Oggi più che mai è necessario, dopo il risultato delle europee, dare forme al senso di quel consenso che ha investito la sinistra e gli ecologisti: questo incide anche sulle pratiche politiche e organizzative dei Verdi. La politica non sta solo nelle istituzioni: la realtà complessa e articolata di una società ad alta intensità informativa e comunicazionale ha messo in luce, in modo particolare con il movimento dei movimenti, la sussidiarietà non come principio derivato e riconosciuto dalla dimensione elettiva della politica pubblica, bensì come soggettività politica concorrente nella definizione di risposte alle domande di senso generate nella società. Perciò non è richiesto a noi alcun ruolo di avanguardia, piuttosto di riscoprire i noi stessi, di 20 anni fa, quando costruendo i Verdi non abbiamo sacrificato la specificità di ciascuno, né l’abbiamo sottoposta a una logica gerarchica. La crisi delle grandi narrazioni collettive e anche dei partiti che le rappresentavano e le officiavano, in combinazione con il passaggio di fase del modello di produzione al post industriale insieme all’alto livello di libertà e soggettività individuali rischia di produrre una cesura mnemonica pericolosa. Si rischia di dimenticare la nozione di cooperazione partecipata che ha consentito le definizioni costituzionali e statutarie, sole precondizioni per le libertà individuali. Le soggettività individuali rischiano quindi di declinarsi come atomizzazione e polverizzazione sociale, defezione dalla politica pubblica in tutte sue articolazione, preludio di ogni possibile deriva plebiscitaria. In termini diretti possiamo affermare che Berlusconi e il suo governo non costituiscono la causa bensì l’effetto della incapacità delle culture democratiche di proporre e condividere un nuovo patto sociale, in pace con gli uomini, in pace con la natura. Occorre a ogni livello produrre le possibilità di una consapevolezza partecipata e partecipante: ciò vale a partire dal nostro corpo, alla terra con i suoi cicli e i suoi prodotti, alle rete e ai supporti e luoghi della comunicazione. Occorre garantire i principi costitutivi di una consapevolezza partecipata nella società della comunicazione: gli alfabeti, tanto nella sfera biologica, quanto in quella antropologica, devono essere considerati dei beni di carattere universale e di valore assoluto, quindi non relativizzabili e non riducibili a merci. Tanto per la dimensione individuale quanto per le forme di partecipazione collettiva il principio di sussidiarietà non và inteso soltanto tra diversi livelli istituzionali, ma anche tra l’articolazione istituzionale e quella sociale. In questo sento tanto il Bilancio Partecipato quanto i modelli di negoziazione concertativi, propongono e consentono la condivisione di processi decisionali. Questo tipo di approccio e di proposito trova, per noi ecologisti, una conseguenza sul piano della costruzione di alleanze politiche ed elettorali: queste non possono che avvenire a partire dalla condivisione dei programmi. Perciò va riconosciuta la politicità di tutti i soggetti che agiscono nell’ambito della politica pubblica, siano essi partiti o associazioni, poi ognuno si prende le responsabilità relative ai rispettivi ambiti di azione. Ma i soggetti interessati devono essere soggetti attivi, dalla procreazione assistita alla condivisione della conoscenza, dalla sicurezza alimentare alla sostenibilità ambientale, partecipando attivamente alla definizione programmatica di un modello alternativo.
*senatore dei Verdi