Inbound e outbound, tutti a Roma il 9 settembre

Per anni, noi dei call center siamo stati presenti sui mass media in patinati spot pubblicitari sempre sorridenti, qualificati e disponibili. Sebbene da tempo ci ostiniamo a fare «inchiesta» e a denunciare le condizioni di lavoro dell’«operaio» delle tlc, organizzato in vere e proprie «catene di montaggio», in unità produttive di oltre 500 addetti (tra precari e garanti siamo in Italia centinaia di migliaia), oggi ci sembra doveroso ricordare i responsabili della nostra condizione, tralasciando (ma solo per il momento) le aziende che hanno ben svolto il loro «mestiere» accumulando vistosissimi profitti.
I contratti «fuorilegge» a progetto sono stati ampiamente concessi (nella «veste» Treu o Legge 30), da decine di accordi firmati dai confederali, in tutti i call center d’Italia. Tra l’altro, va ricordato che già nel ’98, l’Ispettorato del lavoro di Roma, ha depositato la stessa denuncia che tanto scalpore ha suscitato oggi e che è tutt’ora in corso un processo Inps-Atesia a cui noi abbiamo dato sostegno come Cobas.
Nell’ultimo contratto delle Tlc, i presunti «paletti» contro la precarietà si sono dimostrati inefficienti se teniamo conto della vicenda di Telecontact Center (ex Atesia), dove per una manciata di contratti a tempo indeterminato, sono stati «regolarizzati» lavoratori/trici con contratti di inserimento, somministrazione e apprendistato. Questi ultimi trasformano i precari in subordinati a tutti gli effetti solo per quanto riguarda il controllo esasperante e pressante del lavoro, mentre rimane pressoché inalterata la precarietà di chi deve vivere con 500 euro a part time su turnazione giornaliera e senza la certezza di una conferma a tempo indeterminato. Inoltre, per «stabilizzarsi» a Telecontact, i precari e le precarie hanno dovuto firmare (in presenza dell’azienda e del sindacato) una «liberatoria tombale» sui diritti pregressi. Part time, la soluzione migliore per le aziende delle Tlc che nei call center hanno intensificato i ritmi di lavoro e il controllo. Il nostro lavoro, misurato sui tempi di conversazione e sulle vendite, viene controllato e comandato dall’azienda attraverso sistemi informatici (sia in inbound che in outbound), grazie anche agli accordi applicativi siglati da Cigl, Cisl e Uil. I più «fortunati», quelli con il contratto a tempo indeterminato e full time (la cui prestazione di lavoro è stata già ampiamente flessibilizzata fin dal rinnovo del 2000) ruotano su matrici di turni su 24 ore e con spesso una «visibilità» della turnazione (e dunque della vita) che non supera il mese. Anche qui, sono stati firmati accordi che nella sostanza hanno sempre peggiorato il nostro orario di lavoro. Infine tutti quanti, dai più precari ai più «fortunati», siamo diventati o delle spugne umane che incassano il malumore dell’utenza o dei venditori di prodotti. In inbound o in outbound il nostro lavoro è nettamente «subordinato» alle aziende e alle mutevoli esigenze del mercato.
Non sono prive di responsabilità le istituzioni pubbliche che hanno esternalizzato interi servizi di pubblica utilità sotto forma di call center. Ad esempio lo 060606 del Comune di Roma utilizza addetti qualificati con contratti di somministrazione, per non parlare poi del call center di Acea dove nel giro di un anno i lavoratori/rici a tempo indeterminato sono stati stati sostituiti prima da precari «somministrati» e poi da altri a progetto, mentre per la commessa di Aci Informatica sono stati licenziati i lavoratori/trici di Xcos sostituiti anch’essi con lavoro a progetto.
Oggi, finalmente la vicenda di Atesia, ha portato sulle prime pagine dei giornali i call center per quello che sono: anzitutto fabbriche di precarietà, dove la flessibilità, i ritmi di lavoro determinano un insostenibile disagio sociale. Ma è un disagio sociale che ci attraversa tutti: precari e «garantiti».
Per questo riteniamo sia irrinunciabile la costruzione di un percorso unitario di lotta di tutti i lavoratori e le lavoratrici dei call center. Incontriamoci dunque a Roma il 9 settembre per elaborare la nostra piattaforma rivendicativa e stabilire in piena autonomia i tempi, le modalità delle nostre iniziative di lotta.

*Rsu 119 Telecom-**Rsu 187 Cobas