Intervento del Sen. Claudio Grassi sulla Finanziaria

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, come primo elemento non posso esimermi dal mettere in evidenza, innanzi tutto, l’entità di questa finanziaria: circa 35 miliardi di euro disegnano una manovra oggettivamente «pesante», mentre sarebbe bastata una manovra di circa 20 miliardi per rispettare le richieste europee. È stata invece respinta la proposta di stabilizzare il debito avanzata da una rete amplissima di economisti; è stata rifiutata l’ipotesi di spalmare la riduzione del debito su due anni.

Dentro questa cornice, va collocata l’analisi del provvedimento, necessariamente articolata, che mette in luce i passi in avanti compiuti, i positivi elementi di discontinuità rispetto alle manovre del centro-destra, ma anche gli aspetti che inducono a gravi e fondate preoccupazioni.

La manovra mette in atto, attraverso la riforma delle aliquote IRPEF e del nuovo regime di detrazione e assegni famigliari, una positiva redistribuzione verso la fasce di reddito basse, mentre quelle medio-alte subiscono un aggravio.

Di fronte all’elevato livello di evasione fiscale, ritengo molto positivo l’impegno di questo Governo nella lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale. La nostra opinione è che i 33 miliardi di gettito recuperati dovranno andare prioritariamente a migliorare la condizione dei ceti sociali più deboli, attraverso l’aumento della spesa sociale e dei redditi più bassi, come i lavoratori precari, i pensionati al minimo, gli incapienti.

Giudico negativamente, invece, i pesanti tagli ai trasferimenti agli enti locali, che si tradurranno in addizionali IRPEF, nuove tasse di scopo, aumento dell’ICI, nonché in riduzione dei servizi sociali e aumenti delle tariffe. La prospettiva è che il saldo, tra vantaggi fiscali e aggravi sulla tassazione locale, sia, per larghi settori popolari, tutto negativo. Con una mano si dà, con l’altra si prende.

A questo si aggiungono i tagli alla sanità. La rieintroduzione dei tickets è una misura che contestiamo profondamente perché iniqua e perché mette in difficoltà le persone più deboli come gli anziani e i migranti. Ritengo positiva l’esclusione dei tickets per i codici verdi del pronto soccorso, e su questo provvedimento c’è stato un impegno particolare del Gruppo di Rifondazione Comunista. Restano purtroppo confermati i tickets sui codici bianchi e soprattutto quelli di 10 euro sulle ricette, una misura, questa, che ha sollevato le giuste proteste dei pensionati, venuti a manifestare anche sotto questo Palazzo!

Ma quali sono i settori che guadagnano maggiormente da questa manovra? Come ammesso dalla stessa Confindustria, sono innanzi tutto le grandi imprese e in particolare quelle produttrici di armamenti: a cominciare dalla riduzione di cinque punti del cuneo fiscale, dunque del costo lavoro, oltre 6 miliardi vengono destinati appunto alle imprese. Inoltre, il 40 per cento del taglio di questo cuneo, cioè del costo del lavoro, non ha riguardato i lavoratori dipendenti, come promesso in campagna elettorale, ma è stato usato per il recupero fiscale a favore di tutti i contribuenti indistintamente.

Si tratta di risorse che, nonostante alcuni parziali incentivi, non vengono finalizzate alla creazione di nuova occupazione a tempo indeterminato, né a favorire l’ingresso delle donne nel lavoro, né a ridurre significativamente la piaga del lavoro giovanile precario.

Ancora una volta si punta a un recupero di competitività internazionale basato sulla riduzione del costo del lavoro, come se non bastasse all’Italia avere uno dei più bassi livelli salariali in Europa e uno dei più alti tassi di flessibilità del lavoro e invece di affrontare in tempi stretti il superamento della legge n. 30 del 2003, oggi si parla di aprire un «tavolo per la produttività» per intervenire ancora di più sulla flessibilità degli orari incidendo anche sulle condizioni di lavoro.

La scarsa competitività delle nostre imprese sta nella loro arretratezza tecnologica: infatti, destiniamo una delle più basse percentuali di spesa in ricerca e continuiamo a mantenere la gran parte dei nostri ricercatori in una situazione insostenibile di precarietà.

Per quanto riguarda il settore della scuola, rilevo anche qui luci e ombre: importante la stabilizzazione di 150.000 lavoratori, sacrosanto mantenere le graduatorie per i precari, ma per il miglioramento delle strutture scolastiche sì prevede poco o nulla, mentre si destinano 150 milioni alle scuole private.

Un’altra rilevante fetta di risorse viene destinata al finanziamento della cosiddetta mobilità lunga per 6.000 lavoratori delle grandi imprese, le quali potranno ristrutturarsi utilizzando risorse pubbliche per i prepensionamenti, mentre le crisi delle piccole imprese vengono scaricate duramente sui lavoratori in termini di licenziamento. Perché queste differenze di trattamento? Anche per questi lavoratori bisognerà prevedere al più presto adeguati ammortizzatori sociali.

Un altro provvedimento che ha incontrato il dissenso dei lavoratori (penso ad esempio all’assemblea della FIAT dei giorni scorsi) è l’avvio dei fondi pensione senza un accordo preventivo nella coalizione. Da un lato, si è di fatto espropriata la volontà dei lavoratori in merito a una quota di salario differito con il meccanismo del silenzio-assenso; dall’altro lato, la nostra contrarietà riguarda la mancata attivazione di fondi pensione pubblici presso l’INPS, così come previsti nel programma dell’Unione.

Il vero nodo è l’insufficiente copertura della pensione dopo la riforma Dini. È innanzitutto questa che va ripensata per garantire pensioni dignitose ai lavoratori giovani e ai precari. Ritengo comunque che qualsiasi intervento sulle pensioni debba partire da un aumento di quelle minime e debba essere concordato preventivamente attraverso una consultazione democratica dei lavoratori.

Registro positivamente una misura sulla quale siamo riusciti a migliorare il testo qui al Senato: mi riferisco agli interventi di maggiore controllo sulle imprese volti ad affrontare la piaga delle morti sul lavoro, che solo nel 2005 sono state oltre 1.200! Ritengo importante a questo proposito l’impegno del mio Gruppo che ha determinato un accordo per l’assunzione di ulteriori 200 ispettori del lavoro.

Giudico invece negativamente il fatto che non si è attuata una misura incisiva di contenimento dei costi della politica e soprattutto che non siano stati ridotti i compensi milionari dei manager pubblici.

Infine, signor Presidente, desidero dedicare quest’ultima parte del mio intervento a uno degli aspetti più gravi di questa finanziaria: si prevede un aumento inaccettabile, visti i sacrifici che vengono chiesti ai lavoratori e ai pensionati, delle spese militari, cinque punti percentuali in più rispetto all’ultima legge di bilancio. Solo per nuovi investimenti nella difesa si stanziano 1.700 milioni di euro per il 2007: è quasi il doppio del bilancio di competenza dell’università e della ricerca! In tre anni saranno destinati complessivamente 4,5 miliardi di euro.

Colleghi del centro-sinistra, in queste ultime settimane registriamo un clima di sfiducia (che commetteremmo un grave errore a sottovalutare), soprattutto da parte di quei settori sociali che hanno pagato duramente l’entrata nell’euro e che oggi senza alcun meccanismo di recupero del potere di acquisto dei salari (ruolo svolto in passato dalla scala mobile) si trovano a non arrivare alla fine del mese. Sono le fasce della popolazione che più hanno nutrito fiducia verso il nostro Governo, sperando, con l’avvio di una nuova fase, di uscire da una situazione al limite della sopportazione.

Cito solo, ad esempio, come manchi ancora una politica seria di edilizia popolare; e le risorse chieste da Rifondazione sono rimaste purtroppo a livello simbolico. Numerose famiglie spendono per l’affitto o per il mutuo più della metà dei loro redditi; sono centinaia di migliaia gli sfratti previsti, un fenomeno sociale gravissimo, che non ha eguali tra i Paesi europei avanzati.

Signor Presidente, come ho detto, la finanziaria contiene alcuni elementi positivi, ma purtroppo, anche molte cose negative. La voterò per senso di responsabilità e per impedire che si determini un quadro politico ancora peggiore di quello attuale.

Detto ciò, superata questa finanziaria, ritengo che, invece di annunciare una «fase due» imperniata su riforme strutturali a base di elevamento dell’età pensionabile e di una generale liberalizzazione dei servizi pubblici da affidare ai privati, si debba tutti insieme rimediare a questo clima di sfiducia.

Se il Governo Prodi vuole mettersi in connessione con il suo popolo, deve avere il coraggio di aprire una nuova fase, prima di tutto di risarcimento sociale per quei lavoratori e pensionati che fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese.
(Applausi dal Gruppo RC-SE. Congratulazioni).