Io dico: l’Europa dovrebbe rompere con Gerusalemme

E’ tempo di dire con nettezza al governo israeliano che non può impunemente restare al di fuori di ogni legalità internazionale ma soprattutto al di fuori di ogni moralità. Oggi alla manifestazione contro la guerra lo diranno anche i soldati israeliani che insieme a ex prigionieri palestinesi hanno formato il gruppo “combattenti per la pace”: si rifiutano di uccidere e di essere uccisi, riconoscono a ciascuno/a il diritto alla dignità, alla libertà e ad uno Stato.
L’Europa dovrebbe avere il coraggio di sospendere le relazioni diplomatiche ed economiche con Israele. Invece di ritirare diplomatici e personale dai territori occupati, dovrebbe imporre ad Israele di smettere con le aggressioni di ogni tipo, da quelle politiche a quelle militari, e restituire all’autorità palestinese l’ammontare dei dazi doganali che invece trattiene come rappresaglia per la vittoria di Hamas alle elezioni. Ma non lo farà, né prima, né dopo le elezioni israeliane.

L’assalto al carcere di Gerico da parte dell’esercito israeliano è uno scandalo. Israele in modo cinico continua a far uso della forza per entrare nei Territori palestinesi, per uccidere, sequestrare e violare ogni tipo di legalità. Questa volta l’esercito israeliano non ha avuto neanche la scusa di rispondere ad un attentato. Quello che emerge dall’atteggiamento di Israele è soltanto una spietata e crudele logica di vendetta e di dominio coloniale dei più crudeli. Le scene del bulldozer e dei carri armati che assediano e distruggono la prigione, insieme a quelle dei giovani palestinesi costretti a denudarsi e poi con gli occhi bendati e le mani legate dietro la schiene portati sui camion, ricordano altre scene terribili della nostra memoria.

E al solito la comunità internazionale non è esente da responsabilità, in primo luogo statunitensi e britannici. La decisione di andarsene dal carcere di Gerico è una grave violazione degli impegni assunti e ricorda il ruolo di Sharon nel massacro di Sabra e Chatila: abbandonare il campo ai massacratori. Gli accordi del 2002 assegnavano, infatti, il controllo di Ahmed Saadat, leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) e di altri miliziani condannati per l’uccisione del ministro israeliano dei coloni, Rehavam Ze’evi, nel 2001, a guardie internazionali.

Abbandonare il controllo della prigione di Gerico segnalandolo al ministro della Difesa israeliana, anche se atto dovuto secondo l’accordo, è stato un gesto sconsiderato. Nella settimana precedente Mahomoud Abbas aveva ribadito che Ahmed Saadat non sarebbe stato liberato ed aveva provocatoriamente detto al Fronte popolare, che ne richiedeva la liberazione, che per la sua sicurezza, Saadat stava meglio nella prigione di Gerico, visto che certamente, se libero, Israele avrebbe proceduto all’uccisione mirata.

Una mancata assunzione di responsabilità che rischia di far diventare la Palestina come l’Iraq, che accresce e fomenta la spirale di violenza nella regione. Lo si vede dai riprovevoli rapimenti degli stranieri finora conclusi senza morti. Ma fino a quando?
Il sequestro dei prigionieri e l’assalto alla prigione è un altro tremendo colpo alla credibilità di Mahmoud Abbas che si trovava in viaggio in Europa ed avrebbe dovuto parlare nella plenaria del Parlamento europeo. Il suo viaggio è stato interrotto, è tornato immediatamente a Ramallah dove lo attendono giorni molto difficili, tra l’altro alcuni dirigenti di Fatah chiedono lo scioglimento dell’autorità palestinese dichiarandone il fallimento e il ritorno all’Olp, pensano in questo modo di far assumere alla comunità internazionale la gestione di una situazione di occupazione e di impedire la formazione al governo di Hamas.

Nel frattempo gli israeliani si complimentano per l’operazione “pulita”, questa volta non hanno ucciso tanti bambini e civili, solo tre poliziotti palestinesi ed hanno realizzato per il partito Kadima un colpo straordinario in vista delle elezioni. Olmert può così dimostrare agli estremisti di Nethaniayu e ai coloni che, pur non essendo generale, sa usare il pugno di ferro.

Non è però solo l’uso dei tanks o dei bombardamenti a segnare la politica di Olmert. Il muro cresce a ritmi impressionanti, annettendo sempre più territorio palestinese, definendo i confini e il consolidamento della politica di apartheid, crescono i coloni nella West Bank ed è senza sosta la soppressione di ogni attività politica dei palestinesi a Gerusalemme est, dove due giorni fa la polizia ha fatto irruzione e arrestato, all’Ambassador Hotel, attivisti e parlamentari riuniti per discutere del dopo elezioni e dello status della città di Gerusalemme.

Intanto la popolazione palestinese, per la festa ebraica del Purim e per il blitz israeliano a Gerico, è rinchiusa dai check point militari dentro città e villaggi. Non possono muoversi e cresce la loro rabbia e la loro umiliazione. Il quartetto si è riunito, forse chiederà moderazione all’autorità palestinese e israeliana tanto per essere non di parte e così ancora una volta la comunità Internazionale si metterà dalla parte della guerra e della violenza.

Mi auguro che oggi, a tre anni dalla guerra di occupazione irachena e dal perdurare dell’occupazione militare in Palestina, in piazza a Roma si sappia mostrare che chi vuole la pace e la giustizia agisce la pace, la giustizia e la non violenza.