di Allawi. Il leader del Fronte unito, Saleh al Mutlaq, si dice pronto a portare il caso dei presunti brogli non solo davanti alla Commissione elettorale ma anche alla Lega araba, l’Unione europea e le Nazioni unite. Da parte loro i gruppi della guerriglia avvertono che, se il potere resterà tutto nelle mani degli sciiti – come sembrano suggerire i risultati parziali – gli attacchi riprenderanno, più violenti di prima. «La resistenza s’intensificherà e molto sangue sarà versato se gli agenti dell’Iran s’impadroniranno del potere», ha fatto sapere dalla Giordania Majeed al Gaood, a nome di diversi gruppi della guerriglia.