Intervento di Fosco Giannini

1) Occorre cogliere il nesso tra l’espansione delle forze reazionarie dell’Ue e la natura – neoimperialista – di essa, in modo che cada l’illusione che l’euroatlantismo e il liberismo dell’Ue possano essere emendati. Contro di essi serve il conflitto e la costruzione sovranazionale del movimento comunista, anticapitalista e sindacale di classe. 2) La socialdemocrazia vive una crisi di natura storica che trova le basi nella negazione da parte del capitale della redistribuzione del reddito. 3) Siamo di fronte ad un avanzamento dei partiti comunisti e delle forze della sinistra anticapitalista europea ( comunisti ceco-moravi, greci, portoghesi, ciprioti, francesi; Die Linke, Synaspismos, Blocco portoghese, Npa francese) e ciò vuol dire che – di fronte alla incapacità della socialdemocrazia di rispondere all’attacco del capitale – è come non mai il tempo dei comunisti e delle forze anticapitaliste, che debbono trovare, attraverso la loro reciproca autonomia, una unità d’azione. Non è il tempo, invece, degli alambicchi bertinottiani volti alla costruzione di partiti di sinistra improbabili dati dalla cancellazione comunista e dalla mortificazione della sinistra entro spazi non propri, come dimostra l’eclisse dell’Izquierda Unida spagnola.
Sul voto alla nostra Lista: certo non si può parlare di vittoria, ma di ripresa si: essa supera da sola il consenso ( in termini assoluti e in percentuale) delle molteplici forze dell’Arcobaleno e lo fa di fronte a infiniti ostacoli: la scissione scellerata e filo PD dei vendoliani; il peso della sconfitta storica dell’Arcobaleno, la cancellazione dei media ( sorte che non era toccata né a Bertinotti né, oggi, a Vendola), le titubanze di alcune aree del Prc nel lanciarla e sostenerla e la fragilità organizzativa del nostro Partito, eredità dello sfascio bertinottiano. Che fare, ora? Occorre ricostruire una sinistra anticapitalista per l’opposizione che abbia come cuore un Partito comunista – più forte, radicato e di lotta – dei due piccoli partiti attuali. Si pone dunque,in modo ormai ineludibile, la questione dell’unità dei comunisti.