In fuga dalla Cosa Rossa

La nuova casa è già pronta. Telefoni allacciati, fax fruscianti, maniglie lucidate, stanze assegnate. Si tratta soltanto di far passare le elezioni e poi ai primi di maggio il Pdci di Oliviero Diliberto inaugurerà la sua nuova sede in via Tevere, a due passi dalla breccia di porta Pia. Per anni i comunisti dilibertiani hanno vissuto in affitto, ma ora hanno deciso di metter su casa e, per acquistare questo appartamento di mille metri quadrati nel borghese quartiere Salario, hanno messo in cantiere un investimento corposissimo. E sono pronti a farne un altro, altrettanto oneroso, per metter su un quotidiano di partito, destinato ad andare in edicola a partire dall’autunno. C’è già un’idea di titolo («Pietre»), che però potrebbe cambiare. Progetti eloquenti: il Pdci di Diliberto si pensa come se avesse davanti a sé un lungo avvenire da vivere per conto suo, anziché assieme ai tre partiti (Rifondazione, Verdi, Sinistra
democratica) con i quali si è unito nel cartello elettorale meglio noto come Sinistra Arcobaleno.
Curiosa discrepanza con quel che da settimane sostiene Fausto Bertinotti candidato premier dell’Arcobaleno: «Finita questa campagna, vogliamo andare oltre il cartello elettorale, nella costruzione di una nuova sinistra unitaria». Da quattro anni, con un passo alla volta (la rottura con lo stalinismo, la scelta nonviolenta, la partecipazione al governo), Bertinotti punta a metter su un nuovo Partito della Sinistra, liberato da connotati comunisti, da simboli antichi. Per concretizzare il suo progetto, Bertinotti sa che il 14 aprile l’Arcobaleno dovrà conseguire un risultato non molto distante da quel 10,2%, che equivale alla somma ottenuta nel 2006 da Prc, Pdci, Verdi. Ma se la Sinistra Arcobaleno faticasse ad attestarsi attorno a quel 7,5% segnalato dagli ultimi sondaggi pubblicabili, a quel punto il progetto rischierebbe di andare in fumo e riprenderebbero fiato i tanti nemici , del progetto bertinottiano. Primo fra tutti, Oliviero Diliberto che però – dai comunista togliattiano – sta conducendo una campagna elettorale unitaria. Lui, «Diliberija», ovviamente spiega cine è «impegnato ventre a terra per l’Arcobaleno -alcuni sono col doppio simbolo, come due giorni fa ad Asti, dove gli operai della Way Assauto avevano espressamente chiesto la presenza del leader del Pdci e non quella di «altri». Le «voci di dentro» raccontano di un progetto inconfessabile a 10 giorni dalle elezioni: una Costituente di tutti i comunisti, un nuovo contenitore più largo del Pdci e aperto a tutti quei gruppi – soprattutto dentro il Prc – interessati a ridare vita ad un Pei del Duemila. E oltretutto, col beau geste di un mese fa (casuale?) di lasciare il suo posto in Parlamento all’operaio della Thys-sen, di tempo a disposizione Diliberto ne avrà parecchio.
Per metter su un nuovo partito comunista? «È vero – dice Rina Gagliardi, intellettuale e senatrice Prc vicina a Berti-notti – ho sentito fare questi discorsi, ma ci vedo un rischio di americanizzazione, quello di una sinistra di nicchia, con tante piccole sigle politicamente insignificanti.
No, dopo il 14 aprile, con un risultata to soddisfacente e tanto più se l’esito non fosse buono, c’è una sola strada: quella di una sinistra plurale che eviti la dispersione e la frantumazione». Ma dentro Rifondazione – ecco la sorpresa – persino in piena campagna elettorale
uno dei big esce allo scoperto e dissente: «Considero le ipotesi del partito unico sbagliate», dice il ministro Paolo Ferrero in un’intervista a «Liberazione» e si tratta invece di costruire «un soggetto
plurale», «in cui ognuno stia comodamente nella casa della sinistra per quello che è, non perché costretto». Un annuncio di candidatura alla segreteria in vista del congresso autunnale del Prc, in contrapposizione a Gennaro Migliore, il candidato preferito da Bertinotti? Un analogo conflitto sta per aprirsi anche dentro i Verdi. Il loro leader, Alfonso Pecoraro Scanio (che ha evitato di fare il capolista nella sua Campania e ora risulta indagato) non si è mai eccitato per il progetto bertinottiano, ma Paolo Cento, animatore dell’ala movimentista, ha un’altra idea: «Se non avessimo avuto l’Arcobaleno come potevamo resistere ad una campagna così bipartitica? Anche un esito elettorale non soddisfacente non deve farci arretrare, la base è più avanti dei gruppi dirigenti». E’ ancora presto per capire se Diliberto e Pecoraro pensino davvero alla doppietta (iscrizione dei rispettivi parlamentari al gruppo misto e poi presentazione dei simboli alle Europee), ma intanto alla chiusura nazionale della Sinistra Arcobaleno loro non ci saranno: sul palco allestito giovedì 10 in piazza Navona a Roma campeggerà Fausto Bertinotti. Intervistato da due comici, Dario Vergassola e Andrea Rivera.