Sul Referendum
Con il referendum del 25-26 giugno si gioca una partita importantissima. Se, malauguratamente, dovessero vincere i Sì, e quindi lo stravolgimento totale della nostra Costituzione diventasse legge, potremmo veramente dire che si è chiusa una fase della Repubblica Italiana. Si volterebbe definitivamente pagina rispetto alla Repubblica nata dalla Resistenza alla cui base era posta la Costituzione antifascista. Non dimentichiamoci che alla stesura della Carta avevano dato un contributo essenziale i comunisti; non casualmente una delle firme in calce è quella di Umberto Terracini. Da anni la Costituzione è sotto attacco, sia perchè ritenuta troppo sbilanciata nel tutelare il lavoro – e ciò non è mai piaciuto alle forze padronali – sia perchè ritenuta un ostacolo nel procedere verso un sistema maggioritario, presidenzialista come vorrebbero i fautori del bipolarismo.
E’ quindi decisivo fare di tutto perchè si affermino i No e il testo della nostra Costituzione resti quello che è attualmente in vigore. In questa campagna referendaria qualche vantaggio potremmo averlo poichè la Casa delle Libertà non è affatto unita. La Lega, infatti, ritiene questa riforma essenziale, al punto da ricondurre al successo dei Sì al referendum la permanenza o meno nella coalizione. Viceversa l’Udc mostra un sostanziale disinteresse al referendum stesso, con la parte riconducibile a Follini schierata apertamente per il No. Un altro elemento che potrebbe avvantaggiarci è il fatto che per questo tipo di referendum non è necessario raggiungere il quorum: vince chi arriva primo a prescindere dalla percentuale dei votanti.
Detto questo la mobilitazione che è in campo, sia del nostro Partito, sia, complessivamente, delle forze dell’Unione, è assolutamente al di sotto della necessità, a maggior ragione se si ritiene, come tutti dicono di ritenere, che questo stravolgimento costituzionale potrebbe mettere a rischio l’unità del nostro Paese. Inoltre, conferendo poteri enormi al Presidente del Consiglio, renderebbe del tutto marginale il ruolo del Presidente della Repubblica.
Inoltre vi è un altro elemento preoccupante. Numerosi e autorevoli dirigenti dell’Unione si sono già pronunciati per aprire, subito dopo il Referendum, una interlocuzione con lo schieramento di centro destra al fine di realizzare “una vera riforma”.
Dobbiamo reagire e contrastare questa tendenza che ci porterebbe a discutere modifiche del testo costituzionale esclusivamente peggiorative rispetto a quello attuale.
Come Partito sarebbe opportuno, già in questa campagna referendaria, mentre ci si impegna nella difesa della Costituzione, denunciare anche il fatto che in alcune delle sue parti, basta pensare tutti gli articoli sul lavoro, non sono mai state realmente applicate e sarebbe quantomai opportuno farlo.
Sui risultati delle elezioni amministrative.
Non mi soffermo sui dati complessivi. Concordo su questo con la relazione che è stata anche particolarmente ricca di spunti.
Mi soffermo sul risultato del Partito che, francamente, non si può definire “buono”.
Vi è un dato complessivo di tenuta rispetto le amministrative del 2001, ma credo sia un errore limitarsi a questo raffronto. Per diversi motivi. In primo luogo si tratta di un periodo nel quale Rifondazione Comunista si trovava in un momento di particolare difficoltà determinato da una situazione di isolamento con le altre forze politiche di centro sinistra; infatti fummo costretti ad andare da soli alle elezioni politiche. In secondo luogo ci sono state le elezioni politiche 45 giorni fa e, se è vero che un raffronto politiche-amministrative è sbagliato, non si può non considerare che perdiamo la metà dei voti. In terzo luogo, quando in realtà importanti come Milano, Roma, Napoli il tuo consenso oscilla tra il 4 e il 5,5% con un secco abbassamento rispetto al dato politico significa che c’è qualcosa che non funziona. Se a ciò aggiungiamo che in Sicilia la lista da noi sostenuta raggiunge un risultato largamente inferiore alla somma dei partiti che l’hanno promossa e che dei quattro deputati regionali eletti nemmeno uno è di Rifondazione Comunista, ponendo fuori per la prima volta il Prc dall’Assemblea Regionale, credo si debba riconoscere che il risultato non è positivo.
Vorrei inoltre denunciare, in sede di valutazione del voto amministrativo del nostro Partito, che fenomeni pesanti di malcostume politico, di vera e propria degenerazione personalistica sono ormai penetrati profondamente anche nel nostro Partito.
In diverse situazioni, a Roma in modo clamoroso, candidati di Rifondazione Comunista hanno fatto una campagna elettorale basata esclusivamente sulla propria persona. Sono fenomeni inquietanti che se non corretti possono portare ad una vera e propria mutazione genetica del corpo del Partito, con il rischio non solo di istituzionalizzarlo, ma di consegnarlo in mano a chi dispone di mezzi e appoggi per farsi le campagne elettorali.
Su questo, ma più in generale sullo stato del Partito, propongo che al più presto si faccia una riflessione approfondita negli organoismi dirigenti.
Infine credo sia stato un errore, di fronte ai fatti che stanno avvenendo in questi giorni e in queste ore, non arricchire questa riunione della Direzione e dell’Esecutivo con un punto sull’attualità politica.
Li riassumo auspicando un loro approfondimento al più presto.
1) il caso Lidia Menapace. L’Unione non può cavarsela deplorando il fatto. E’ inquietante che parti dell’Unione possano interscambiarsi su passaggi così importanti e delicati. Prodi doveva prendere una posizione più netta e imporre a Di Pietro di risolvere il problema.
2) Invece Prodi, proprio in quelle ore rilascia un’intervista dove giudica “folkloristici e innocui” i comunisti che sostengono il suo Governo. Una affermazione grave, smentita timidamente, ma confermata dall’intervistatore.
3) Si decide di varare una manovra economica suppletiva dimostrando una totale subalternità – a differenza di Francia e Germania – alle pressioni europee. Quel che è ancora più grave è che il nostro Partito ha già dato il proprio avallo attestandosi su una posizione più arretrata degli stessi sindacati confederali.
4) Il ministro Padoa Schioppa proprio oggi sul Sole 24 ore, a proposito di riaggiustamento dei conti, parla della necessità che si proceda – come negli anni passati – con una politica di “moderazione salariale”.
5) Sulle missioni militari si era detto in campagna elettorale che il primo Consiglio dei Ministri avrebbe fatto il calendario per il rientro dall’Iraq. A tutt’oggi quel calendario non esiste e i tempi rischiano di allungarsi al punto tale da assomigliare sempre di più a quelli che aveva già deciso il Governo precedente. Inoltre, per quanto rigurda l’Afghanistan, nonostante ci sia un terzo della coalizione (verdi, sinistra ds, pdci e prc) che ha chiesto di ridiscutere la nostra presenza militare, si continua a dichiarare, da parte di importanti ministri, che la missione proseguirà come in passato e che potrebbe anche aumentare sia in termini di uomini che di armi.
Sono tutte questioni sulle quali dobbiamo fare al più presto una seria riflessione politica.