Iraq, «niente elezioni sotto occupazione»

Ogni macchina e minibus che entra nel campus universitario viene setacciata dalla polizia. Un’operazione estenuante, anche se comprensibile. Il campus universitario è enorme: all’interno le facoltà di due università, la Baghdad e quella di al Nahrain, dei due fiumi, com’è stata ribattezzata l’ex Saddam. Gli studenti e le studentesse, numerose, molte velate, tutte con abiti lunghi, cominciano ad affluire a piccoli gruppi. I gruppi islamici stanno esercitando forti pressioni sulle autorità per chiedere la separazione di uomini e donne, anche negli atenei. Ogni istituto ha il proprio servizio di sicurezza, numerosi sono i docenti assassinati o costretti a dimettarsi dalle minacce. Il nostro lasciapassare è l’appuntamento con la professoressa Maha al Latif, docente di scienze politiche alla Nahrain, dove da 17 anni insegna leggi umanitarie. Una specializzazione che sorprende i suoi visitatori, soprattutto gli americani, dice, mentre ci accoglie nel suo studio ben arredato. Sulla porta una bandiera irachena, all’interno una fotografia della Mecca, due immagini che ben rappresentano l’identità della donna, che porta un velo molto ortodosso e fuma una sigaretta dopo l’altra. Maha al Latif è una delle personalità che aderiscono a livello individuale – ma precisa subito «non come donna» – al National foundation congress, una coalizione promossa da Jawad al Khalisi, un leader religioso sciita, con un incontro tra 500 persone – appartenenti a diverse etnie, religioni e categorie – che si è tenuto a Babilonia l’8 maggio scorso. Obiettivo comune l’opposizione all’occupazione, «qualsiasi tipo di occupazione» sottolinea Maha al Latif.

Con quali mezzi?

Tutti quelli previsti dalla legge nazionale, che ci autorizza a combattere contro l’occupazione.

Anche con le armi?

Abbiamo il diritto a combattere con le armi. Anche gli americani hanno il diritto a portare le armi e combattere contro chi occupa la loro terra. Quindi sono d’accordo con i combattenti che lottano contro l’occupazione, sia politicamente che con le armi.

Un sostegno politico o concreto alla resistenza?

Solo politico.

E per quanto riguarda il terrorismo?

Quando gli Stati uniti e la coalizione hanno occupato l’Iraq è stato un atto di terrorismo. Dobbiamo distinguere tra lotta contro l’occupazione e terrorismo, ma il terrorismo in Iraq è portato avanti da molti gruppi, non solo quelli religiosi di al Qaeda, ma anche dalla Cia, dal Mossad, dagli iraniani, etc. L’Iraq è diventato il terreno su cui si esercita il terrorismo. Di chi è la responsabilità? Dell’occupazione.

La coalizione che avete costituito tra partiti e gruppi diversi tra di loro è solo contro l’occupazione o prefigurate anche un progetto per il futuro dell’Iraq?

Ora lavoriamo contro l’occupazione che non è solo militare ma che riguarda anche la nostra mentalità, la nostra società. Siamo per la democrazia contro la dittatura, chiediamo di assicurare elezioni che possano essere l’espressione del popolo. Solo gli iracheni devono poter decidere il governo del futuro.

Gliel’ho chiesto perché nel National foundation congress ci sono gruppi religiosi molto conservatori che vogliono una repubblica islamica e nella vostra piattaforma si indica la sharia come fonte principale della legge.

Sarà il popolo a scegliere. Vogliamo una vera democrazia, non quella rappresentata dalla Coalizione. Vogliamo un Iraq unito all’interno della nazione araba, democratico e basato sulla nostra identità, islamica.

Lei pensa che si possano tenere elezioni in gennaio, come ha ribadito il premier Allawi?

Queste affermazioni sono dirette non agli iracheni ma all’elettorato americano, in vista delle elezioni Bush deve vantare i suoi successi in Iraq e dimostrare di avere il controllo del paese. Ma dopo le elezioni americane la situazione peggiorerà ulteriormente e probabilmente le elezioni irachene saranno rinviate. E se si terranno non saranno elezioni oneste, perché Bremer, con le leggi varate prima della sua partenza, ha già stabilito chi deve governare l’Iraq, saranno quelli che chiederanno agli Usa di restare. Vogliamo elezioni ma sotto la supervisione delle Nazioni unite, della Lega araba e dell’Organizzazione della conferenza islamica, aperte a tutte gli iracheni. Io chiedo anche urne trasparenti.

Ma è possibile tenere elezioni libere sotto occupazione?

No, non è possibile. E anche chiedere elezioni libere è pericoloso: il professor Abdel Latif al Maiar, docente di scienze politiche, è stato assassinato due giorni dopo aver rilasciato una intervista ad al Jazeera in cui chiedeva elezioni sotto la supervisione delle Nazioni unite. E’ una cospirazione contro l’Iraq e l’Italia ne fa parte.

Molti sono i professori minacciati, assassinati e costretti a fuggire…

Io ho una lista di 700 professori costretti a fuggire dall’Iraq sotto la minaccia di lettere minatorie.

Lei ne ha ricevute?

No, i più bersagliati sono i docenti di medicina, fisica, chimica, mentre scienze politiche è un po’ più al riparo, anche se tutti noi invece subiamo gli attacchi degli studenti. Il sistema educativo ai livelli superiori è molto peggiorato, prima c’era una dittatura ma i professori erano rispettati.

Quindi per lei, complessivamente, se fa un bilancio, pensa che, tutto sommato, fosse meglio prima di adesso?

Ci pensa un momento, sembra soppesare le parole, poi risponde: «Sì, era meglio prima».