Vincenzo Miele, 41 anni, da venti operaio a Mirafiori, è un ibrido. Uno di quella nuova generazione di lavoratori che mescola appartenenze politiche e sindacali rompendo tabù granitici. E non è l’unico. Lui, elettore di Rifondazione comunista, da poco più di un anno è un rappresentante sindacale in fabbrica dell’Ugl, sigla vicina ad Alleanza nazionale. Una contraddizione. Un’eresia, quasi. Eppure ci spiega che la scelta non l’ha fatta da solo, che sono in molti ormai a non rispettare più l’ortodossia tessera-iscrizione, partito-sindacato. «Vengo dalla Uilm, con me altri funzionari hanno scelto di cambiare e andare all’Ugl nonostante le simpatie peri il Prc».
Uno strabismo che impressiona e che spiega così. «C’è una grande insoddisfazione, che cova da molto. Credo che i lavoratori non abbiano ancora perdonato ai tre confederali la Finanziaria dello scorso anno. È stata pesantissima per noi, eppure, è passata senza scendere in piazza. Ormai qui, in Mirafiori, alle assemblee non la passano liscia perché agli operai non gli si possono più raccontare favole».
È la logica dei Governi amici o nemici che non va giù a Vincenzo Miele e, a quanto pare, a molti. «Da quando c’è il Governo di sinistra i confederali si sono arenati. Si sono appiattiti. E i Cobas stanno riprendendo terreno». E la Fiom? I metalmeccanici della Cgil non sono affatto appiattiti, perché non andare con loro? «Volevo fare attività sindacale in libertà. Ero rimasto colpito dall’Ugl perché aveva scioperato anche contro il Governo amico di Berlusconi. Poi ho conosciuto i dirigenti locali e mi hanno dato la possibilità di lavorare come voglio. Né mi hanno chiesto: ora che sei con noi passi a destra».
Adesso c’è il test referendum. L’Ugl non è coinvolta ma ha sottoscritto l’intesa. Rifondazione invece la contesta. E lui, diviso tra partito e sindacato, con chi si schiera? «Voterò sì. Ma è un sì combattuto come lo saranno molti qui in fabbrica. Non ci piace il tetto degli usuranti 5mila, ndr) perché sappiamo che è stato scelto con una logica di calcolo finanziario senza tenere conto della realtà operaia. E poi sul precariato io dico che è assurdo che un giovane non sappia quando smetterà di essere precario». Anche lui azzarda una previsione. Dice che i «sì a livello nazionale sono una “cosa fatta”» ma che nelle fabbriche sarà più controverso l’esito e potrebbe arrivare la “sfiducia” al sindacato. Alimentata da Rifondazione. «Il Prc fa bene a spingere per ottenere quelle cose che non ha portato a casa. Ricordiamoci che hanno fatto campagna elettorale sull’abolizione della legge 30 che non è arrivata. E questi, poi, sono prezzi che si pagano».