Indulto, il voltafaccia dell’Unione

Senato, primo pomeriggio. In commissione giustizia arriva una breve nota di via Arenula con gli ultimi dati relativi all’indulto: al 9 novembre 2006, dice il ministero, sono usciti dal carcere 24.543 detenuti. Mentre sono 4.964 le persone uscite per misure alternative e 220 i minorenni beneficiati. La notizia non è nuova, grossomodo era sui giornali da mesi. Lo stesso Clemente Mastella aveva annunciato il 4 ottobre scorso alla festa del corpo di Polizia penitenziaria che i detenuti usciti dal carcere erano 23.543. A rigor di logica la notizia sarebbe che in un mese sono uscite dal carcere altre mille persone.
Non è così: in un attimo le agenzie si gonfiano della collera della Casa delle libertà che accusa il governo di aver falsificato i dati e aver liberato dalle patrie galere il doppio dei detenuti preventivati durante la discussione del provvedimento (12.756). Come tragicamente prevedibile, il centrosinistra sbanda subito. Molti senatori dell’Unione si sentono «traditi» e pretendono dal ministero dati più chiari. Anche Romano Prodi, dall’Algeria (!), prende le distanze: il Dap deve fornire numeri reali e comunque l’indulto «è stato votato dalla stragrande maggioranza del parlamento».
La polemica non si placa, anzi. Di Pietro si precipita a rilanciare l’ennesimo «pacchetto giustizia» per commissariare Mastella. Il Dap si adegua ai voleri del premier e diffonde una rettifica che in realtà confonde ancora di più le acque, pare smentire il ministro ma a ben vedere in totale sarebbero 24.678 le persone uscite di galera. La vicenda alla fine è esemplare. Uno scontro così violento, infatti, la dice lunga sulla qualità di un parlamento che ha approvato quella legge con l’80% dei sì.
Da agosto è iniziato il terrore: «loro», cioè decine di migliaia di «devianti», sono di nuovo tra «noi». Tornano con tre anni di anticipo. Come un temporale fuori stagione. Le carceri vuote mettono paura ma rappresentano per tutti un gigantesco atto d’accusa. Per la destra che non perde occasione di cavalcare le paure e le ansie di «sicurezza» presenti nel nostro come in altri paesi. Per la sinistra che si indigna soprattutto per la liberazione di tangentari e corruttori. Ma soprattutto per quelle istituzioni (con la lodevole eccezione del ministro Mastella e delle alte cariche dello stato) che con una gestione più che approssimativa hanno rinunciato ad essere «protagoniste» delle proprie leggi e compiuto come d’incanto una vera «massimizzazione del danno».
Sancendo la fine dell’«emergenza carcere» il parlamento aveva affidato al governo un’occasione storica: quella di una «grande riforma» del sistema penale in Italia e di garantire la legalità nelle carceri adeguandole alle leggi in vigore. Era possibile dire, se non altro sul piano culturale, che non sempre la galera è la soluzione giusta. Sull’indulto è oggi possibile misurare l’ipocrisia, la pavidità e perfino l’incompetenza di un’intera classe politica e di molti mezzi di informazione. La paura ha vinto. La superficialità non ancora o non del tutto.