“Io cassintegrato, lei a tempo due generazioni in bilico”

«Il sogno di mia figlia? Studiare economia e diventare commercialista. Ma costa troppo, non possiamo permettercelo. A modo nostro siamo tutti e due precari». Massimo Russo, 49 anni, è un cassaintegrato Bertone, storica carrozzeria torinese da anni in crisi. La figlia Erica, 18 anni, ha un contratto a tempo determinato in un call center. «Guadagna intorno ai 400 euro, un po´ meno di me che negli ultimi quattro anni ho lavorato solo quattro mesi – racconta Massimo – per iscriversi all´Università comunque i soldi non bastano proprio. Certo, è un peccato. Erica era brava a scuola, è uscita dalle superiori con un voto alto, vicino al cento». Il padre, divorziato, le passa circa 200 euro al mese. «A me ne rimangono 500 – aggiunge – per fortuna sto a casa della mia compagna, cassaintegrata anche lei, altrimenti sarei finito a vivere in macchina». Poi qualche aiuto si trova in giro. Parenti, amici, magari in cambio di qualche lavoretto. «Dovrebbero provare tutti l´emozione di lavorare con 500 euro al mese».
La figlia non tocca mai l´argomento Università, non tocca mai l´argomento lavoro. Preferisce parlare di altro. «Credo che abbia paura di ferirmi, ed io evito di prendere il discorso. Si tratta di un tacito accordo, di rispetto reciproco», racconta Massimo, seduto in uno degli scompartimenti del treno straordinario Torino-Roma per la manifestazione contro il precariato. Convoglio strapieno, oltre mille persone, tanto che la Fiom ha dovuto prendere all´ultimo altre sette carrozze per far partire cinquecento persone. Molti giovani, tanti padri e madri preoccupati per il futuro dei loro figli. Proprio come Massimo. «Erica non è potuta venire – dice il padre – questione di lavoro, questione di impegni. Ma credo di poterla rappresentare degnamente». Sorride in modo amaro: «Avrò anche un contratto a tempo indeterminato, ma con quello che prendo, senza tredicesima, si fa poca strada. Nemmeno in due riusciremo a fare un buon stipendio».
È molto orgoglioso di sua figlia: «Determinata, ambiziosa, non si scoraggia. Si è trovata questo posto al call center, sa che non andrà oltre qualche mese, ma non le interessa. L´importante è che venga pagata. Poi la roulette gira di nuovo». Quando il padre era entrato alla Bertone la situazione era diversa: «Si andava in fabbrica e si pensava di starci per tutta la vita. Ma già con me la cosa non ha funzionato». A 49 anni Massimo cerca di coprire i buchi: «Non è solo una questione di soldi, ma di tempo. Al mattino prendo il giornale, il più economico, vedo il televideo, caffè e sigaretta e poi non so che fare. Non ho mai frequentato i bar, così vado in biblioteca». Vede poco gli amici perché costa troppo e preferisce stare con Erica. «Entrambi ci aspettavamo molto da questo governo. È il nostro governo – dice Massimo – l´abbiamo voluto, ma non ha ancora fatto nulla sulle pensioni, sullo scalone e nemmeno sui precari, su cui ha battuto tanto prima del voto. Io vado a manifestare per Prodi e non contro. Spero che servirà a qualche cosa, spero che non dovrò tornare a Roma contro, questa volta insieme a Erica».