Intervento di Leonardo Masella al Congresso

LEONARDO MASELLA
(Capogruppo PRC Regione Emilia Romagna e firmatario Mozione Essere Comunisti)

Intervento al congresso nazionale del Prc, 5 marzo 2005

Esprimo un dissenso di fondo rispetto all’impianto analitico e alle proposte politiche conseguenti della relazione introduttiva del segretario.
Prendo un solo esempio. La questione della guerra, che ha prodotto, a proposito di movimenti, il più imponente, straordinario movimento degli ultimi 20 anni.
Il compagno Bertinotti ha detto giustamente che la questione delle armi di distruzione di massa era una bugia, un pretesto, non era la causa vera della guerra. Ma allora perché, compagno Bertinotti, non ci hai detto e non diciamo alla gente qual’è la causa vera di questa guerra di aggressione, della ferocia degli americani che sparano su tutto ciò che si muove, di 100.000 irakeni, in maggioranza donne e bambini, trucidati sotto i bombardamenti, della barbarie dei nuovi campi di concentramento e di tortura di Guantanamo e di Abù Graib ? Qual è la causa di questa guerra ? Come facciamo a non interrogarci in un congresso nazionale di partito ? Abbiamo detto: non è la bugia delle armi di distruzione di massa, ma non è neanche la favoletta della lotta al terrorismo.
Perché non diciamo che la vera causa, di cui trovo incredibile il non parlarne, sta nella volontà dichiarata del governo americano di conquistare militarmente tutta quell’area che va dall’ Afghanistan all’Iraq per dominare l’Asia e per dominare il mondo, per vincere così, sul terreno militare, la competizione globale del 21° secolo.
Se è così, ed è così perché questi sono i progetti dichiarati dalla stessa amministrazione americana (come del resto l’invasione dell’Iraq era già stata progettata e dichiarata ben prima dell’attacco alle due torri), se è così, questo non potrà non avere conseguenze concrete anche per il nostro paese, da chiunque governato. Non è soltanto, dunque, una questione di assenza di analisi internazionale. E’ una questione che ha ricadute sulla nostra politica concreta, qui ed ora.
Quante sono le possibilità che la guerra, invece che fermarsi, si estenda all’Iran, come sostengono i falchi del Pentagono ? E quante sono le possibilità che l’Italia del nuovo governo Prodi venga coinvolta, o con l’invio di truppe come è avvenuto per la guerra all’Iraq, oppure con l’utilizzo del territorio per l’invio di bombe (a uranio impoverito) come è avvenuto per la guerra del Kosovo ?
Anche per questo non basta il ritiro dei militari italiani dall’Iraq in un futuro programma comune con l’Ulivo; né basta il riferimento all’articolo 11, già violato più volte sia dal centro-destra che dal centro-sinistra e violato anche dal presidente Ciampi (che sostiene come Berlusconi che quella in Iraq è una missione di pace).
Il primo punto del programma deve chiarire senza alcuna ambiguità, senza alcuna possibilità di interpretazione diversa, che l’Italia non parteciperà mai più a nessuna guerra, da chiunque promossa o coperta, e sotto qualunque forma, né con l’invio di truppe né con l’utilizzo del nostro territorio (come avvenne per il Kossovo).
Non ho sentito inoltre nella relazione nessun accenno all’evento più importante e più negativo degli ultimi mesi: la rielezione di Bush. Io non credo che il segretario se ne sia dimenticato. Non ne parla perché la rielezione di Bush è la migliore dimostrazione della fragilità della tesi della crisi del neoliberismo portata a fondamento di un nostro ingresso al governo.
Altro che crisi del neoliberismo, non si può piegare l’analisi di fase alle decisioni politiche contingenti. Casomai va fatto il contrario. Le decisioni politiche contingenti sono il prodotto di una analisi di fase corretta.
Il neoliberismo non è mai stato tanto forte, come dimostra non solo la rielezione di Bush, ma anche il nuovo attacco ai lavoratori in Europa e persino nell’Europa socialdemocratica della Germania di Schoeder, dove per la prima volta si aumenta l’orario di lavoro a parità di salario. Altro che crisi del neoliberismo o persino fuoriuscita dal neoliberismo, come ho sentito balenare in alcuni interventi.
Così come non ho sentito nella relazione, e anche qui non è un caso, nessun accenno alle novità delle ultime settimane rappresentate dal viaggio in Europa di Bush.
La novità non sta in Bush che non mi pare abbia cambiato parere sulla guerra in Iraq.
La novità sta nel cambiamento di atteggiamento dei principali governi dell’Unione Europea, che hanno smesso di dissentire dalla guerra in Iraq ed hanno prodotto una svolta a destra verso la politica americana, rinsaldando la cosiddetta solidarietà euro-atlantica a difesa dell’occidente libero, ricco e liberista. Su spinta dell’Italia, non solo di Berlusconi, ma anche di Giuliano Amato, del segretario dei DS Fassino e del segretario della Margherita Rutelli.
Altro che crisi del liberismo. Altro che spostamento a sinistra !
Certo i movimenti hanno aperto forti contraddizioni ed hanno scomposto il centro-sinistra, ma non hanno spostato a sinistra il baricentro della politica del centro-sinistra.
Questa purtroppo è la realtà, come dimostra un esempio per tutti, l’ulteriore spostamento a destra dei DS, che con il recente congresso riducono al 20% le sinistre interne e giungono persino a rivalutare Craxi contro Berlinguer.
Altro che spostamento a sinistra ! La domanda a cui il nostro congresso dovrebbe rispondere, non è se ci piacerebbe o no andare al governo, fare oppure no la grande riforma di cui ha parlato Bertinotti.
Se la domanda fosse questa probabilmente tutti risponderemmo di si. Ma noi dobbiamo fare i conti non con i nostri desideri, ma con la realtà. Noi dobbiamo rispondere ad un’altra domanda: ci sono oggi, in Italia, non in Brasile, in Venezuela, in America Latina, ma in questa Italia, in questa Europa, in questa Unione Europea liberista, ci sono i rapporti di forza per una svolta non dico anticapitalistica, ma almeno antiliberista, per una politica alternativa al neoliberismo e alla guerra ? La mia risposta è no, purtroppo è no.
Ci sono sì le condizioni per battere Berlusconi, per liberarci di Berlusconi (e non è una cosa da poco), ma non per liberarci del neoliberismo e della guerra permanente americana.
A chi sostiene il contrario chiedo di portarci a sostegno non solo un desiderio, ma anche un’analisi del mondo diversa da quella che ho provato ad accennare.