Interrogazione a risposta immediata dagli On. Maurizio Zipponi e Alberto Burgio su Poste Italiane

Al Ministro delle comunicazioni. – Per sapere – premesso che:

Poste italiane s.p.a. ha assunto, nell’arco temporale 1997-2005, 30.000 lavoratori a tempo determinato, utilizzando vari e svariati istituti legali e contrattuali;

Poste italiane s.p.a. ha ridotto di circa 80.000 unità, in un decennio, il complesso della forza lavoro occupata, passando dai 234.000 assunti del 1994 ai 153.000 del 2004;

questa sostanziosa riduzione dell’organico ha prodotto un altrettanto significativo abbassamento del costo del lavoro, sceso dall’88 per cento del 1994 al 56 per cento del 2005 (inferiore alla media europea);

l’azienda ha dichiarato di avere conseguito nel 2005, in seguito alla ristrutturazione posta in essere negli anni scorsi, un utile consolidato di 349 milioni di euro e un dividendo di 118 milioni di euro;

l’esasperato ricorso a forme di lavoro precario ha provocato decine di migliaia di ricorsi alla magistratura ed ingentissime spese legali e risarcitorie a carico dell’azienda in ragione della produzione di sentenze di condanna nei confronti di Poste italiane s.p.a. da parte della Corte di cassazione;

la Corte dei conti, nella sua relazione del 23 dicembre 2006, ha rilevato e censurato questo incredibile «sperpero» di denaro pubblico;

in risposta a 13.000 di questi ricorsi, la Corte di cassazione ha espresso sentenze favorevoli alle domande di reintegro, previa declaratoria di trasformazione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato;

in data 13 gennaio 2006 Poste italiane s.p.a. ha diffuso un accordo, sottoscritto con le sei organizzazioni sindacali concertative (Slp-Cisl, Slc-Cgil, Uil-Post, Failp-Cisal, Sailp-Confsal, Ugl-Com), che prevede, da parte di Poste italiane s.p.a., l’astensione dal proseguire qualsiasi azione giuridica e, da parte dei 13.000 lavoratori reintegrati, la totale rinuncia agli effetti favorevoli delle sentenze e la restituzione all’azienda delle somme assegnate dai giudici ai lavoratori quale risarcimento per l’illecito comportamento datoriale;

l’accordo del 13 gennaio 2006 si rivolge anche agli altri «ricorsisti», che hanno avuto rapporti di lavoro precario e che, a quella data, non avevano ancora ottenuto la sentenza di primo grado; ad essi si propone, a fronte della loro contestuale rinuncia alla causa, l’ingresso – senza alcuna garanzia di assunzione – in una graduatoria con scadenza nel luglio 2009, cui attingere secondo esigenze temporanee o definitive -:

se il Ministro interrogato non ritenga censurabili le scelte aziendali che hanno condotto all’utilizzo di un così consistente numero di lavoratori precari, ai quali, il 13 gennaio 2006, si è negato il diritto di godere appieno delle disposizioni contenute nelle sentenze emesse dalla Corte di cassazione, e quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda promuovere per salvaguardare, insieme al diritto ad un lavoro stabile per i 30.000 precari, le prerogative stabilite dalle sentenze della Corte di cassazione.