In piazza la generazione precaria

L’autunno è cominciato. Ieri più di trentamila hanno manifestato a Roma nella giornata di mobilitazione convocata da tutte le sigle della sinistra studentesca. Con loro, [email protected] della scuola e dell’università. Contemporaneamente più di 40 città sono state “liberate” dai “partigiani del 2000”. A Bologna, assemblea della ricerca precaria contro la riforma Gelmini, mentre grazie ai ricercatori, in tanti atenei l’anno accademico non è cominciato. Una bella giornata di lotta per “l’Italia che non si piega” ai tagli a scuola, ricerca, università, cultura; che non accetta la precarizzazione istituzionalizzata della ricerca e la disoccupazione per chi è già [email protected] nella scuola; che propone “l’altrariforma” della scuola e un nuovo welfare.
“Non moriremo [email protected]” è lo slogan [email protected] studenti, che si danno appuntamento al 16 ottobre. Sì, perché Gelmini e Marchionne sono due facce della stessa medaglia, due marchi di quella “fabbrica dei precari” dentro cui si vorrebbe rinchiudere una generazione. Due frutti amari della barbarie che connota in generale questo capitalismo in crisi, e in forme ancora più regressive, l’Italia berlusconizzata. Una barbarie che vorrebbe seppellire la stagione in cui, nelle fabbriche e nelle scuole, vi era una consapevolezza di massa della necessità di lottare ed esigere i propri diritti. Negazione del diritto al lavoro, allo studio, al tempo, al reddito, al futuro; mercificazione totale di ciò che è propriamente umano (lavoro, tempo, relazione, conoscenza), oltre che della natura, in nome dell’estrazione del valore, ossia della miseria valoriale. A tutto questo ieri si è opposta resistenza. Una resistenza ancora più preziosa perché proviene da quei luoghi che strategicamente il governo cerca di trasformare in avamposti di un processo di passivizzazione, di riproduzione di un senso comune permeato dal revisionismo e dalla cancellazione della memoria, di depoliticizzazione di una generazione già sottoposta al bombardamento mediatico di “format formattanti”: di educazione, appunto, alla precarietà. Anche per questo motivo la lotta nel mondo della conoscenza è questione generale, che riguarda il futuro e la qualità della democrazia. Proprio come la lotta di Pomigliano. Come è avvenuto ieri, il 16 ottobre sarà fondamentale essere tra [email protected], [email protected], studenti. Per essere parte di un filo rosso che connette le lotte e perché, oggi più che mai, le forme del dominio, la pervasività del processo di mercificazione, frammentazione e precarizzazione richiedono più “soggettività”: uno sforzo “in direzione ostinata e contraria” per costruire una soggettività politica del conflitto, un “nuovo blocco storico”. E la generazione precaria pare intenzionata ad essere protagonista di questo processo. La lotta fa davvero scuola.