Stavolta hanno partecipato in migliaia e migliaia, non erano solo i «soliti» del movimento «Ne zakladnam», (No alle basi) che da molti mesi presidiano ogni sabato piazza Venceslao. Ieri, sabato 17, esattamente a 18 anni dal corteo studentesco attaccato dalla polizia a Narodni trida (Via nazionale), che diede il via in Cecoslovacchia alla Rivoluzione di velluto, erano in piazza gli studenti medi e universitari di Praga che così hanno voluto celebrare l’anniversario intepretando ancora una volta i sentimenti diffusi della maggioranze della popolazione ceca. Cinquemila persone alla fine hanno sfilato in corteo a Narodny. Poi tutti a Piazza venceslao al sit-in di protesta contro l’installazione del sistema antimissile (i radar nella Repubblica ceca e le rampe di missili in Polonia) voluto da Bush che, ora, per calmare le ire della Russia si mostra disposto ad accettare che Mosca invii «a controllare» i militari russi. Insieme a quelli americani, dunque, i militari russi a 60 km da Praga che non è proprio senza memoria e ricorda la Primavera del ’68? Un motivo in più per dire no. In piazza hanno parlato il leader dei sindacati, Milan Steck, Ivana Novomestska portavoce del movimento «No basi» e alla fine il sindaco di Tracovec, uno dei comuni che secondo le autorità di Praga dovrebbero sopportare le installazioni radar, a nome della lega dei sindaci anti-radar. la manifestazione si è conclusa, con lo striscione in testa: «Referendum-democrazia», davanti alla sede del governo. La manifestazione era stata indetta per protestare contro l’installazione, a 60 km dalla capitale ceca, dello scudo antimissile americano e per reclamare il diritto della popolazione a esprimersi direttamente sulla questione in un referendum. Già 30 comuni hanno indetto un referendum per respingere le installazioni, mentre i sondaggi dicono che la maggior parte dei cechi è contraria e l’opposizione socialdemocratica chiede un referendum nazionale. Ma la critica degli studenti si dipana a tutto campo e sottopone a dura contestazione tutte le scelte di politica interna e internazionale dei governi del dopo ’89 e il deficit di democrazia esistente nel paese.
Stavolta a indirla, con il movimento «No basi», sono stati infatti i Comitati studenteschi, organismi elettivi e rappresentativi di tutte le scuole e delle varie facoltà universitarie. Ce l’avevano soprattutto con Vaclav Havel, gli studenti. Con l’ex presidente della repubblica e massima figura di Obcanskè Forum (il Forum dei cittadini), il movimento che fu protagonista della Sametova revoluce (la Rivoluzione di velluto). Ciò che pensano di Havel lo hanno chiaramente e inequivocabilmente esposto in una lettera pubblica a lui indirizzata e pubblicata sui principali quotidiani cechi, sottoscritta a nome dei Comitati studenteschi, da Petr Glivicky (Facoltà di Matematica e Fisica), Lukas Kantor (Facoltà di Scienze sociali), Petr Pick (Facoltà delle Scienze tecnologiche), Jana Glavicka (Facoltà di Lettere e Filosofia).
«Signor Havel, – così esordisce la lettera – nel momento in cui lei si poneva alla testa della lotta per la libertà e la democrazia in Cecoslovacchia, nessuno di noi era ancora in età scolare. Noi non abbiamo conosciuto quell’Havel che nel 1989 faceva appello all’umanesimo e alla democrazia. Ma abbiamo conosciuto un altro Havel, quello successivo. Quell’Havel che ha più volte negato il diritto al proprio popolo di pronunciarsi con un referendum sulle questioni più importanti. Quell’ Havel che nel 1999 appoggiò i bombardamenti sulla Serbia, che causarono 2.500 vittime, e nel 2003 sostenne l’ occupazione dell’ Iraq, che ha fin qui provocato centinaia di migliaia di morti. Quell’Havel che si dichiara a favore dell’installazione nella Repubblica Ceca di basi militari straniere, nonostante la netta contrarietà dei due terzi della popolazione».
E ancora: «Nell’ intervista all’ emittente americana Abc del 3 febbraio 1990 lei aveva affermato che la Cecoslovacchia avrebbe dovuto diventare parte dell’Europa, di una comunità di Stati liberi e indipendenti. E che, pertanto, avrebbero dovuto scomparire dall’Europa tutti i blocchi e i patti militari e che le due superpotenze avrebbero dovuto ritirarsi dal nostro continente. Ma, dopo solo pochi anni, lei ha fatto in modo che la Repubblica Ceca entrasse a far parte della Nato. Ed ora lei esprime addirittura il suo incondizionato sostegno alla costruzione della base radar americana e all’ampliamento della presenza militare americana in Europa». «Signor Havel – si conslude la lettera – il tradimento degli ideali del 1989 rappresenta bene il concetto che noi ci siamo fatti della cosiddetta Rivoluzione di velluto. Il 17 novembre è ormai solo un falso simbolo nel nostro paese. La lotta per la democrazia è, però, lungi dall’essersi conclusa. E’ per questo che saremo in piazza. A dimostrare per il referendum, per una reale democrazia».
Poi, la stoccata finale: «Signor Havel, avremmo desiderato indirizzare questa lettera non a lei, ma al Vaclav Havel del 1989. Siamo certi che quell’Havel sarebbe venuto con noi a manifestare».