«Non c’è nessuna posizione eterogenea del centosinistra: siamo stati contrari alla missione sin dall’inizio, rimaniamo contrari e quindi voteremo contro il rifinanziamento». Sbrigativo, Piero Fassino cerca di liquidare così la divisione che guizza sotto pelle nel centrosinistra. In parte il segretario della Quercia ha ragione. L’Unione voterà compatta contro il rifinanziamento. Nessuno in questo momento ha interesse a portare le differenze alle estreme conseguenze, tranne forse i partiti minori dell’ala sinistra che, al contrario, hanno tutto da guadagnare mettendo in evidenza la loro drasticità. Ma questo è un gioco delle parti. Il Pdci presenterà la sua mozione sul ritiro delle truppe. Il grosso dell’Unione farà il possibile per evitare che venga messa ai voti e, qualora questa via d’uscita si rivelasse impraticabile, cercherà e troverà una via d’uscita quanto più possibile unitaria.
Il problema è che la compattezza del centrosinistra è permessa e garantita solo dal suo essere forza d’opposizione: Se l’Unione si trovasse al governo, la situazione sarebbe infinitamente più delicata. Lo dimostra con massima evidenza la Margherita. Da 48 ore il partito di Rutelli, per bocca del suo stesso leader e di Fioroni, ripete che «l’Unione deve dire no al rifinanziamento, il che però non significa ritirare subito le truppe perché, con un governo iracheno che chiede aiuto, questo sarebbe un atto irresponsabile». E’ la linea espressa a caldo, la sera stessa degli attentati di Londra, da Francesco Rutelli dagli studi di Porta a Porta: «Le nostre posizioni devono prefigurare quelle che prenderemo tra qualche mese se ci troveremo al governo. Dunque dobbiamo chiedere un ritiro graduale».
Sono termini e toni diversi da quelli usati dalla Quercia, ma la differenza riguarda solo l’opportunità di mettere in piazza subito, prima delle elezioni, il proprio punto di vista. Nel merito, la valutazione dei Ds coincide perfettamente con quella di Rutelli: il ritiro immediato è fuori discussione. Ma se la Margherita, ansiosa di accaparrarsi l’appoggio delle aree più moderate dell’elettorato di centrosinistra, ha tutto l’interesse svelare in anticipo la propria linea di condotta, i Ds, che devono fare i conti con tutt’altro tipo di elettorato, preferiscono di gran lunga rinviare il dibattito a data da destinarsi e trincerarsi per ora dietro l’unità sul no al rifinanziamento.
L’ala sinistra dell’Unione presenta un problema speculare. Rifondazione, certa di superare nelle prossime elezioni il tetto del 4% nel proporzionale, preferisce evitare conflitti troppo espliciti nella coalizione e dunque, pur confermandosi favorevole al ritiro immediato, non pensa neppure a presentare una mozione che porterebbe solo alla luce le lacerazioni nel centrosinistra senza alcun vantaggio per il partito di Bertinotti. Le formazioni piùpiccole, certamente il Pdci ma forse anche i Verdi, quelle impegnate in una lotta per la sopravvivenza, possono al contrario trarre solo vantaggi dall’assumere subito una posizione decisa e priva di ambiguità.
Le divisioni mascherate oggi verranno certamente alla luce dopo le elezioni, se l’Unione si ritroverà al governo. Rischiano però di emergere anche prima. In parte la minaccia, per l’immagine falsamente unitaria dell’Unione, arriva dalla stessa base dell’opposizione. I Cobas, tanto per fare un esempio, non apprezzano affatto la linea dei Ds (e del Prc) che traccia una linea di demarcazione tra guerra e terrorismo. Chiedono di manifestare di fronte al parlamento nel giorno del voto sul rifinanziamento, e non si tratterebbe certo di una manifestazione a favore del «ritiro graduale». Ma il pericolo più insidioso potrebbe arrivare proprio dal governo. L’annuncio del ritiro in settembre dei primi soldati italiani non è stato preso troppo sul serio dall’opposizione, anche perché il premier ha abituato tutti ai suoi frequenti myutamenti d’opinione. Ma qualora il governo avesse il coraggio di presentarsi alle camere e dire chiaramente che il richiamo in patria di 300 soldati a settembre corrisponde proprio a quel ritiro graduale sul quale puntano sia la Margheirta (ufficialmente) che i Ds (ufficiosamente), per l’opposizione diventerebbe molto difficile evitare una spaccatura clamorosa.