Oggi, la durata della guerra in Iraq supererà quella della Seconda Guerra Mondiale, che per l’ America, che vi entrò nel dicembre del ‘ 41, fu di tre anni otto mesi e sette giorni. Il sorpasso scuote il Paese e genera polemiche roventi su guerre giuste e guerre ingiuste. Il Washington Post ne ha preso spunto per far confrontare i due conflitti a vari protagonisti della pagina più gloriosa della Storia americana. Al Los Angeles Times la notizia ha suggerito una provocazione: la proposta di riportare Saddam Hussein al potere. E Zbigniew Brzezinski, l’ ex guru del presidente Carter, vi ha scorto un motivo in più per chiedere il ritiro delle truppe Usa «entro un anno». Stilettate per Bush, che ad Amman mercoledì prossimo incontrerà il premier iracheno Maliki. I tre anni otto mesi e otto giorni della guerra in Iraq sono la metà circa della durata della guerra del Vietnam. Ma la fine sembra lontana. Il New York Times ha svelato, citando un rapporto segreto dell’ amministrazione, che gli insorti si finanziano al ritmo di quasi 200 milioni di dollari l’ anno, e potrebbero continuare a combattere all’ infinito. Le loro fonti: il contrabbando del petrolio, le rapine e i sequestri per cui nazioni come la Francia e l’ Italia avrebbero pagato 36 milioni di dollari. È questa prospettiva a sconvolgere l’ America. «La lezione – secondo il senatore repubblicano Chuk Hagel, eroe della guerra del Vietnam e possibile candidato alla Casa Bianca nel 2008 – è che non si può esportare la democrazia con la forza». Lo storico Howard Zinn, che al tempo pilotò un bombardiere contro i nazisti, condanna «l’ uso del capitale morale accumulato nella seconda guerra mondiale per giustificare le guerre del Vietnam, dell’ Afghanistan e dell’ Iraq». Il senatore democratico Frank Lutenberg, che fece la campagna d’ Europa dal ‘ 42 al ‘ 46, nota che «allora non dubitammo che il presidente Roosevelt dicesse la verità. Oggi siamo divisi e amareggiati per la mendacità e l’ incompetenza dell’ amministrazione». L’ ex senatore repubblicano Robert Dole, ferito in Italia nel ‘ 44, appoggiò inizialmente l’ invasione dell’ Iraq. Ma oggi ci ha ripensato: «La vittoria non è in vista, l’ opposizione alla guerra cresce. Nel secondo conflitto mondiale si sapeva chi fosse il nemico, in Iraq non lo si sa più». Un altro storico, Edward Wood, che partecipò alla liberazione della Francia, ha contestato che l’ Iraq sia da ritenere liberato: «In Francia, salvammo una nazione dalla tirannia. Quella dell’ Iraq è una guerra preventiva destinata al fallimento». Le critiche si estendono alla strategia interna ed economica di Bush. Tom Brokaw, l’ ex anchorman della tv Nbc, autore de La più grande generazione, lamenta che i volontari in Iraq «in maggioranza vengano da famiglie umili, e alle altre famiglie non vengano chiesti sacrifici». E il deputato democratico John Dingel, un altro veterano, depreca che Bush abbia tagliato le imposte aggravando il deficit del bilancio dello Stato: «Nella Seconda Guerra Mondiale – sottolinea – fu patriottico pagare le tasse». Questo coro di lamenti spiega la provocazione del Los Angeles Times: «Lo so che il ritorno di Saddam Hussein al potere è impensabile – spiega l’ editorialista Jonathan Chait -. Ditemi però perché sarebbe una soluzione peggiore delle altre». Secondo Brzezinski, la sola strada è il disimpegno. «Agli occhi del Medio Oriente – ha dichiarato l’ ex consigliere della Casa Bianca – stiamo facendo una guerra coloniale, e più andiamo avanti peggio è. Il disastro sarà minore se ci ritireremo in fretta». Brzezinski ha messo in dubbio che il Gruppo di studio dell’ ex segretario di Stato James Baker possa sciogliere il dilemma di Bush: «Solleciterà negoziati con le potenze regionali, ma sul conflitto procrastinerà». È il parere del New York Times, che proclama che in Iraq «è ormai in corso una guerra civile». Il giornale rileva che essa scemerebbe se si bloccassero i fondi degli insorti, ma che non è possibile. L’ Italia, si ipotizza, avrebbe versato 5 milioni di dollari per la liberazione della Sgrena.