In Italia sempre meno aborti Nonostante Storace

“La 194 non sarà modificata ma serve attuarla». Niente di nuovo. Storace ribadisce con toni duri e sprezzanti il suo “pensiero” sulla legge oggetto d’indagine parlamentare. Un ministro che torna all’attacco e con determinazione del provvedimento sotto inchiesta.
L’unico – ammette alla fine la stessa Bindi – che ad oggi ha funzionato. Eppure nonostante tutto, nonostante la strumentalità di un’indagine di pura propaganda elettorale, si prosegue con le audizioni. Ieri di nuovo lo stesso ministro ha confermato più volte, incalzato dalle domande delle commissarie dell’opposizione, ciò che davvero pensa della questione. «Si deve evitare di far passare l’aborto come sistema di controllo delle nascite » e soprattutto occorre indagare sui consultori che non funzionano su cui cade ora l’ombra dei questionari sulle attività di prevenzione che – assicura Storace – verranno inviati d’intesa con le Regioni. Nessun accenno alla prevenzione, alla cura, alla contraccezione, al diritto alla salute, alla considerazione – nota infine Tiziana Valpiana (Prc) – della donna. «Della donna come essere senziente – spiega – e soprattutto della libera autodeterminazione della stessa». Eppure, al contrario di quanto vuole fare intendere il ministro, sono proprio i dati inequivocabili e ripetuti ieri in commissione dall’Istat e dall’Istituto superiore della Sanità a mostrare quanto sia stata proprio la legge nel mirino a fornire il maggiore aiuto e proprio ai soggetti “dimenticati” da questa maggioranza: le donne. E a confermare l’inutilità di un’indagine conoscitiva che svela solo i suoi scopi strumentali. Il tasso di abortività – sottolinea l’Iss – vale a dire il numero di aborti per mille donne fra i 15 e i 44 anni, pone l’Italia fra i paesi industrializzati che hanno questo valore più basso (10,2 nel 2002 e sceso al 9,7). Siamo settimi “in classifica” dopo la Federazione Russa (68,4), l’Ungheria (34,7), gli Usa (21), la Svezia (18), l’Inghilterra ed il Galles (16,2), oltre che della vicina Francia (13,1). E il rapporto conferma la costante riduzione degli aborti in Italia, un fenomeno “mascherato” da un aumento dal 9,4 del 2003 al 9,7 del 2004, a causa delle interruzioni volontarie di gravidanza in costante crescita soprattutto fra le migranti che sono sempre più numerose nel nostro paese. L’identikit della donna che ricorre all’interruzione volontaria della gravidanza è stato tracciato ancora dall’Istat. E i dati di nuovo mostrano come se non bastasse quanto in realtà già noto. Vale a dire che non solo gli aborti in Italia diminuiscono (passando da un 15,3 per mille nel 1980 al 9,1 per mille nel 2003) ma che appunto sono proprio le donne migranti, le più bisognose, che ricorrono all’Ivg. Nel nostro Paese – conferma l’istituto di statistica – «il tasso di abortività delle straniere è oltre 4 volte superiore a quello delle italiane ». Tanto per fare un esempio, tra il 1995 e il 2003 il numero degli aborti praticati da donne straniere residenti in Italia è passato da 8.846 a 31.825 aumentando del 260%, anche se va considerato che il
numero complessivo delle residenti è passato all’1 al 2,6% (aumentando del 150%) Nel 2002 le donne migranti e nubili tra i 18 e i 24 anni hanno avuto un tasso di abortività del 63,7 per mille, mentre per le italiane il dato è del 10,5 per mille. Il tasso per le italiane della stessa fascia di età ma sposate raggiunge il 23,4 per mille mentre quello delle migranti scende al 50 per mille.
Più in generale, comunque, i tassi per le sole donne italiane (tra i 18 e i 49 anni) diminuiscono dal 9,1 nel 1996 all’8,5 nel 2000 all’8,1 nel 2002. Al contrario, per le sole donne migranti sono in crescita: 28 casi per mille nel 1996, 29,7 nel 2000 e 35,5 nel 2002. Quattro volte superiori a quelle italiane, dunque. Un dato che è ancora di 6 volte superiore se si vanno a considerare le classi d’età più
giovani. Altri dati inseriti nel dossier Istat riguardano la distribuzione geografica delle interruzioni di gravidanza che vengono praticate per la maggior parte nel centro e nel nord (45 e 41% rispetto alla media nazionale che e’ del 34%). E, infine, per quanto riguarda le italiane, in un numero sempre maggiore tra le più giovani. Dati che mostrano – conclude Valpiana – e in modo inequivocabile quanto sia indispensabile adottare un’altra ottica quando si vanno a toccare tasti delicati come la legge 194. A partire proprio dalla prevenzione, dalla necessità di una politica a tutto campo che torni a rimettere le necessità e i bisogni della donna in primo piano e naturalmente della necessità di investire e di più sulla piena attuazione della legge. Come per esempio nell’adozione di mediatori culturali nei consultori dove – come ancora lo stesso Istat conferma – si rivolgono in maggior numero proprio le donne migranti. «Basta davvero – conclude – con questa crociata dai toni provocatori e raccapriccianti». Le audizioni continuano ma le donne non restano in silenzio. In tutt’Italia sono mobilitate in assemblee e riunioni – le più attese quelle di domenica – per mettere
a punto la strategia in vista del prossimo appuntamento: la manifestazione nazionale di Milano il 14 gennaio.