Intervento di Claudio Grassi sulle vicende afghane

Testo integrale dell’intervento del senatore Grassi nella discussione generale sul disegno di legge n. 1381

Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, i fatti avvenuti in queste giornate, il sequestro e poi la liberazione del giornalista Mastrogiacomo, il ferimento del militare italiano e, più in generale, l’aumento delle azioni militari ci confermano che la situazione in Afghanistan tende ad aggravarsi.

In merito alla liberazione del giornalista Mastrogiacomo esprimiamo il nostro apprezzamento per il risultato conseguito dall’azione del Governo e, in particolare, per l’azione svolta da Gino Strada che, anche in questa occasione, ha dimostrato quanto sia prezioso il lavoro che svolge in Afghanistan.

Ma, nonostante la situazione stia peggiorando di anno in anno, il Governo degli Stati Uniti non solo ritiene di continuare su questa strada, ma pensa di risolvere la situazione aumentando la presenza militare e aumentando gli attacchi alla guerriglia.

È un’azione suicida. A che conclusione porti questa politica lo vediamo non solo in Afghanistan, ma anche in Iraq.

Il fatto incredibile è che ci siano ancora forze politiche nel nostro Paese che non riconoscano il vero e proprio disastro che la politica estera statunitense ha provocato nel mondo.

A queste Forze politiche, che ogni volta che manifestiamo contro la guerra ci accusano di antiamericanismo, vorrei che si pronunciassero su alcuni fatti:

1) È vero o no che la guerra contro l’Iraq è stata costruita su una montagna di menzogne a partire dalle armi di distruzione di massa che non sono mai state trovate e dal collegamento tra Saddam Hussein e Bin Laden che non è mai stato dimostrato?

2) È vero o no che a tre anni e oltre dalla fine della guerra il Paese è devastato, le varie etnie sono in guerra tra loro e ogni giorno in attentati e azioni militari, perdono la vita decine e decine di persone innocenti?

3) È vero o no che la guerra che avrebbe dovuto portare la democrazia ha prodotto il carcere di Abu Graib con le sue torture atroci e un governo che, attraverso processi farsa, elimina con l’impiccagione i dirigenti del passato regime?

4) E’ vero o no che quando Saddam Hussein faceva comodo alla politica estera americana contro l’Iran è stato sostenuto, finanziato e armato dagli Stati Uniti? Allora non raccontateci storie sulla lotta contro i dittatori poiché questa non può avvenire secondo le proprie convenienze, a corrente alternata.

5) È vero o no che queste guerre che dovevano servire a combattere il terrorismo, hanno provocato reazioni tali per cui il terrorismo, ma anche forme di guerriglia e di resistenza si sono diffuse in modo esponenziale? La stessa cosa vale per l’Afghanistan. Nel corso del 2006 le vittime civili sono state seimila, il triplo rispetto il 2005 e più della somma di tutti i morti causati dal conflitto a partire dal 2002.

Quest’anno si annuncia ancor più sanguinoso se consideriamo che nei primi due mesi i morti civili sono stati cinquecento, mentre lo scorso anno erano stati duecento.

I talebani controllano il Sud e l’Est del Paese. La loro iniziativa sta penetrando ad Ovest nella capitale dove sono presenti i militari italiani. La produzione dell’oppio è aumentata come non mai e copre oltre il 90 per cento della produzione mondiale.

Di fronte a questi incontestabili fatti come si fa a non prendere atto di un vero e proprio fallimento della propria azione e a cambiare radicalmente linea?

La verità è che le motivazioni vere di queste guerre, sia quella irachena che quella afghana, non c’entrano nulla né con la lotta al terrorismo, né con l’esportazione della democrazia.

Il controllo di zone ricche di risorse energetiche come l’Iraq, o di Paesi che stanno a ridosso delle nuove potenze emergenti come Cina, India e Russia, è il caso dell’Afghanistan, sono le motivazioni vere di queste guerre.

E gli Stati Uniti hanno bisogno di tutto questo per tenere in piedi un’economia che viaggia ben al di sopra delle proprie possibilità. Il nostro Paese non ha nessun interesse a seguire questa politica.

Il governo precedente si era legato mani e piedi a tutte le scelte che l’amministrazione Bush aveva deciso.

Il governo dell’Unione, che ha vinto le elezioni promettendo una politica estera in discontinuità con quella di Berlusconi e, soprattutto di pace e di rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, deve dissociarsi nettamente dalla sciagurata politica estera del governo degli Stati Uniti.

Per queste ragioni le azioni intraprese dal governo italiano come la Conferenza di pace, la scelta di non aumentare la presenza militare, di non modificare le regole di ingaggio, di non andare a combattere nel sud del Paese, sono fatti positivi, ma ancora non sufficienti. Già a luglio, infatti, venne proposto un comitato di monitoraggio che non venne nemmeno mai istituito.

Speriamo che la Conferenza di pace, una volta votato il decreto, non faccia la stessa fine.

Noi lavoreremo perché ciò non avvenga, anzi ci impegneremo affinché con un coinvolgimento di tutte le parti in causa, e cioè sia gli Stati confinanti che i talebani, si gettino le basi per il ritiro di tutti i militari di quel Paese.

Detto questo a me pare che di fronte all’offensiva militare lanciata dagli Usa e appoggiata dal comandante della NATO, il rischio sia quello di un’escalation militare che può estendersi in tutto il Paese e coinvolgere i militari italiani direttamente nel conflitto.

In un contesto simile sarebbe purtroppo del tutto impraticabile la strada della Conferenza di pace, ecco perché io pur votando questo decreto poiché questo ha deciso il mio gruppo, esprimo il mio dissenso poiché continuo a ritenere, come in luglio, che la vera scelta che può contribuire a riportare la pace in Afghanistan e a mettere in difficoltà questa Politica Estera Americana sia quella di calendarizzare al più presto il ritiro delle nostre truppe.

Questa scelta, il ritiro delle truppe dell’Afghanistan, ma anche il no alla nuova base Usa di Vicenza e la riduzione delle spese militari, devono restare i nostri obiettivi e dobbiamo cercare di farli diventare obiettivi di tutta la coalizione.

In un Paese come il nostro dove milioni di pensionati non arrivano a 500 euro al mese e gli operai viaggiano sui 1000 – 1200 euro, per non parlare dei giovani precari, sarebbe assai più utile destinare queste risorse per aumentare salari, pensioni e migliorare lo stato sociale.