In silenzio aspettando che Berlusconi finisca bollito?

In passato è divenuto celebre il refrain di Nanni Moretti che invitava Massimo D’Alema a “dire qualcosa di sinistra” per opporsi all’irrefrenabile e violenta campagna politicia di Silvio Berlusconi. Oggi, osservando come si sta sviluppando la campagna elettorale, con un presidente del Consiglio che mena mazzate mediatiche e lancia insulti a tutto campo, verrebbe da consigliare al centrosinistra di “dire qualsiasi cosa” pur di esistere. Non sappiamo se il disagio che provoca l’andamento dello scontro politico sia solo nostro o se invece sia condiviso da un pubblico più ampio, ma è evidente che di fronte all’aggressività del capo del governo il balbettio del centrosinistra non appare conincente. Certamente, non si tratta di scendere ai livelli proposti, lucidamente, da Berlusconi. Il quale, perfettamente consapevole di non aver nulla da offrire all’elettorato, nemmeno al proprio, e conscio che i suoi cinque di anni di governo si prospettano come un fallimento – dal punto di vista degli interessi popolari, perché da quelli del profitto e della rendita il bilancio è molto meno deludente – gioca ancora una volta la carta dell’anticomunismo becero, del complotto giudiziario, del “solo contro tutti” per compattare la propria fazione, evitare il confronto su questioni concrete, cercare di recuperare consensi sui propri stessi alleati. In questo senso appare convincente la scelta dell’Unione di non correre dietro a questa strategia barricadera proponendo la risposta “programmatica”. Il problema sorge, però, quando a questo proponimento non corrisponde alcun contenuto. Quali sono le priorità programmatiche che l’Unione, e il suo leader, intendono privilegiare contro gli insulti del premier? Quale idea forza può rendere efficace e vincente la campagna del centrosinistra? Quali contenuti portare all’attenzione del paese?
In realtà si sta configurando una situazione per cui il leader del centrodestra ha un messaggio elettorale – “vi salverò da questa sinistra” – consunto e da operetta ma chiaro, mentre il centrosinistra non riesce ad affermare una propria bandiera. Questo limite non si riflette soltanto sulla qualità dell’alleanza e sulla sua efficacia una volta vinte le elezioni ma pesa sulla stessa campagna elettorale e sulla qualità politica di un’Unione eventualmente vittoriosa il 10 aprile.

Pesa sulla campagna elettorale perché avalla un atteggiamento di attesa e di delega, una sorta di convincimento diffuso, magari a suon di sondaggi, che “tanto Berlusconi è bollito” e che bisogna attendere solo l’esito delle urne per vederlo andare via. Di questo atteggiamento si hanno numerosi segnali come il dibattito, francamente eccessivo, sulla futura compagine ministeriale, sulle cariche istituzionali, addirittura su chi farà o meno il sottosegretario.