Intervista a Giorgio Cremaschi (Fiom – Cgil): “Abbiamo soltanto limitato i danni”

INTERVISTA A GIORGIO CREMASCHI

Guglielmo Epifani, commentando la Finanziaria, ha testualmente affermato: «E’ quello che avevamo chiesto noi». Condivide questo giudizio?

No, penso sia un giudizio incauto e sbagliato ma non perché nella Finanziaria non vi siano elementi positivi, peraltro accompagnati da non pochi errori. Il problema è che trovo strano imputare al sindacato una finanziaria, correndo il rischio di accreditare l’idea che questa manovra equivalga in tutto e per tutto alle richieste del sindacato. Questo atteggiamento dà spazio all’offensiva della destra e di Confindustria, la quale oggi chiede a gran voce di riequilibrare una manovra presentata come completamente sbilanciata sul piano dei rapporti sociali. Parallelamente, sembra che noi ci si debba accontentare e, anzi, preparare appunto per il riequilibrio a pagare dell’altro. La considero una posizione anche tatticamente priva di senso. Avrei preferito che si dicesse: “certo alcune cose sono passate ma c’è ancora molto da fare”. Sarebbe stata una posizione sindacalmente più classica e, anche alla lunga, preferibile.

Entriamo nel merito. La riforma delle aliquote Irpef, combinata al nuovo regime delle detrazioni, allarga la no tax area e avvantaggia le fasce a reddito medio-basso (fino a circa 40.000 euro). Contemporaneamente, sembra colpire i redditi alti. Ha ragione chi vi scorge il segnale di un’inversione di tendenza?

Sì, certo che c’è. Sarebbe sciocco negato, anche se rimane solo un segnale, una parziale inversione di tendenza, che non mette in discussione l’impianto di fondo. Un impianto che rimane sostanzialmente liberista. Vorrei ricordare l’avvio della discussione sul Dpef: il liberismo europeo ci chiedeva un’operazione da 35 miliardi di euro mentre la sinistra, Rifondazione Comunista, chiedeva un’operazione molto più leggera. Bene: su questo terreno siamo stati sconfitti, è passata l’impostazione di Padoa-Schioppa. Nell’ambito di una sconfitta sull’impianto sono stati limitati i danni. Ma di fronte ad una finanziaria di 33 miliardi sono contrario al trionfalismo: secondo me i ricchi non piangono. Ho trovato la campagna del partito su questo tema un po’ surreale, addirittura futurista…
Nell’ambito di questa sconfitta, e di questo impianto liberista, ci sono elementi positivi. E questa rimane una contraddizione che prima o poi va sciolta perché difficilmente le due impostazioni possono continuare a coesistere. Già oggi la parte moderata del centrosinistra sostiene che la riforma fiscale è temporanea e non è un’operazione permanente di giustizia fiscale. Allude quindi al fatto che, nel futuro, le tasse verranno restituite ai ricchi. Ma al di là di questo elemento, ribadisco che l’operazione fiscale limita i danni. Ma i danni ci sono tutti.

I danni appunto. Sull’altro piatto della bilancia vanno inserite voci estremamente critiche: i tagli agli enti locali (4 miliardi 300 milioni di euro), alla sanità (3 miliardi), alla previdenza (oltre 5 miliardi). Ipotizzando una somma algebrica di vantaggi fiscali e svantaggi indiretti, quale potrebbe essere il risultato per una famiglia media di lavoratori dipendenti?

L’operazione Irpef è significativa soprattutto per le famiglie monoreddito, dove lavora solo una persona, quindi, con figli e carico e basso reddito. Questo tipo di famiglia ha un effettivo miglioramento. Già per una famiglia operaia dove lavorano entrambi i coniugi il miglioramento è quasi irrisorio, siamo nell’ordine di 150 euro all’anno.
Sull’altro piatto della bilancia pesano, come dicevi, altre voci: il +0.3 % di contributi previdenziali sul lavoro dipendente, per esempio. Non è chiarito chi lo paga: se dovesse andare nelle buste paga si tratterebbe di una diminuzione secca di circa 60 euro all’anno, quasi più della riduzione. Poi ci sono i ticket sanitari, che oltre ad essere ingiusti pesano, e infine la questione della finanza locale, che rischia di tradursi in un aumento dello 0.3% dell’Irpef.
Facendo il conto tra dare e avere assistiamo sicuramente ad un vantaggio per la famiglia operaia monoreddito; non mi sentirei di dire altrettanto per una famiglia operaia o impiegatizia dove lavorano entrambi i coniugi.
Ma ritorno al cuore del ragionamento: abbiamo limitato i danni, senza enfasi. È un errore di merito e di metodo considerare questa una vittoria proletaria. Dobbiamo dire chiaramente che abbiamo soltanto limitato i danni perché se si continua a dire che questo è il socialismo, in Parlamento gli altri vorranno attenuarlo.

C’è poi un punto che più che critico è inaccettabile. L’articolo 188 autorizza per tutto il 2007 (e per i due anni successivi) 1 miliardo di spesa per le missioni militari, sottraendo di fatto al Parlamento la prerogativa di discutere questo aspetto così cruciale della politica estera italiana.

Se quell’operazione fosse confermata ed equivalesse al fatto che si finanziano missioni senza discuterne, sarebbe un’enormità, una scelta completamente sbagliata.

Dietro l’angolo rimane il problema delle pensioni. In questi giorni è cominciato a circolare il testo ufficioso del memorandum siglato dai sindacati con il governo, in cui si assicura la disponibilità del sindacato a discutere di aumento dell’età pensionabile e della revisione dei coefficienti. C’è il rischio di una coda di questa Finanziaria?

Basta leggere le dichiarazioni di Padoa-Schioppa! Voglio rilevare una cosa: una parte consistente delle entrate della manovra finanziaria vengono dalle pensioni: 9 miliardi, di cui 5 dal Tfr (un prestito che i lavoratori fanno allo Stato) e 4 in aumento dei contributi. Nella Finanziaria 2007 questi nove miliardi non servono per migliorare le pensioni ma servono a finanziare altro. Avrei capito rinviare l’operazione facendo qualche ritocco ma considerando che una parte rilevante delle entrate vengono dalle pensioni, trovo assurdo che queste entrate non finanzino il miglioramento del sistema delle pensioni. Allora chiedo a Cgil, Cisl e Uil che hanno firmato il memorandum: di che cosa discutiamo l’anno prossimo? Soltanto di tagli e di aumento dell’età pensionabile? Il governo prima incassa e poi dice che dovremo discutere. È chiaro che se dal 1 gennaio questi 9 miliardi serviranno a finanziare le pensioni le cose si possono migliorare. Al contrario se questi 9 miliardi rimarranno a vantaggio dello Stato mi pare evidente che nei periodi successivi subiremo un ulteriore aggravio. Temo, lo dico schiettamente, una finanziaria di 40 miliardi di euro. Questa è, dal punto di vista sindacale, la cosa più grave. Il memorandum non è leggero, è un impegno a senso unico, che ovviamente chiederò al sindacato di non rispettare.

Un’ultima domanda: il 4 novembre a Roma il mondo della precarietà si ritroverà a Roma per una grande manifestazione. Quale segnale può dare il movimento contro la precarietà (che certamente non può essere soddisfatto per come è stata affrontata nella Finanziaria il nodo dei precari), a partire dalla Fiom, al governo?

È un segnale al governo e al Paese. Siamo in una situazione di difensiva, di fronte all’offensiva liberista che alberga anche all’interno del centrosinistra. Sembra che in Italia si stia costruendo il socialismo e le forze della reazione siano in agguato per evitare il comunismo. La manifestazione del 4, in questa condizione di “berlusconismo” di ritorno, cerca di riequilibrare un po’ il campo. Oltre a fare luce sul vero buco nero della politica del governo, la lotta alla precarietà, cerca di dire: non stiamo andando verso il socialismo, abbiamo una politica sul lavoro assolutamente inadeguata. Serve, in questo senso, un piano di pressione e di iniziativa di massa che cerchi di ribaltare l’agenda politica, ancora sostanzialmente liberista…

E che il Parlamento da solo, mi pare, non riesce ad invertire…

Sì, e che nemmeno Cgil, Cisl e Uil riescono ad invertire. Mi pare che abbiano scelto una linea di pura pressione istituzionale e questo, in prospettiva, rischia di danneggiare il sindacato. Tra maggio e marzo – dobbiamo esserne consapevoli – rischiamo il ritorno in campo della peggiore concertazione.