Intervista a Maryse Dumas, numero 2 della Cgt

Il sindacato francese: guerra a De Villepin

«Il ricorso ad una manovra così impopolare è un chiaro segno di debolezza del governo». Con queste parole la numero due del sindacato francese Cgt, Maryse Dumas, giudica il decreto di legge in materia di diritto del lavoro approvato in tempi record da Dominique de Villepin.
Il Cne (nuovo contratto di assunzione) annunciato dal primo ministro francese risveglia i vacanzieri e divide il Paese. Alla vigilia dalla sua entrata in vigore, insorgono i sindacati mentre il Medef (Confindustria francese) esulta per la riuscita del primo passo verso un progetto che coltivava da almeno un decennio. I sindacati hanno lanciato un appello per una manifestazione nazionale che dovrebbe svolgersi ai primi di settembre: «anche le piccole imprese dovrebbero poter avvalersi dei contratti nazionali frutto delle negoziazioni con i sindacati. Contrastiamo il ricorso selvaggio ai contratti a tempo determinato che questo decreto vuole liberalizzare» continua Dumas.

Ma le reazioni di sindacati e partiti di opposizione sono arrivate con un colpevole ritardo: «L’annuncio della riforma dei contratti di lavoro è stata fatta i primi giorni di giugno e allora i sindacati confederali avrebbero immediatamente dovuto reagire – attacca Etienne Deschamps, un anziano militante della Cnt, il sindacato francese di base – I sindacati in Francia stanno vivendo un periodo difficile. La loro legittimità è in crisi. Hanno meno credito che in Italia, come si è per esempio potuto vedere nelle mobilitazioni contro il governo Berlusconi». Un ritardo riconosciuto anche da Maryse Dumas nella intervista che ha rilasciato a Liberazione.

Il provvedimento del Governo è stato una sorpresa?

Si e no. Si tratta di un decreto che si inserisce in un piano d’urgenza preso, in maniera strategica, nel periodo estivo, senza la consultazione del parlamento e non negoziato con le organizzazioni sindacali. Ma il primo ministro de Villepin aveva annunciato, all’indomani della sua nomina, le sue intenzioni in materia di diritto del lavoro. La sua decisione non è una sorpresa perché non fa altro che radicalizzare un processo di vecchia data. Fin dal 1985, il Medef aveva chiesto di liberalizzare i diritti delle imprese con l’introduzione di formule contrattuali specifiche che facilitassero le condizioni di assunzione e quelle di licenziamento. In questa politica liberalista si crede di poter trovare una soluzione aIla questione di una Francia non abbastanza concorrenziale che il martellante discorso dei media ci presenta da mesi. Con questo sistema che legalizza i licenziamenti selvaggi sarà possibile assumere e licenziare con estrema facilità visto il numero di domande di impiego sul mercato e si dà il via ad una precarizzazione del lavoro senza precedenti.

In cosa consiste esattamente questo Cne (nuovo contratto di assunzione)?
Il nuovo piano di assunzioni si applicherà, in maniera sperimentale, per 2 anni alle imprese con meno di 20 dipendenti. Ma il Cne stabilisce che verranno esclusi dal computo dei suoi dipendenti i minori di 26 anni: un artificio pericoloso che allarga il numero delle imprese toccate dal provvedimento. Per ora sono coinvolte il 90 per cento delle imprese francesi e il 30 per cento dei lavoratori, ma si spera di poter allargare il decreto a tutti gli ambiti aziendali.

Qual è il quadro all’interno del quale si applica il provvedimento?

Insieme all’annuncio del suo “plan d’urgence”, il Primo ministro aveva presentato delle cifre riaggiustate per l’occasione: il governo ha escluso dalle statistiche i 39 mila disoccupati di lunga data o in possesso di contratti temporanei e coloro che hanno cessato di proporsi sul mercato del lavoro che sono altri 35 mila. Per i sindacati, che si basano sulle statistiche dei principali istituti nazionali, sono circa 5 milioni.

Come de Villepin legittima questa misura d’urgenza?

Il governo considera che per incoraggiare le nuove assunzioni bisogna liberalizzare il mercato del lavoro. In questo modo, il datore di lavoro potrà licenziare l’impiegato senza dare alcuna spiegazione al termine di due anni previsti per un contratto a tempo determinato e sostituirlo.

Come reagiscono i sindacati?

Noi riteniamo che la disoccupazione si combatte con la crescita del consumo e con un aumento della capacita di acquisto dei cittadini e non con la liberalizzazione selvaggia dei contratti di lavoro. Per noi il ricorso ad una manovra così impopolare è un chiaro segno di debolezza del governo.

Intorno a quali temi si costruiscono le rivendicazioni della grande giornata di mobilitazione annunciata?

Noi chiediamo che si faccia marcia indietro sul decreto e che venga abolito il sistema delle “fasce” nelle quali vengono suddivise le imprese. Anche le piccole imprese devono rispettare i contratti nazionali negoziati con i sindacati. Diciamo “no” al periodo di prova dei contratti di assunzione e al ricorso selvaggio dei contratti a tempo determinato.

Come si articola l’opposizione dei sindacati rispetto al no al referendum sulla costituzione europea?

L’opposizione dei sindacati non è estranea al “no” al referendum contro la costituzione europea. Il “no” dei francesi del 29 maggio traduceva il rifiuto alle misure antisociali di una certa Europa ma anche forti preoccupazioni sociali interne. Gli elettori avevano capito che la politica francese declinava pericolosamente una tendenza europea in materia di diritto del lavoro. Questo “no” è invece stato letto dal governo come una richiesta di maggior liberalismo.