Iraq, kamikaze contro il vicepremier

Un attentatore suicida con indosso un corpetto esplosivo è entrato ieri pomeriggio nella residenza di Baghdad del vice primo ministro iracheno e si è fatto esplodere mentre Salam Zubai stava uscendo dalla piccola moschea interna al compound, ferendolo gravemente.
Secondo quanto riferito dalla televisione Al Iraqiya, l’attentatore sarebbe una delle guardie del corpo dell’uomo politico, il che spiegherebbe come sia riuscito ad aggirare i controlli di sicurezza all’ingresso della casa. Subito dopo l’attacco, all’esterno dell’appartamento è esplosa un’auto, che potrebbe essere stata parcheggiata lì dall’attentatore che, in quanto guardia del corpo, non sarebbe stato sottoposto al divieto di circolazione nei venerdì, istituito proprio per evitare attentati nel giorno in cui le moschee sono più affollate. Almeno nove i morti, tra cui l’imam che guidava la preghiera del venerdì. Zubai se l’è cavata con ferite serie, ma non sarebbe in pericolo di vita.
«È ferito ma non è in gravi condizioni», ha dichiarato all’agenzia Reuters il premier Nuri al-Maliki, che in serata ha visitato il suo vice nell’ospedale militare americano all’interno della Zona verde, dove resta ricoverato dopo essere stato operato. L’attacco, arrivato il giorno dopo che colpi di mortaio erano stati sparati contro la Zona verde nel giorno della visita del segretario generale delle Nazioni unite, Ban Kimoon, è stato rivendicato con due messaggi su altrettanti siti islamisti dallo Stato islamico in Iraq, la «filiale» di Al Qaeda im Mesopotamia. Leader del Fronte per l’accordo nazionale, il piccolo blocco di partiti sunniti che, dopo aver boicottato il governo provvisorio, ha scelto di partecipare alla competizione elettorale e d’entrare nel governo d’unità nazionale dominato dall’Alleanza sciita e dai suoi partiti filo-iraniani, il vice premier era, proprio per la sua scelta politica, un obiettivo privilegiato della guerriglia. Non solo, ma mentre una parte del suo clan d’appartenenza milita nel partito al governo e appoggia il premier sciita Al Maliki, l’altra sosterrebbe apertamente l’organizzazione che s’ispira a Osama bin Laden.
La guerriglia, una galassia fatta di ex membri del partito Ba’ath, jihadisti sunniti e radicali sciiti – senza una direzione comune e nonostante i tentativi statunitensi di stringere patti di non aggressione con alcune fazioni – continua ad opporsi a ogni ipotesi di compromesso con gli occupanti. Ciò che stupisce maggiormente è la facilità con cui riesce a portare a termine le sue azioni. E i gruppi islamisti radicali rivendicano le proprie azioni su internet, utilizzando come mezzo di propaganda le immagini dei blindati statunitensi distrutti dalle bombe artigianali (Ied). Soltanto ieri Madina al Munawara ha messo sul web un video che mostra i suoi campi d’addestramento a Falluja, Ansar al Sunna una rivendicazione d’un attacco contro forze americane e irachene nella capitale, lo Stato islamico in Iraq operazioni a Baghdad, Mosul e Diyala.
Sono mesi che gli statunitensi provano a isolare questi gruppi jihadisti dal resto della guerriglia, anche quella sunnita più radicale che non si riconosce però nell’internazionalismo quaedista. Ma ieri per la strategia degli occupanti, dalla provincia nord-occidentale di al Anbar, storica roccaforte della resistenza, è arrivata una doccia gelata. La maggior parte dei gruppi sunniti avrebbe infatti respinto la proposta statunitense di un’alleanza per fare fronte comune contro Al Qaeda nella regione che – assieme alla capitale Baghdad – ha prodotto il maggior numero di caduti statunitensi (3.233 dall’inizio del conflitto). Lo sceicco Majeed al Gaood – a capo del potente clan dei Dulaimi, ha dichiarato che «mettendo i gruppi che combattono l’occupazione l’uno contro l’altro, loro (l’esercito Usa) credono di poter controllare al Anbar, ma qui c’è ancora una rivolta completa contro gli americani e i loro agenti, perché la gente sa che l’occupazione colpisce tutti». Al Gaood, che ha parlato di «espellere gli occupanti come obiettivo comune con i mujaheddin, intervistato dall’agenzia Reuters, ha voluto così smentire le dichiarazioni dell’esercito iracheno, che l’altro ieri aveva fatto sapere di aver raggiunto accordi con parte della guerriglia per cacciare Al Qaeda da Al Anbar.