Lo dice il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, mentre il presidente Usa Bush incontra il capo dello Sciri Al Akim nel tentativo di ridurre la violenza. Precipita un elicottero. In 48 ore uccisi dieci soldati statunitensi
In Iraq è in corso una guerra civile? Da mesi, da quando all’alba dell’ultimo venerdì del febbraio scorso una bomba distrusse la cupola d’oro della moschea di Samarra – uno dei principali luoghi santi sciiti – politici e commentatori si dividono sulla questione: bastano un centinaio di morti al giorno a qualificare il conflitto in corso come guerra civile? Il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ieri è intervenuto nel dibattito in maniera netta: «È molto peggio di una guerra civile».
Il diplomatico ghanese, che il 31 dicembre cederà il suo posto al Palazzo di vetro di New York al sudcoreano Ban Ki-moon, ha detto in un’intervista alla Bbc che «qualche anno fa, in Libano e in altri posti parlavamo di guerra civile, ma qui è molto peggio». «Se fossi nei panni dell’iracheno medio – ha proseguito – penserei che prima c’era un dittatore brutale, ma si poteva uscire in strada, i bambini potevano andare a scuola e tornare a casa senza che i genitori si preoccupassero se sarebbero mai tornati». «Senza sicurezza – ha sottolineato – non si può fare molto, né ripresa, né ricostruzione». Anche ieri, nella sola Baghdad, sono stati ritrovati i corpi senza vita di una cinquantina di persone, un dato al di sotto della media: secondo l’Onu, nel mese di ottobre ogni giorno nella capitale sono stati massacrati 120 civili. Le esternazioni di Annan – sotto la cui guida l’Onu ha fallito nel disinnescare, tra le altre, la crisi irachena e quella in Darfur – contraddicono quelle dell’Amministrazione statunitense. Il presidente George W. Bush ha sempre rifiutato di parlare di «guerra civile». Ammettere l’esistenza di una situazione del genere equivarrebbe infatti a dichiarare esplicitamente il fallimento dell’esportazione della democrazia con le armi, un obiettivo che, almeno a livello di propaganda, i repubblicani continuano a perseguire. Ma l’intervista del Segretario generale dell’Onu è stata criticata anzitutto dal governo iracheno. «Sono scioccato e allibito da ciò a cui allude Kofi Annan», ha fatto sapere il consigliere per la sicurezza nazionale irachena, Muaffak al Roubaye.
«Per Kofi Annan non c’è differenza tra le uccisioni di massa eseguita dall’apparato della sicurezza e dall’intelligence di Saddam Hussein, e le attuali uccisioni indiscriminate di civili, civili iracheni fatte dai terroristi di al Qaida in Iraq?» si è domandato al Roubaye. «Sono scioccato e allibito» ha concluso. E se Bush nega che sia in corso una guerra civile, i funzionari americani sul campo, pur senza utilizzare la parola proibita, mostrano tutta la loro preoccupazione. L’ambasciatore statunitense a Baghdad, Zalmay Khalilzad, e il capo delle forze armate Usa in Iraq, George Casey, ieri hanno rivolto un appello agli iracheni a non restare prigionieri di un ciclo di violenze che, altrimenti, «distruggerà voi e il vostro paese». L’esplosione di violenza in corso viene descritta dagli americani come irrazionale, «senza senso», non come il risultato di una lotta per il potere conseguente alla distruzione del regime di Saddam. «Non lasciatevi risucchiare in un ciclo di brutalità senza senso, reagendo agli attacchi», hanno detto i due commentando l’attacco terroristico che nel quartiere di Sadr City giorni fa ha ucciso oltre duecento persone. Anche da un punto di vista militare la situazione per gli Usa continua a essere pessima: una decina i soldati statunitensi uccisi nelle ultime 48 ore, quattro dei quali erano a bordo di un elicottero precipitato in un lago ad Hadita.
Bush ha annunciato per giovedì un incontro con il premier britannico Tony Blair per il fare il punto sulla situazione. E nel tentativo di ridurre la mattanza quotidiana, la Casa Bianca ieri ha ricevuto Abdul Aziz Al-Hakim, capo dello Sciri, il principale partito della coalizione sciita che rappresenta la maggioranza del parlamento di Baghdad. Lo Sciri fu fondato a Tehran durante gli anni della dittatura di Saddam e mantiene con l’Iran legami strettissimi, tanto che i gruppi della guerriglia sunnita nei loro comunicati di rivendicazione parlano di attacchi contro il governo sostenuto dall’Iran, prima che dagli Usa. Al-Hakim ha visto prima il segretario di stato Usa, Condoleezza Rice, e poi lo stesso Bush. Secondo i commentatori americani l’incontro, a cui farà seguito uno analogo con il vice presidente Tariq al-Hashemi (sunnita) segnala un’inversione di tendenza: un coinvolgimento diretto di Washington nella politica irachena, dopo essersi limitata a favorire l’ascesa di un governo amico per poi abbandonare il paese a se stesso.