Iraq, i miliziani occupano Ramadi

Proprio all’indomani del roboante discorso di George Bush sulla sua “strategia di vittoria” in Iraq, la resistenza irachena ha risposto con un massiccio attacco alla città di Ramadi, capoluogo della provincia di Anbar nel “triangolo sunnita”, prendendo di fatto il controllo dell’abitato e assediando la locale base militare Usa; nello stesso giorno, altri due militari americani sono morti in seguito ad azioni di guerra a Falluja, sempre nel “triangolo sunnita”, e nella base di Baiji, a nord di Baghdad, portando così il totale delle perdite Usa ad almeno 2.108 morti e qualcosa come 30mila feriti. Per lo “stratega” della Casa Bianca un bello schiaffo e al tempo stesso una sonora smentita inflitta sul campo, per di più ad appena due settimane da quelle elezioni parlamentari su cui la strategia americana non tanto “di vittoria” quanto di “uscita dall’Iraq” punta il grosso delle sue carte. Da quando insomma proclamò maldestramente, il 1°maggio 2003, di avere «compiuto la missione», con la ormai famosa sceneggiata a bordo di una portaerei, il presidente Bush incassa in Iraq una delusione dopo l’altra. L’assalto alla città di Ramadi è scattato ieri all’alba, preceduto da un
intenso bombardamento con mortai e razzi sulla base americana e sulla sede del governatorato provinciale.
Centinaia di guerriglieri (almeno quattrocento, secondo fonti locali) sono dilagati nell’abitato, hanno circondato la base americana e gli edifici governativi, hanno presidiato le principali strade strategiche solitamente occupate dagli americani, hanno istituito posti di blocco all’entrata e all’uscita della città. I filmati trasmessi dai telegiornali hanno mostrato immagini per così dire “alla libanese”,
analoghe cioè a quelle cui ci aveva abituato la guerra di Beirut: miliziani e guerriglieri armati di Kalashnikov e di lanciarazzi Hpg e con il volto nascosto dalla “kefiya” appostarsi agli angoli delle strade correre allo scoperto sparando raffiche e occupando una posizione dopo l’altra. Almeno per molte ore non c’è stata una visibile reazione da parte dei reparti americani o di quelli dell’esercito iracheno da loro addestrato e che pure ha una base a Ramadi.
Sulla identità degli attaccanti non ci sono informazioni ufficiali e certe, almeno fino a questo momento. Le agenzie di stampa, citando fonti locali di Ramadi, parlano di miliziani dell’organizzazione di Abu Musab al Zarqawi, il responsabile di Al Qaeda in Iraq, che avrebbe fatto distribuire volantini intestati appunto alla “Organizzazione per la Jihad nella terra dei due fiumi”, come si autodefinisce
appunto il suo gruppo; ma ci sono non pochi dubbi in proposito, data l’ampiezza dell’azione e il suo carattere prettamente “militare” e non terroristico. Sembra dunque più probabile, tanto più trattandosi del “triangolo sunnita”, che si tratti di uomini della resistenza nazionale, ai quali non è affatto escluso che possano essersi affiancati anche miliziani di Al Zarqwi.
E’ comunque una delle azioni di combattimento di più ampio respiro compiute dai guerriglieri che lottano contro le forze di occupazione e certamente la più importante da diversi mesi a questa parte; il che costituisce un evidente motivo di riflessione,
confermando da un lato che le “nuove” forze irachene non sono affatto capaci – come sostiene Bush – di controllare il territorio e dall’altro che le ripetute offensive delle truppe Usa – come quella recente lungo il confine siriano con il consueto tributo di vittime
civili – non sono in grado di neutralizzare la resistenza.
In questo quadro l’occupazione di Ramadi assume chiaramente il carattere di un’azione dimostrativa. Forse questo spiega la mancanza di reazione degli americani, il cui comando ha cercato di sminuire l’accaduto parlando solo di “sporadici scontri”.
In serata secondo la Tv “Al Arabiva” i guerriglieri si sarebbero ritirati, mentre secondo la Reuters avrebbero mantenuto il controllo di alcune zone. Sullo sfondo degli eventi di Ramadi c’è intanto da segnalare l’ennesimo scandalo che coinvolge le forze americane. Il “Los Angeles Times” ha infatti rivelato che il comando Usa in Iraq ha pagato giornali iracheni perché pubblicassero dozzine di articoli pro-americani scritti da una apposita taskforce militare. La Casa Bianca, in palese imbarazzo, ha fatto dire al suo portavoce
che «siamo molto preoccupati da questa notizia e stiamo chiedendo informazioni al Pentagono»; il senatore John Kerry, antagonista democratico di Bush nelle presidenziali, ha detto che pagare i giornali perché scrivano storie addomesticate «mina la credibilità degli Stati Uniti». Il “Los Angeles Times” ha ottenuto l’informazione da ufficiali americani che hanno chiesto l’anonimato e da dipendenti dei giornali iracheni.