“Per ciò che riguarda Liberazione: il piano di rilancio del nostro quotidiano presentato dal Consiglio di Amministrazione non risponde affatto, come è stato ampiamente dimostrato dall’intervento del compagno Sergio Boccadutri (Tesoriere nazionale), al dispositivo precedentemente votato da questa Direzione e volto al pareggio di bilancio. Nel piano del Cda permane intatto il pericolo di un deficit economico pesante (che il Partito dovrebbe essere chiamato a colmare) che porterebbe l’intera Rifondazione Comunista nel baratro. Per riutilizzare un’immagine che in questi tempi, significativamente, è stata più volte evocata: il morto trascinerebbe a fondo il vivo. Lo ripetiamo: il deficit economico di Liberazione non è né trascurabile o da caricare irresponsabilmente sulle spalle del Partito (come intenderebbero fare i compagni e le compagne della minoranza, che in questo modo tradiscono il loro totale disamore e il loro disinteressamento verso il nostro Partito, anzi – più chiaramente – il loro disinteressamento verso il Partito Comunista tout court ), né attribuibile, come un destino ineluttabile, alla fase politica dove “ tutti i giornali della sinistra” vengono colpiti. Troppo comodo: l’entità del deficit di Liberazione e la caduta drammatica delle vendite nelle edicole (ed anche il bassissimo numero di abbonati) ci parlano essenzialmente d’altro: ci dicono della rottura tra giornale e società, tra giornale e comunisti, militanti ed elettori. E’ per questo che condivido la scelta, espressa qui dai compagni della maggioranza e della segreteria, di bocciare il piano di “rilancio” avanzato dal Cda, che, così come tratteggiato, non rilancia un bel niente, ma sopprimerebbe giornale e Partito.
Ci comunica il compagno Ferrero che un editore ha inviato una lettera alla segreteria del nostro Partito nella quale si esplicita un interesse a Liberazione: l’editore entrerebbe come socio di maggioranza della proprietà, garantirebbe i costi della pubblicazione lasciando al Prc la direzione politica del giornale e la possibilità di riprendersi l’intera proprietà. Il mio parere è che la Direzione affidi alla segreteria un mandato esplorativo, che deleghi la segreteria nazionale ad incontrarsi con l’editore per poi riportare tutta la discussione in Direzione e in questa sede scegliere il da farsi. Voterò dunque a favore del mandato esplorativo da concedere alla segreteria nazionale, chiarendo alcune questioni. Primo: non può essere privo di interesse, per noi, il fatto che il nostro quotidiano possa essere presente in tutte le edicole senza più pesare economicamente sul Partito, senza ucciderlo e metterci di fronte ad un aut-aut drammatico: o il partito o il giornale; secondo: non può essere indifferente, per noi, il fatto che possa stabilirsi un legame oggettivo tra gli interessi del nuovo, eventuale, editore (le vendite del giornale ed il profitto) e gli interessi del nostro Partito. Voglio dire: se il profitto del nuovo, eventuale, editore deriverà dalla conquista di un mercato oggi scoperto (il mercato del “politicamente scorretto” e cioè della lotta sociale, anticapitalistica, vera), sarà un bene anche per noi. Terzo (tuttavia): l’autonomia del nostro giornale deve restare intatta e, in nessun modo, deve essere limitata dal nuovo editore. Quarto: la proprietà deve poter tornare tutta al Partito in ogni momento in cui il Partito ed i suoi organismi dirigenti lo decidano, senza che questo abbia impedimenti sul piano giuridico o economico.
Per ciò che riguarda la questione della giunta del comune di Napoli.
Nella relazione del compagno Pegolo possiamo registrare un passo avanti del nostro Partito: concordo con l’intenzione di richiedere l’azzeramento della Giunta napoletana e con quella di chiedere le dimissioni del nostro assessore dalla Giunta. Mi lascia invece molto perplesso la proposta –che il compagno Pegolo ha avanzato nel suo intervento e sistematizzato nel dispositivo finale da mettere ai voti in questa Direzione– secondo la quale il nostro Partito dovrebbe poi fornire un “appoggio esterno” ad una Giunta di transizione, in vista delle prossime amministrative.
Se il dispositivo finale rimanesse invariato non potrò votare a favore e annuncio dunque la mia astensione.
A Napoli la situazione è drammatica: vi è già stato il suicidio di un assessore, una parte della Giunta è sotto inchiesta, altri fatti inquietanti emergono di ora in ora, la stessa Giunta regionale campana sta per essere investita da provvedimenti che fin d’ora la pongono in un cono d’ombra inquetante. Assistiamo, forse, all’inizio del crollo di una diga: quella del PD che, ormai privo da tempo di una spina dorsale ideale, progettuale e strategica, ha trasformato se stesso in una sorta di Democrazia Cristiana degli anni 2000. Un enorme apparato di puro potere che, in nome del governismo e del tecnicismo istituzionale, è destinato a farsi possedere ed attraversare dalla corruzione, dal clientelismo e, sempre più spesso, dal malaffare. A Napoli l’emergenza sociale ricorda ormai quella di una metropoli del Terzo mondo, la popolazione crede sempre di più nel fatto che Cristo si sia fermato a Eboli ed i lavoratori ed i cittadini sono stanchi e delusi dalle forze politiche, di tutte quelle che l’hanno amministrata, nessuno esclusa. Perché le amministrazioni di Napoli e della Campania non hanno lasciato segni positivi del suo passaggio, ma sempre più spesso negativi, come dimostra oggi l’esplodere della questione morale targata centro-sinistra. Anche Rifondazione Comunista, che dall’interno si è – purtroppo invano- battuta, è macchiata da questo giudizio.
Proprio per questo ritengo molto rischioso che oggi il Prc si attrezzi a sostenere dall’esterno un nuovo governicchio napoletano, come chiesto dal dispositivo presentato. C’è bisogno di un cambiamento e di una rottura con gli oscuri legami precedentemente intrecciati con gli imprenditori alla Romeo. Ma, ci chiediamo, da dove potrà nascere una Giunta di questo tipo, da quale humus politico e culturale se la nostra intenzione –e non potrebbe materialmente essere altrimenti-, al fondo, è quella di ricostruirla sulle stesse macerie (cambiando nome agli assessori) con le stesse forze politiche di questo centro sinistra napoletano? Ci si dice: dobbiamo fare un nuovo governo di transizione per guadagnare tempo e non regalare (attraverso elezioni immediate) la vittoria alle destre. D’accordo, percepisco il nocciolo razionale di questo ragionamento, ma anche quello irrazionale! Credete davvero che –con l’appoggio esterno del Prc– si sia in grado di costruire una Giunta che faccia dimenticare le malefatte per poi tentare di nuovo la vittoria? Non ha, questo disegno, qualcosa di estremamente politicista, staccato dai drammi sociali che martoriano quel territorio?
Credo che una nuova Giunta rischierebbe di peggiorare la situazione e in questo contesto un ruolo dedito all’appoggio esterno sarebbe letale per il nostro Partito. Tanto più che nel dispositivo non si pongono chiare condizioni, per tale appoggio: quelle di una politica di trasformazione e di cambiamento. Se il dispositivo non cambia, se non vincola un nostro eventuale appoggio “volta per volta” alla Giunta ad un progetto di cambiamento dichiarato e progettato, io non potrò votare a favore del dispositivo qui presentato”.