«Il nostro compito precipuo dovrebbe essere la prevenzione, invece un buon 75% del nostro lavoro è dedicato al latte versato». A dirlo è Claudio Mendicino, medico del lavoro in provincia di Milano, protagonista ieri con il medico di base Piermaria Zannier della conferenza stampa indetta dal Prc lombardo per demistificare la presunta «eccellenza» della sanità «modello Formigoni». C’è sempre la parola prevenzione negli acronimi (diversi da Regione a Regione e spesso anche da un Asl all’altra) usati per definire le strutture che si occupano dell’ambiente e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Per quanto si possa pensare male di Formigoni, la metafora del «latte versato» non è un’esclusiva lombarda. Ma in Lombardia dal 1998, anno del varo della controriforma sanitaria formigoniana, gli organici per la sicurezza si sono contratti del 40%. E quindi è ancor più stridente la contraddizione sottolineata da Mendicino: «Tre quarti del nostro tempo di lavoro è dedicato alle Procure della Repubblica, svolgiamo attività di polizia giudiziaria a infortunio avvenuto».
La tabella, allegata alla cartella stampa, quantificava in trentuno gli infortuni mortali avvenuti in Lombardia dall’inizio dell’anno al 16 aprile. Un dato già invecchiato: nella provincia di Brescia i morti sono saliti a 9, in quella di Bergamo a 10. In Lombardia ci sono più lavoratori, quindi è aritmeticamente ovvio che ci siano più infortuni. Si giustifica così il Pirellone ogni volta che l’Inail mette la Lombardia in cima alla classifiche in cifra assoluta degli infortuni. Facile, per Formigoni, cavarsela usando come metro di paragone la Campania o la Sicilia, obietta Mario Agostinelli, capogruppo del Prc in Regione. Lui che si picca d’essere il primo della classe si confronti piuttosto con le regioni d’Europa ricche e avanzate come la Lombardia. Il «Libro bianco» redatto da Unaltralombardia l’ha fatto. Risultato: le morti bianche in Lombardia sono quasi il doppio che in Baviera e superano quelle della regione Rhone Alpes.
All’inizio d’aprile la Lombardia ha varato una nuova legge sulla prevenzione (non solo nei luoghi di lavoro). Sia la legge che le linee guida applicative (siamo alla terza bozza) sono improntate alla deregolamentazione e alla privatizzazione. La filosofia è quella del «più indirizzo, meno controlli alle imprese», slogan del fu governo Berlusconi. In quest’ottica le aziende andrebbero «aiutate» a ben fare, non «angariate» con procedure e sanzioni. Un’ottica vantaggiosa per le imprese, dannosa per i lavoratori, secondo il dottor Mandicino. «Tutto dimostra che senza vigilanza e senza sanzioni le leggi non sono applicate».
In questo senso, è utile che si faccia finalmente il Testo unico sulla sicurezza. «Ma non attribuiamo ad esso poteri che non avrà. Lo scudo contro gli infortuni sono i controlli, gli investimenti in sicurezza, la lotta alla precarietà e alla flessibilità». Anche l’ultima delle privatizzazioni progettate da Formigoni – quella del 118, il servizio emergenza-urgenza – si riverbera sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Mettere le mani sul 118 significa poter «dirottare» i ricoveri nelle strutture private «accreditate». Una prassi già invalsa in forma strisciante. Mendicino cita l’esempio di un operaio infortunato ad una mano in una fabbrica del legnanese. «Sarebbe stato ovvio ricoverarlo all’ospedale di Legnano, dove c’è una buona equipe per la microchirurgia della mano. Invece l’hanno portato a Sesto San Giovanni, alla Multimedica, una struttura privata». Privatizzato il 118, con l’escamotage di una Fondazione, i «dirottamenti» dilagheranno a macchia d’olio. Anche per la ministra Turco, ieri in Lombardia, il 118 deve restare pubblico.