«Le marce per la pace hanno coperto i tamburi di guerra»
Gino Strada: il 15 febbraio è stato un giorno della stessa grandezza dell´11 settembre. «Quello fu una tragedia, questo è una speranza»
Gino Strada è a Kabul, non al riparo dalle polemiche italiane, ma al telefono lo trovo di ottimo umore. Non è un´intervista in senso classico, che dovrebbe essere malevolo, e non può esserlo, data la circostanza che chi scrive è contro la guerra, più o meno come chi parla. Ma una chiacchierata, per capire meglio quello che succede, e quello che pensa un indubbio protagonista di questi tempi. «Dopo il 15 febbraio il mondo non sarà più lo stesso», esordisce con un parallelo che è subito, a sua volta, polemico.
Si era detto da più parti che il mondo non sarebbe stato più lo stesso dopo l’11 settembre. E dopo il 15 febbraio delle manifestazioni pacifiste in tutto il mondo?
«Penso che il 15 febbraio sia un giorno della stessa grandezza dell´11 settembre, in senso positivo. Quello fu una tragedia, questo è una speranza. E penso che dovremmo esserne tutti contenti. Penso che resterà come una data fondamentale per l’Europa, sempre che ce ne sia una. Si era creato un buco enorme nella democrazia europea, un vuoto tra rappresentanti e rappresentati. Adesso l’Europa dei poteri è divisa in due, ma il vallo tra la politica e l’opinione pubblica europea si è ridotto. E’ un grande evento. E vedremo che cosa succederà ora, per esempio in quella dependance della Casa Bianca che è il governo britannico, dopo l’immensa manifestazione di Londra».
Che cosa vuoi che succeda: Tony Blair andrà in guerra, come ha promesso. Anche lui, come Berlusconi, è stato eletto dal popolo, e ritiene di essere in diritto di prendere le decisioni che vuole.
«Mi domando qual è il contenuto di questo contenitore democratico. Se Erode fosse stato regolarmente eletto, forse che la strage degl’innocenti sarebbe stata legittima? Forse che abbiamo considerato legittimo quello che ha fatto Hitler? Eppure anche lui era stato eletto dal popolo. Allora la questione è questa: se l’80% dei cittadini di un Paese dice che è contrario alla guerra, ha diritto il governo di quel Paese di ignorare la loro volontà? Io dico che, se lo facesse, violerebbe le regole democratiche».
Eppure i segni del dibattito politico in Italia dicono che un cambio di direzione del governo non è all’orizzonte.
«Io penso, al contrario, che il 15 ha impresso una direzione obbligata. Andare in guerra in queste condizioni di sentimento popolare significa progettare consapevolmente uno scontro sociale di vaste proporzioni. Non credo che possano farlo. Piuttosto dovrebbero prendere atto e andare a contarsi».
Facciamo un po’ di conti. Il governo una maggioranza in Parlamento ce l’ha. E l’opposizione non è molto unita, e neanche molto ferma su una posizione definita. E allora?
«E io ripeto che, con una sinistra unita o divisa, il Parlamento non può andare contro la maggioranza del Paese. Quando andammo a votare nessuno, né a sinistra, né a destra, ci disse che avrebbe violato la Costituzione. Nessuno ci comunicò di ritenere che l’articolo 11 della Costituzione lo considerava non una norma tassativa, ma solo come un consiglio, di quelli che si possono seguire oppure no. Se hanno cambiato idea cammin facendo, allora prendano atto che sono in rotta di collisione con la maggioranza del Paese, e si torni a votare. So bene che la Costituzione è stata offesa già due volte negli ultimi tempi, una volta dal centro sinistra e l’altra dal centro destra, ma in entrambi i casi si è trattato di una grave violazione della norma, di un atto illegale. Adesso non si chiede loro niente di rivoluzionario. Che rispettino la legge e non portino l’Italia in una guerra di aggressione. Anche il Papa, che rivoluzionario non è, la considera tale».
Ma come valuti quei politici che ora marciano per la pace dopo aver votato per la guerra?
«Se c’è qualcuno che finalmente ha capito e ha fatto un percorso verso la pace, ben venga. Tra l’altro non è neanche vero, come ha detto sarcasticamente qualcuno del governo, che è più facile affrontare la guerra stando all’opposizione che al governo. In realtà anche dal governo si potrebbe provare a immaginare la pace. Basterebbe farlo e già avremmo evitato una guerra inutile. Lo schieramento di pace è questa volta così vasto che non dovrebbe essere difficile trovarci compagnia».
Boselli ha detto che non voterà una mozione dove ci sia scritto che l’Italia non deve dare una sola base, e nemmeno un uomo.
«Che lo dichiari forte, così i pochi cittadini che lo hanno votato sapranno con chi hanno a che fare».
Sei diventato il bersaglio preferito di tutto lo schieramento bellicista. Che cosa rispondere a Ferrara, che dice che i pacifisti negano giustizia alle vittime delle Twin Towers e alle vittime israeliane del terrorismo palestinese?
«Dico che questo non è un ragionamento. E’ un prodotto della cistifellea. Per me tutti gli esseri umani hanno diritto allo stesso rispetto. Un morto innocente a New York vale esattamente un morto a Kabul. Questa gente ha un tarlo nel cervello, secondo cui loro valgono meno e noi valiamo di più, molto di più. Le tremila vittime di New York sono per me parte di un´immensa tragedia, vittime della stessa follia che ne ha prodotto milioni negli ultimi trent’anni. Gli ottomila morti civili della guerra dell’Occidente contro l’Afghanistan sono la risposta barbara alla barbarie. L’altra scemenza è l’accusa di anti-americanismo. Il “New York Times” ha pubblicato recentemente i risultati di un sondaggio, dal quale emerge che la maggioranza degli americani pensa che questa Amministrazione rappresenti il pericolo maggiore per la pace mondiale. Tutti anti-americani questi americani?»
Ma c’è sempre chi ti accusa di non parlare mai del terrorismo, o addirittura di avere equiparato Bush a Osama, o a Hitler. E poi la tesi che risuona obbligatoriamente è che non si può essere pacifisti a senso unico. Come si fa a sedersi allo stesso tavolo con gente che ti vuole uccidere?
«Rispondano loro a questa domanda: perché esiste il terrorismo islamico? Intanto, come vedi, ci mettono l’aggettivo islamico, perché se lo togliessero resterebbe la nuda parola terrorismo. E questo terrorismo di Stato gli Stati Uniti l’hanno praticato sistematicamente negli scorsi decenni, provocando centinaia di migliaia di vittime. Basta ricordare Indonesia, Nicaragua e Cile. Per quanto concerne le cause non c’è niente da inventare. E’ dal 1993 che i terroristi lo proclamano e lo ripetono. Il terrorismo islamico ha tre radici molto chiare e visibili: la questione israelo-palestinese; l’embargo contro il popolo iracheno; le basi militari americane sul territorio sacro all’Islam. Ciascuna di queste tre radici poteva essere estirpata o sanata se gli Stati Uniti avessero voluto. Gradualmente, pacificamente, politicamente. Molto dolore sarebbe stato risparmiato. Ma nulla è stato fatto. Al contrario, quelle radici sono state ingigantite con la prepotenza e l’offesa ai sentimenti e agl’interessi altrui. La svolta non è avvenuta l’11 settembre. Tutto diventò visibile nel 1993, quando la guerra santa contro gl’infedeli comunisti, organizzata e finanziata dagli Usa, si ritorse contro di loro».
E´ di lì che bisogna partire, secondo te, per trovare le radici del terrorismo islamico. E tuttavia un evento come l´11 settembre non si può capire.
«La guerra tra estremismo islamico e interessi petroliferi Usa cominciò nel 1993 con il primo tentativo, fallito, di abbattere le due torri. Ma la leadership americana non fece nulla per prevenire gli sviluppi. E non lo fece perché non voleva ridurre il tasso di profitto che ricavava da quelle tre radici di cui sopra. Ma, in ogni caso, che c’entra l’Iraq con tutto questo? Dove sono le prove dei legami tra Al Qaeda e Saddam Hussein? Gli Stati Uniti si apprestano a occupare un altro Paese dichiarando al mondo che vanno a liberarlo. Di nuovo come in Afghanistan, dove il presidente in carica è un ex impiegato dell´impresa petrolifera americana Unocal, quella che contribuì all’ascesa al potere dei taleban per costruire un oleodotto. Il fatto è che per mantenere nel mondo l’attuale mostruoso divario nella distribuzione e nell’uso delle risorse e delle ricchezze, la giunta petrolifera che guida gli Stati Uniti ritiene che sia indispensabile l’uso della forza».
Temo che la userà.
«Non lo so. Un mese fa ne ero sicuro anch’io, adesso non più. Intanto è successo un miracolo che non ritenevo possibile. Anche negli Stati Uniti c’è oggi un grande movimento per la pace. Anche questi sono tutti anti-americani secondo il metro di certi nostri commentatori “americani”. Per quanto riguarda l’Italia, oggi penso che sia possibile tenerla fuori da questa guerra insensata. E, se così fosse, anche la grande macchina di guerra che Bush e i suoi hanno messo in piedi potrebbe essere seriamente inceppata».