In attesa di risposte

Il quadro è chiaro: il pil fa un rimbalzino, ma la produzione scende, l’occupazione nell’industria lo stesso ed è solo in parte recuperata nei servizi perlopiù in forma di impiego precario, il mercato interno si è quindi ristretto, per competitività in quantità e qualità di prodotti siamo a zero, i nostri conti pubblici sono sotto preoccupata osservazione dell’Unione europea, l’agenzia di rating Standard and Poor’s ci ha declassati dalla prima alla seconda categoria dei paesi affidabili. L’Italia è malmessa. Nello stesso tempo, una leva di nuovi ricchi detengono ingenti capitali e danno l’assalto a questa o quella appetibile proprietà. Come sono stati accumulati questi capitali? Come si continuano a fare? Evitando di perdere tempo e forze nella produzione e applicandosi alla speculazione finanziaria, cioè comprando titoli a prezzo basso e rivendendoli a prezzo alto – come fece ai suoi tempi anche George Soros e come raccomanda oggi di non fare, pena la rovina del paese. Altri nuovi ricchi hanno anche speculato sulla lievitazione inconsulta dei valori immobiliari, alimentandola e meritandosi il titolo, un tempo poco apprezzato, di immobiliaristi.

Nessuno di costoro produce né merci né occupazione. Nel loro caso non funziona il ciclo capitalistico virtuoso esaltato dal liberismo: ogni crescita dell’impresa produce lavoro e tecnologia, il lavoro aumenta i consumi, ne vengono nuovi profitti che, investiti di nuovo in produzione, ripetono il ciclo. Niente da noi sta andando così: i profitti non vengono investiti sulla produzione ma nel mercato finanziario, il denaro essendo diventato la merce più appetibile. I capitali in libertà lo producono sul mercato globale delle borse senza alcun controllo, senza alcuna manodopera, e una volta raggiunta una certa consistenza minacciano le più appetitose proprietà già esistenti, che non sono quelle produttive. Se ne infuria anche Montezemolo. E ce ne intrattengono le nostre ormai sterminate gazzette.

Le quali peraltro ci dicono tutto del matrimonio fra il Ricucci e Anna Falchi, ma nulla su come sia stato accumulato il patrimonio del medesimo, ci danno larghi stralci delle intercettazioni delle telefonate fra Fiorani e la famiglia Fazio – Bankitalia – prendendosela nel contempo con l’eccesso di intrusività dei magistrati, ci fanno sapere che la Banca nazionale del lavoro sta per essere mangiata dall’Unipol, assicuratrice delle cooperative che si sono stufate di perseguire soltanto il modo di rendere economicamente più razionale e meno cara sia la produzione sia la distribuzione dei soci, e si lasciano andare alle tentazioni finanziarie. In questo disordine non è mancato il caso piccante: in quanto il democratico ingegner De Benedetti ha cercato nell’orrendo Silvio Berlusconi un socio per creare una nuova banca; si è dovuto fermare soltanto davanti alla collera dei suoi amici di Libertà e Giustizia ancora muniti di qualche principio. Ne è seguita una divertente diatriba sul capitalismo buono che sarebbe quello di sinistra e il capitalismo cattivo che sarebbe quello di destra. Conosciamo dunque il meccanismo. Non sappiamo come andrà a finire il Corriere, dipende dalla tenuta del sindacato di maggioranza (da non confondere con la Cgil, si tratta del patto fra i maggiori azionisti). Non sappiamo se Antonio Fazio si dimetterà o no, perché sia lui sia il governo sono in vacanza. Eccetera. Sappiamo soltanto che a ogni diffusione di voci su immissioni di denaro, chiamiamolo così, fresco, il mercato assetato di sangue rinvigorisce il titolo concupito e quindi, comunque vada a finire, qualcuno moltiplica i suoi quattrini.

È così? Se è così una sola e preliminare domanda vogliamo rivolgere ai leader del centro-sinistra, da Prodi a Bertinotti: intendono invertire questa catastrofica rotta e in quale modo? Reintroducendo un qualche controllo pubblico sul movimento dei capitali, che nessuna legge sul risparmio (leggi come proteggere l’investimento azionario della massa dei più deboli) non è di per sé in grado di attuare? Intendono tassare energicamente i profitti del capitale che se non erro sono al 12,5 per cento, meno di quanto restituisca allo stato un qualsiasi insegnante, impedendo nel contempo che i capitali medesimi si involino nel mondo globalizzato? E come investirebbero eventuali introiti, in puri ammortizzatori sociali lasciando la produzione al declino e facendo dei lavoratori degli assistiti, oppure continuando a erogarli a pioggia e gratis alle imprese, oppure tentando un orientamento e una strategia della produzione materiale e immateriale attraverso la proprietà pubblica, un new deal alla Roosevelt che non era propriamente un bolscevico? E in questo caso, che sarebbe interessante proporre in una fase di costituzione europea in sospensione, come la metterebbero con la Commissione di Bruxelles?

Se su questo i leader del centro-sinistra continueranno a esprimersi in dichiarazioni vaghe, sarà difficile capire per la gente semplice come noi in che cosa si differenzierebbe per il nostro malandato paese un governo di centro-sinistra da uno di centro-destra.

Fiduciosi che ci risponderanno in modo rassicurante restiamo in attesa.