Khiam, il villaggio in cui sono nato e dove lavoro per una Ong di nome Amel, è a poche decine di chilometri dal confine con Israele. Sono scappato da Khiam la notte tra sabato e domenica, dopo che i raid aerei dell’aviazione israeliana hanno colpito più volte, distruggendo molti edifici. Ho lasciato il sud del Libano in macchina, assieme a mio fratello e sua moglie, prossima a partorire. Come noi, la maggior parte della gente dei villaggi del sud è fuggita terrorizzata, senza il tempo di prendere con sè le proprie cose. Abbiamo chiuso le case, soltanto i vestiti che indossavamo e pochi soldi in tasca. Si è trattato di un esodo di massa. Nessuno si è chiesto dove si potesse andare e cosa sarebbe successo dopo, mentre i jet continuavano a martellare attorno a noi.
Tra la popolazione nessuno era preparato a fare fronte agli avvenimenti, e credo che nemmeno Hezbollah avesse previsto una reazione così furiosa da parte dell’esercito israeliano. Nessun piano di evacuazione era stato approntato, e in tutto il Libano del sud non c’è nessun rifugio per proteggersi dalle bombe che piovono sui civili.
Non ci sono numeri certi sul disastro umanitario in corso in Libano. Ma posso affermare con sicurezza che, del mezzo milione di persone che vivevano nel sud del paese, la maggior parte sia in questo momento sfollata, in fuga verso Beirut, verso la Siria. O che stia semplicemente cercando di scappare dalle bombe, senza un’idea precisa di dove andare.
Molte strade sono impercorribili, i ponti distrutti. Molte persone hanno abbandonato le auto all’inizio dei ponti che portano dal sud del Libano verso Beirut e proseguito a piedi. Colonne di civili hanno iniziato a muoversi disperatamente nelle campagne. Molti, come me e la mia famiglia, vista l’impossibilità di proseguire verso Beirut, si sono diretti verso la valle della Beka’a. Al momento mi trovo a Zahle, a sud di Baalbek. Qui la situazione umanitaria è disperata. In quest’area, credo ci siano almeno centomila sfollati. Abbiamo bisogno di tutto. Medicine, tende, cibo. Persino di pane. Infatti è ormai difficilissimo trovare qualsiasi genere alimentare. I suq che ancora hanno qualcosa hanno quadruplicato i prezzi. Chi cerca di muovere dei camion per portare aiuti, vede spesso i propri veicoli bombardati. Gli israeliani stanno infatti colpendo ogni automezzo in movimento, con la scusa che potrebbe rifornire di armi Hezbollah.
Stamane (ieri ndr) siamo stati svegliati alle 7.20 da un attacco che ha distrutto, senza ragione, una fattoria a poche centinaia di metri da noi. Dopo questa incursione, abbiamo vissuto una giornata di calma relativa. I jet continuano a passare sopra le nostre teste, ma stanno bombardando più a nord.
Il problema per i civili continua a essere quello di non capire cosa sia meglio fare per mettersi in salvo. Non si sa se scappare, esponendosi ai raid contro le colonne di persone sulle strade, o se rimanere nascosti ai piani terra delle case ancora in piedi, a rischio di morire in gabbia come topi.
(Testo raccolto da Emilio Manfredi)