Intervista a Claudio Grassi del sito SestoPotere.com

Intervista di Claudio Grassi, coordinatore nazionale “Essere Comunisti” rilasciata al sito internet www.sestopotere.com

Claudio Grassi, il dibattito estivo è segnato dalle manovre di una parte del capitalismo italiano e dagli intrecci di queste ambizioni con gli interessi di molte forze politiche. Si è posta di conseguenza la cosiddetta “questione morale”. Che idea ti sei fatto della discussione?

Sono convinto che più che di “questione morale” bisognerebbe parlare di “questione sociale”: mi riferisco a milioni di lavoratori che da almeno venticinque anni vedono compressi i propri diritti ed i propri salari e tolte ad una ad una le conquiste acquisite con dure lotte. La questione di classe è la vera questione su cui dobbiamo interrogare la politica ed in primo luogo la sinistra, anche chiedendo che ci vengano spiegate le ragioni per le quali oggi il mondo del lavoro è sparito dal dibattito pubblico, cancellato. Si riempiono pagine di giornale se uno sconosciuto decide di presentarsi alle primarie, ma nessuno parla dei meccanici che da mesi lottano per un contratto e per aumentare un salario da fame! Certo, grida vendetta il fatto che un finanziere d’assalto in una sola giornata, vendendo e comprando azioni, sia in grado di guadagnare 3000 miliardi di vecchie lire esentasse, ma è l’esistenza stessa del sistema capitalistico a rendere possibili queste immoralità. Come comunisti dobbiamo contrastarlo come sistema economico, in quanto tale, e quindi stigmatizzare i suoi micidiali meccanismi.
Cose del genere accadono in tutte le società capitalistiche avanzate. Fa parte dello sviluppo attuale del capitalismo, della sua tendenza alla finanziarizzazione. Se l’obiettivo è il profitto e questo si ottiene più facilmente e in misura maggiore investendo in borsa, è chiaro che lì verranno dirottate molte risorse. Voglio dire che il marcio è insito nel capitalismo ed è stravagante che nemmeno in una situazione come questa in cui, per sopravvivere, il sistema economico deve ricorrere ad autentiche truffe (per non parlare della guerra e della distruzione dell’ambiente) nessuno, nemmeno a sinistra, abbia il coraggio di dire che il problema sta proprio nel capitalismo. Come comunisti dobbiamo ribadirlo con forza. Pur sapendo che si tratta di un processo che non avrà tempi brevi, il nostro obiettivo resta la costruzione di un altro sistema, non più regolato dalle leggi del profitto e dell’accumulazione capitalista.

Tu affermi dunque, ricordando le responsabilità del capitalismo, che il punto non è solo sconfiggere Berlusconi. Intendi dire che, per risolvere la questione sociale che sta alla base del problema morale, è necessario cambiare in profondità le scelte di fondo anche del centro-sinistra?

Sì, non è sufficiente buttare la croce addosso a Berlusconi perché la crisi che subiscono le classi lavoratrici nel nostro Paese dura ormai da qualche decennio. I governi di centrodestra e di centrosinistra sono corresponsabili, basti pensare ai diritti sul lavoro affossati da una legge 30 che è figlia del pacchetto Treu. Oppure alla redistribuzione, verso le rendite ed i profitti, della ricchezza nazionale, che ha galoppato non solo con Berlusconi ma già negli anni Novanta con la concertazione ed i governi tecnici e di centrosinistra. Ancora, voglio ricordare che il governo Prodi è stato il governo che più di tutti, dal dopoguerra ad oggi, ha privatizzato ed è evidente che quella politica scellerata di privatizzazione, come si riconosce ormai da più parti, è una delle cause del disastro economico del nostro Paese.
Allora, se vogliamo parlare di cose serie e ridare alla politica l’ambizione di trasformare l’esistente, dobbiamo essere in grado di spostare la discussione sulle condizioni materiali dei lavoratori di questo Paese, sulle sue prospettive economiche, mettendo al centro dell’attenzione la questione dell’intervento pubblico.
Mi sia consentita un’ultima battuta sulla faccenda: se a farsi paladino ed interprete della questione morale accorre Mastella, teorico della lottizzazione, che da ultimo ha fatto eleggere sua moglie alla presidenza del Consiglio regionale della Campania, vuol dire che la credibilità del discorso si avvicina allo zero… ed è meglio lasciare perdere.

Rimane però una grossa ombra sull’UNIPOL e sul movimento cooperativo…

Francamente non capisco le ragioni per cui stupirsi rispetto alla scalata dell’UNIPOL nei confronti di BNL. Chi si stupisce non conosce il mondo cooperativo, un ambiente che da parecchio tempo ha attuato una mutazione genetica sia negli obiettivi strategici sia nel rapporto con i lavoratori. Almeno dalla fine degli anni Settanta il movimento cooperativo ha scelto il mercato e la competizione, ponendo in secondo piano le finalità sociali che avevano motivato la sua nascita. Ricordo che il movimento cooperativo negli anni Ottanta si schierò nettamente contro il referendum sulla scala mobile, contro i tentativi dell’ultimo Berlinguer di collocare il PCI su una posizione di maggiore conflittualità. Non solo. Il movimento cooperativo costituì, al congresso della Bolognina, un bacino di voti assolutamente necessario per sciogliere il PCI. Siamo di fronte quindi ad un settore che ha avuto un’evoluzione (o meglio, una involuzione) molto lunga e che oggi, in linea con le scelte attuate già da tanto tempo, attua la scalata a BNL.

Cambiamo argomento. L’area dell’Ernesto ha espresso in più occasioni la propria contrarietà rispetto alle primarie, denunciate come strumento di affermazione di una cultura presidenzialistica e maggioritaria. Ora però le primarie si faranno: quale sarà il vostro impegno?

Dico innanzitutto che l’aumento del numero dei candidati non dimostra per nulla la bontà dello strumento. Al contrario, è un segno della confusione che sta alla base di questa pantomima. Ed è inoltre la prova del fatto che queste primarie non uniscono la sinistra d’alternativa ma, al contrario, la dividono. Mai come oggi l’arco di forze che va dalla sinistra DS sino a noi, passando per i movimenti, è stato diviso, frammentato e disorientato.
Non bastasse, resta la nostra critica, che continua a non avere risposta, in nessuna delle argomentazioni di coloro i quali sostengono le primarie. A che cosa serve questa competizione quando tutti i concorrenti hanno già deciso che il leader dello schieramento dovrà essere Prodi? A pochi mesi dalle elezioni e senza programma condiviso non sarebbe stato più utile discutere di contenuti?
Ed infine: come faremo a lottare in Parlamento e nel Paese contro la riforma istituzionale varata dal centrodestra, e che sostanzialmente consegna maggiori poteri al premier, dopo aver accettato queste primarie che contengono, come è evidente, una logica presidenzialistica?
Vorrà pur dir qualcosa se le primarie si fanno solo in due posti al mondo: negli Stati Uniti (dove la democrazia vive una fase di estrema crisi, al punto che alcuni studiosi parlano ormai di “post-democrazia”) e nel centrosinistra italiano!

Quindi cosa farete fino al 16 ottobre?

Non siamo un circolo culturale e non possiamo permetterci di discettare sui destini del mondo senza intervenire direttamente sulla politica. Essendo una componente importante di Rifondazione Comunista, manteniamo ferme le nostre critiche sullo strumento ma decidiamo di intervenire, con la nostra specificità, in questa partita politica.
Come partecipiamo alle elezioni politiche pur avversando il sistema elettorale maggioritario, così, in questo caso daremo il nostro contributo per far ottenere un buon risultato al candidato di Rifondazione Comunista, poiché ciò comunque sarà utile per la successiva discussione programmatica e per la tenuta stessa del Partito.
Si tratta di fare una campagna politica che, mentre chiede consensi al candidato del Partito, lo associa ai nostri contenuti: contro la guerra, per il ritiro immediato dei militari italiani dall’Iraq e dall’Afghanistan, per una nuova scala mobile, per tassare le rendite ed i profitti, per difendere e migliorare lo Stato Sociale, per la democrazia nei luoghi di lavoro, per il Mezzogiorno, contro il precariato, per reintrodurre un sistema elettorale proporzionale… Insomma, utilizzare le primarie per fare emergere le nostre istanze programmatiche e la necessità che vengano accolte nel programma se si vuole creare una vera alternativa a Berlusconi e non una riedizione della politica del centrosinistra già fallita negli anni Novanta.

Alfredo Reichlin sull’Unità recentemente ha scritto che «Il tema di fondo della politica italiana resta sempre quello: la tentazione neocentrista». Vedi anche tu il rischio di una tentazione, da parte delle componenti moderate di entrambi gli schieramenti, di costruire un terzo polo centrista?

Credo che quello che scrive Reichlin sia vero. L’ultima intervista di Monti sulla Stampa è paradigmatica rispetto alle intenzioni di diversi rappresentanti del mondo politico e confindustriale.
La razza padrona è vittima di un imbroglio che essa stessa ha costruito e cioè il sistema bipolare e maggioritario che ha fortemente voluto all’inizio degli anni Novanta e che oggi è diventato un problema per gli stessi poteri forti. Monti pone una questione reale per le classi dominanti italiane, di cui si fa interprete e portavoce: questo sistema politico, ingabbiato dal sistema maggioritario, non riesce a realizzare compiutamente le politiche che una parte importante dei poteri forti vorrebbe. Né il centrodestra, con la guida di Berlusconi e con la presenza problematica di una forza come la Lega Nord, né il centrosinistra, con una componente significativa di sinistra d’alternativa, consentono di produrre in modo soddisfacente le politiche a cui allude Monti. Si cerca dunque di far emergere, da entrambi gli schieramenti, le forze interessate a quel progetto. Anche se non penso che nei tempi brevi quest’opzione sia praticabile, dal momento che prevede necessariamente una modifica della legge elettorale, l’esigenza è obiettiva e sta nelle cose.
Di fronte a questo la risposta data da diversi esponenti del centrosinistra è paradossale. Rispondere a Monti che non si può toccare il bipolarismo e il sistema maggioritario è profondamente sbagliato. Di fronte alla crisi del maggioritario denunciato dalla parte avversa, la parte che avrebbe già da tempo dovuto riflettere sugli errori congeniti di questo sistema elettorale, oggi si irrigidisce in una sua strenua difesa!
Io credo che, pur essendo portatori di un progetto strategico opposto a quello di Monti, noi dobbiamo approfittare della crisi del bipolarismo, forzato da un sistema maggioritario inaccettabile, e riproporre da un lato l’urgenza di un sistema elettorale proporzionale sul modello tedesco e dall’altro la necessità prioritaria che le componenti di sinistra lavorino per un programma avanzato ed alternativo alle politiche della destra costruito in primo luogo sulle mobilitazioni, nel Paese, delle classi subalterne.

Abbiamo parlato di questione morale, di primarie e di ipotesi di geometria politica: sempre sullo sfondo sono i programmi e cioè le risposte ai bisogni urgenti di larghi settori della società italiana. Perché questi ritardi, a sinistra, nell’affrontare il nodo del programma?

I ritardi sono dovuti al fatto che non si sono volute affrontare le divergenze programmatiche esistenti tra la componente moderata e quella d’alternativa del centrosinistra, posticipandone la discussione o addirittura rimuovendole. Si è trattato di un errore grave che noi abbiamo ripetutamente segnalato. Oggi siamo alla vigilia delle elezioni senza sapere quale sarà il programma e soprattutto se sarà possibile una mediazione accettabile: una situazione molto pericolosa, perché potremmo trovarci con un governo che prende decisioni inaccettabili in politica estera o in politica economica e tutta la sinistra d’alternativa, a quel punto, sarebbe in grave difficoltà.

Qualcosa però è stato fatto, per esempio un documento d’intenti firmato da tutti i segretari dei partiti dell’Unione che stabilisce, per sommi capi, le linee guida della coalizione.

Giudico quel documento largamente insoddisfacente. È un elenco di buone intenzioni che non contiene nulla di vincolante tranne un punto, pregnante e significativo, che considero molto grave: parlando di politica estera, si dice testualmente che l’Unione «assicura di rispettare gli impegni derivanti dai trattati e dalle convenzioni internazionali liberamente sottoscritti». Tradotto in termini più comprensibili questo significa che l’Unione vincola la propria politica estera agli impegni internazionali sottoscritti e quindi ai vincoli dell’Onu e dell’Alleanza atlantica.
È un elemento molto preoccupante, anche perché si somma ad una serie di elementi di straordinaria gravità. Il centrosinistra non è stato capace di sottoscrivere in Parlamento un documento comune che chiedesse il ritiro immediato dei militari dall’Iraq. Gli USA dichiarano l’intenzione di aumentare la propria presenza militare in Iraq e di restare in quel paese almeno per altri quattro anni. Gli americani propongono di raddoppiare la base di Camp Darby nel nostro Paese. La componente moderata dell’Unione assume posizioni assolutamente irricevibili rispetto alla politica sulla sicurezza e alle misure “antiterrorismo”. Potrei continuare ma questi fatti bastano, credo, a dimostrare quanto urgente sia una discussione programmatica per capire quali saranno le opzioni e le scelte dell’Unione una volta al governo.
È urgentissimo anche per Rifondazione Comunista perché non sta scritto da nessuna parte che l’accordo di governo si siglerà anche con il PRC. Solo al termine del confronto programmatico decideremo la nostra presenza nell’esecutivo; mi pare difficile che si possa decidere di partecipare ad un governo di cui ancora non si conoscono le proposte programmatiche.

Roma, 25 agosto 2005