Intervento di Francesco Maringiò al Congresso

Care compagne e cari compagni,

non possiamo non tornare con la mente alla bella notizia della liberazione della giornalista Giuliana Sgrena. Una felice vicenda che si inserisce però in una situazione torbida. Possiamo dire poco della dinamica della liberazione e dello stesso sequestro, ma è evidente che si inserisce in un contesto di totale anormalità.
Viene rapita una giornalista di sinistra, pacifista, appartenente ad un giornale, il Manifesto, da sempre impegnato a denunciare i crimini della la guerra. Anche Giuliana, come altri giornalisti rapiti, si era occupata di Falluja: città che è stata trasformata dell’esercito americano in teatro di una mattanza fra le più feroci degli ultimi decenni. Il rapimento e il rilascio avvengono in circostanze strane e ci dicono di quanto sia complicata questa situazione e di quanto questa vada indagata a lungo.
A Giuliana, ovviamente, va tutta la nostra solidarietà e l’augurio che ritorni presto alla sua famiglia, al suo giornale, al suo popolo, cioè a noi: il popolo contro la guerra e per la pace!

Ma questo tema ci riporta all’attualità dei nostri giorni e cioè che viviamo in un paese in guerra! Le nostre truppe militari partecipano infatti all’occupazione irachena al fianco di inglesi ed americani. Questi paesi si definiscono “democratici” ed “esportatori di democrazia” ma in realtà hanno invaso un paese, lo hanno depredato, bombardato, spoliato della sua sovranità ed umiliato con elezioni farsa. L’Italia è complice di questo orrore. Non solo occupa l’Iraq per spartirsi il petrolio e rifocillare così i condotti dell’ENI, ma decide dell’invio degli elicotteri “Mangusta” che raderanno al suolo intere città come è già successo per Falluja. Non solo: il Governo italiano si fa promotore, in Europa, della tesi secondo cui l’aumento delle spese militari non deve essere conteggiato dal patto di stabilità.
La guerra, quindi, si fa “sistema” e governa ogni aspetto della vita politica. A pagare, ancora una volta, sono i popoli aggrediti, i più deboli.

Per questo è importante mobilitarsi subito a partire dalla manifestazione nazionale il 19 marzo prossimo quando, nell’anniversario dell’inizio della guerra in Iraq, si darà vita ad una mobilitazione mondiale contro la guerra, per il ritiro delle truppe dall’Iraq e per solidarizzare con la lotta del popolo iracheno che resiste alla furia cieca dell’occupazione militare.
So bene, compagne e compagni, che su questo tema siamo divisi.
Ho rilevato con dispiacere che nella lunga relazione del segretario, non ci sia stato alcun passaggio con i popoli che resistono alla furia cieca dell’imperialismo. Ma è davvero così difficile accogliere le osservazioni fatte da Giorgio Bocca su questo tema? È davvero così difficile riconoscere che i Iraq i veri resistenti non sono quelli che sono andati a votare –come dice Fassino- ma sono quelli che resistono all’occupazione e alla guerra? Ed è difficile convenire con l’idea che “l’errore, anche a sinistra, sia quello di solidarizzare solo –cito testualmente da G. Bocca- con quelli che la pensano come noi, i ricchi della terra che, gira e rigira la pensano come gli americani?”
Ed ancora: è davvero difficile, per noi, sostenere la lotta del popolo palestinese per la propria libertà e sovranità nazionali o essere oggi al fianco di Cuba che resiste ancora, dopo decenni, ad un embargo vergognoso?
Credo che sia un nostro compito morale stare al fianco di questi ed altri popoli e lottare insieme a loro contro le politiche di guerra, facendo ciascuno la propria parte.

È per queste ragioni che mi è corso un brivido lungo la schiena nel sentire le dichiarazioni di Prodi che ha dato il benvenuto a Bush.
Il benvenuto? Ma quale benvenuto?
Se l’Europa vuole essere un soggetto politico allora deve cominciare a dire le cose come stanno e cioè che Bush è un criminale e un terrorista perché è l’artefice di morte e sofferenze di interi popoli! Altro che benvenuto, andavano organizzate manifestazioni di protesta in tutte le capitali europee per dire che Bush non è il benvenuto!
Ma anche qui vorrei dirla tutta…perché visto che non lo ha fatto Prodi, non lo abbiamo fatto noi? Ieri pomeriggio abbiamo parlato tanto delle “magnifiche sorti e progressive” del Partito della Sinistra Europea…ma dov’era il PSE quando Bush veniva in Europa per imporre la sua politica di guerra? Perché tanto silenzio a riguardo?
Ed ancora…non lo ha fatto Prodi…non lo ha fatto il PSE…ma perché non lo abbiamo fatto noi, Rifondazione Comunista, invece di arrivare a dire addirittura che Bush è cambiato e riabilitare persino Sharon?

Faccio davvero fatica a capire tutto questo, lo dico senza enfasi, ma faccio davvero fatica. Tantoppiù se poi le stesse modalità di discussione le applichiamo a noi stessi.
Noi stamani siamo tutti reduci da una nottata insonne passata a votare lo statuto.
Ma posso dire che il clima che c’era ieri non mi è piaciuto per niente? Quando poi basta andare ad una qualsiasi festa di Liberazione per trovare un clima più costruttivo?
Persino una proposta di buon senso come quella formulata dal compagno Cremaschi – e cioè che, a fronte di una manifesta divergenza su passaggi fondamentali dello statuto, si interrompesse la seduta di votazioni e si riprovasse a discutere per trovare l’unità – è stata rifiutata.
E così a colpi di maggioranza, emendamento dopo emendamento, si è modificato lo statuto e lo si è approvato con una maggioranza del 59%.
Credo proprio che non sia un bel segnale.
Abbiamo un partito fragile, debole, rissoso, che ha bisogno di unità altrimenti tante realtà periferiche rimangono nella rissosità e non producono iniziativa politica.
Questo partito ha resistito ad ogni tipo di scossone (scissioni comprese) ma i segni delle difficoltà sono profondi e non possiamo prenderci il lusso di accentuarli.

Questo congresso aveva un’occasione preziosa: definire la linea politica, ma anche rilanciare il partito, dargli un senso unitario di lavoro e mobilitazione. Non lo abbiamo fatto.
Compagne e compagni, i mesi che abbiamo davanti sono ricchi di appuntamenti e densi di lavoro per tutti noi: dalla manifestazione del 19 marzo, alle elezioni regionali, passando anche per alcuni appuntamenti internazionali.
Il nostro obiettivo deve essere quindi quello di far crescere l’influenza e la mobilitazione de partito. Ma per far questo allora dobbiamo essere in grado di mettere a risultante tutte le nostre energie e tutta la nostra intelligenza. Il partito ha bisogno di questo, solo così riuscirà a fare un passo in avanti nel radicamento, nella crescita, e nel raccogliere quella sfida alta che viene dalla società e che Gramsci chiamava la “riforma morale ed intellettuale del Paese”!