«Bisognerà pure che qualcuno porti il messaggio a quest’uomo», dice di George Bush il democratico del Nevada Harry Reid che si appresta a diventare il leader della maggioranza al Senato. Ed è come se dicesse: «Perfino uno come me, noto per la mitezza e il linguaggio sempre misurato, è ormai molto vicino a perdere la pazienza». Pazienza che il pubblico ha già perso da un pezzo regalando a Bush un nuovo minimo storico nei sondaggi, dove il consenso per lui è arrivato agli «enti» (esattamente il 27 per cento), così come l’ha perduta l’altro personaggio di questa vicenda, l’ex segretario di Stato James Baker, che di fronte al no di Bush alle due cose più essenziali contenute nel rapporto sull’Iraq da lui messo a punto assieme al democratico Lee Hamilton – il ritiro graduale delle truppe combattenti e l’abbandono dei pregiudizi che impediscono di parlare direttamente con Siria e Iraq – è sbottato: «Le 79 raccomandazioni da noi formulate non sono una macedonia in cui sceglie una cosa sì e una no, sono una proposta organica in cui ogni punto è collegato all’altro e che ha senso solo se viene adottata così com’è». La controrisposta della Casa Bianca – attraverso la gentile voce di Dana Perino, uno dei portavoce di Bush – ha proseguito sul mangereccio dicendo che il presidente quell’insalata «la digerirà e si prenderà il tempo necessario per stabilire il modo in cui intende andare avanti sulla questione irachena».
Il tempo di cui parla la signora Perino dovrebbe abbracciare l’intera prossima settimana, quando sul tavolo di Bush arriveranno gli altri rapporti che sta aspettando: quello del Pentagono, quello del dipartimento di Stato e quello del Consiglio per la sicurezza nazionale, che gli saranno consegnati in una serie di incontri già fissati. L’immagine che la Casa bianca intende proiettare è quella di un «comandante in capo» che attingendo alla propria saggezza produce una sintesi dei numerosi e probabilmente contrastanti suggerimenti che le varie entità gli sottopongono, ma il sospetto che si sta diffondendo è che Bush voglia usare la prossima settimana più per cercare argomenti con cui respingere il rapporto Baker-Hamilton che per trovare una soluzione a quella che a lui stesso capita di definire «una situazione davvero brutta», salvo poi dire tutto il contrario due minuti dopo. Gli elementi che alimentano il sospetto che Bush stia cercando solo dei cambiamenti cosmetici viene dal fatto che una cosa è il gruppo di studio sull’Iraq guidato da Baker e Hamilton (indipendente, voluto dal Congresso e rigorosamente bipartisan: cinque democratici, cinque repubblicani e consulenti chiamati per il loro expertise e non per le convinzioni politiche) e una cosa del tutto diversa sono i generali in carica, gli uomini del dipartimento di Stato e quelli del Consiglio per la sicurezza nazionale, che invece sono tutti dipendenti di Bush. Dopotutto è questa la ragione per cui il rapporto Baker-Hamilton era attesissimo e quelli che stanno per arrivare non li considera nessuno.
Ma come se ciò non bastasse, alcune fonti dicono che Bush inviterà a quegli incontri anche degli esperti «esterni», e c’è chi si aspetta una calata di quei neo-con che ancora non lo hanno abbandonato contestando non l’idea «giustissima» di andare in Iraq ma il modo in cui stata realizzata. E a proposito di realizzazione, ieri si è fatto sentire perfino Donald Rumsfeld, che si è presentato al Pentagono per salutare gli impiegati e nel discorsetto che ha tenuto loro ha trovato il modo di ammonire contro un ritiro precipitoso dall’Iraq, che sarebbe «un terribile errore». Chi invece non si sente da un pezzo è Condoleezza Rice, sebbene alcuni commenti di stampa la vogliano furiosamente in guerra proprio contro James Baker. Non tanto per il suo lavoro sull’Iraq ma per la sua attività dei mesi scorsi. Pare infatti che – lontano dall’attenzione del grande pubblico – l’ex sgretario di Stato abbia passato molto tempo nel giro delle conferenze, spiegando – ogni volta che Condoleezza faceva un viaggio, pronunciva un discorso o annunciava un’iniziativa – che lui avrebbe fatto tutto il contrario. Fra i due insomma sarebbe in corso una lotta sorda, che – visto il sodalizio antico e solidissimo fra Baker e George Bush padre – viene vista come una proiezione di quella in corso fra il presidente attuale e il suo papà. Ci mancava solo, in questa orrenda avventura chiamata Iraq, una specie di Edipo per interposta persona.