Iraq ormai fuori controllo

13 autobombe: uccisi 5 marines e 40 agenti L’esclusione dei sunniti infiamma il paese

La formazione di un nuovo governo sciita-curdo, con l’esclusione non solo dei sunniti contrari all’occupazione ma anche dei settori più moderati e disposti ad un’intesa con gli occupanti, ha portato in poche ore ad una delle giornate più devastanti per le forze occupanti e le nuove milizie irachene collaborazioniste: almeno venti attacchi, nella capitale irachena, e nei centri di Madain, Baqouba, Arbil, Taji, Hawijia, Hit hanno provocato la morte di cinque soldati americani e di almeno una quarantina tra agenti e membri delle nuove unità speciali antiguerriglia del ministero degli interni. Mai, dall’inizio dell’occupazione, la resistenza irachena – nella quale è in corso un evidente processo di raccordo e di pianificazione congiunta delle operazioni militari tra le varie anime che la ispirano – era riuscita ad organizzare un così alto numero di attacchi nella capitale, circa tredici, contro le forze di occupazione. Epicentro di questa giornata di guerra il quartiere a maggioranza sunnita di Adhamiya, con la famosa moschea di Abu Hanifa, uno dei centri della resistenza nella capitale, dove il presidente Saddam Hussein, che ieri ha passato il suo secondo compleanno nelle carceri Usa, fece la sua ultima apparizione in pubblico, acclamato dai suoi sostenitori il 9 aprile del 2003: verso le otto del mattino, ad intervalli di circa dieci minuti l’uno dall’altro, ad Adhamiya e nel vicino quartiere di al Silekh, quattro attentatori suicidi si sono fatti saltare in aria contro un convoglio della polizia, alcuni automezzi delle forze speciali del ministero degli interni e lo stesso comando delle forze irachene addestrate dalla Cia, che è stato gravemente danneggiato anche da numerosi colpi di mortaio. Il bilancio delle quattro autobombe e del bombardamento è di almeno venti agenti e militari uccisi e sessanta feriti. Un’altra autobomba è esplosa, verso le dieci del mattino, al passaggio di un altro convoglio della polizia nel quartiere, con una forte presenza cristiana, di Zaiuna, seguita, poco dopo, da un altra esplosione che ha investito gli agenti a poche decine di metri dal primo attentato. Le nuove forze speciali create dal premier uscente Iyad Allawi e dai consiglieri Usa sono state colpite da altre quattro autobombe nella cittadina, a sud di Baghdad, di Madain perdendo almeno tredici militari, e nel centro di Baqouba, a nord est della capitale, dove un furgone bomba è esploso vicino ad un posto di blocco. Nel corso della giornata è riemerso con un messaggio vocale via internet Abu Musab al Zarqawi, che ha messo in guardia gli iracheni dal «non cadere nella trappola» di avviare trattative con gli occupanti. Trattative di cui si è parlato nelle scorse settimane ma che sembrano essersi disciolte come neve al sole in seguito alla formazione del governo «parziale» sunnita-sciita annunciato due giorni fa dal premier designato Ibrahim al Jafaari davanti ad un parlamento dal quale, per protesta, avevano persino deciso di assentarsi ben 90 deputati in gran parte sciiti e curdi. Del resto non sono pochi, anche tra i sostenitori dell’occupazione, coloro che considerano una follia aver dato vita ad un governo dal quale sono stati esclusi tutti i sunniti, persino quella quindicina di deputati moderati e collaborazionisti che si erano detti disposti a prendervi parte. Questi, raggruppatisi nel «Consiglio del dialogo nazionale iracheno» hanno denunciato ieri nel corso di una conferenza stampa la loro esclusione dal governo. Non lo avessero mai fatto. Una banda delle forze speciali del ministero degli interni ha invaso la loro sede, mettendola a soqquadro, e apostrofando i deputati presenti come traditori e terroristi. In serata si è appreso che l’anziano esponente sunnita moderato Adnan al Pachachi, di fronte alla protervia Usa avrebbe deciso di trasferirsi negli Emirati arabi uniti.